Cari amici , un sacerdote ha inviato questa lettera,al carissimo dott. Tosatti, un vero e proprio grido dal cuore, dopo l’emanazione del Motu Proprio Traditionis Custodesdi cui tanto si parla.
Dīvĭdĕ et ĭmpĕrā è una locuzione latina secondo cui il migliore espediente di una tirannide o di un'autorità qualsiasi per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando discordie.Significa letteralmente “Dividi e conquista”, dividere per conquistare. Pare che a dirlo per la prima volta sia stato tal Filippo il Macedone, ma il potere oppressivo di queste due parole si è esteso ben oltre nei secoli! Il senso è presto detto: un popolo unito, una collettività unita è un ostacolo a chi vuole comandarla per i suoi fini personali. Al contrario, la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova a chi vuol dominarli.Però non è questo che vuole chi comanda. Chi comanda vuole mantenere attivo e vivo in tutti noi il senso di separazione, di divisione, per aizzarci continuamente gli uni contro gli altri, per mantenerci sconnessi da quello che è il nostro vero potere.
Qual è dunque il nostro vero potere? L’unione, anzi meglio ancora, la connessione funzionale. Non è infatti sufficiente mettersi tutti insieme come pecore a cercare di attaccare il potere costituito, quale che sia. Che si tratti della Chiesa, di un governo corrotto, di politiche economiche e sociali insoddisfacenti, il sistema della rivoluzione sociale ha una utilità limitata, lo abbiamo visto ripetutamente.
Quello che può, invece, fare la differenza davvero, è imparare a connetterci fra di noi, ciascuno individuando e valorizzando le proprie peculiarità, le proprie caratteristiche uniche.
La redazione.
la pubblicazione del Motu proprio Traditionis Custodes ha generato una valanga di reazioni e di dichiarazioni, alcune molto autorevoli: tra tutte quella del card. Burke e quella del vescovo Schneider.
A queste dichiarazioni pubbliche si affiancano le reazioni dei fedeli e dei Sacerdoti che hanno dovuto constatare, per l’ennesima volta, l’ostilità che Bergoglio ha nei loro confronti, la cattiveria e la violenza del Papa della Misericordia.
Ormai è palese, solo un cieco può non vederlo, l’odio di Bergoglio per la Tradizione, per il Cattolicesimo così come consegnatoci da duemila anni di storia. Sarei tentato di dire: l’odio di Bergoglio per il Dio Cattolico e il Culto a Lui dovuto. E questo disvelamento, se pur doloroso, è forse un bene, è provvidenziale: non c’è più spazio per compromessi, terze vie, mediazioni o scusanti. Il tempo delle illusioni è finito con Traditionis Custodes: o si è cattolici o si è bergogliani, essere entrambe le cose semplicemente impossibile!
Questa mia si intende come una schietta presentazione della realtà fattuale, ad altri più qualificati di me trovare le soluzioni teologiche ai problemi che i fatti si incaricano di mostrare, ben sapendo però che contra factum non valet argumentum.
Traditionis Custodes ha svelato, oltre ogni ragionevole dubbio, la natura di Bergoglio e del bergoglismo (bergoglismo che è, parafrasando Lenin, la fase suprema del modernismo) e ha posto quanti intendono continuare ad essere cattolici nella necessità d’una radicalizzazione.
Il vero e duraturo effetto di Traditionis Custodes è e sarà la radicalizzazione del cattolicesimo e la sempre più netta distinzione tra il cattolicesimo classicamente inteso e il neocattolicesimo destinato a sciogliersi, secondo l’auspicio bergogliano, nell’indistinto immanentistico della religione ridotta ad “animazione” della Fratellanza Universale. Divisione sempre più netta che attraversa il Popolo di Dio e determina il formarsi d’un clero cattolico refrattario difronte ad un clero neocattolico giurato.