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giovedì 31 gennaio 2019

COME DARGLI TORTO! Vittorio Feltri: "Di Vaticano e vescovi non interessa più a nessuno. Allora mi spiegate perché..."


Vittorio Feltri
La fatidica firma dei Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa, che indusse Pio XI a definire Mussolini l'"uomo della Provvidenza", come sanno tutti quelli che hanno superato i 50 anni, fu vergata l'11 febbraio del 1929. Ricordiamo la data, e pure con nostalgia, non perché sia stata oggetto di appassionate meditazioni in gioventù sul presunto incatenamento dell' Italia al Vaticano, ma per la ragione che liberava noi per quel giorno dalle catene della scuola, che ci parevano persino più soffocanti di quelle dei preti.
Comunque sia, in vista del novantesimo anniversario del Concordato, sfruttando la rotondità del multiplo di dieci, i miei amici laici e radicali organizzano per la circostanza convegni di sicuro peso intellettuale e iniziative politiche in coerenza perfetta con il sacro fuoco da cui sono animati. Mi piace questa loro purezza donchisciottesca. Dicono no al Concordato, abroghiamolo. E se proprio non si può, devitalizziamolo come i denti cariati e molesti.

lunedì 28 gennaio 2019

Papa Francesco, l'accusa di Socci sul caos in Venezuela: perché sta con il regime comunista






È sempre più chiaro che, per i popoli di oriente e di occidente, papa Bergoglio è ormai un grosso problema. Il "caso Venezuela" lo ha reso evidente, come pure l'"alleanza" vaticana col regime comunista cinese e, ancora prima, l' esplosione dell' emergenza emigrazione che ha destabilizzato l' Italia e l' Europa.
La prima destabilizzazione bergogliana ovviamente si abbatté sulla Chiesa che aveva rappresentato, fino a Benedetto XVI, l' istituzione più autorevole, più rappresentativa e più antica del mondo. E che ora, con Bergoglio, è precipitata nella crisi più grave della sua storia.

Bergoglio ha radicalmente stravolto i connotati del papato: non più un messaggio spirituale, ma mondano, niente più soprannaturale, ma sempre politica. All' annuncio di Cristo unico salvatore, si è sostituita un' imitazione dell' Onu politically correct, con un forte timbro di sinistra radicale.

domenica 27 gennaio 2019

DOMENICA TERZA DOPO L'EPIFANIA



“Ciò che per le
generazioni anteriori
era sacro,
anche per noi
resta sacro e grande”

(Benedetto XVI, 7.7.2007)

AMDG et BVM

L'instabilità della festa di Pasqua provoca quasi tutti gli anni un cambiamento nell'ordine secondo il quale si presentano nel Messale le domeniche che seguono. La Settuagesima risale spesso fino a gennaio, e talvolta avviene perfino che la Quinquagesima precede la festa della Purificazione. Di conseguenza, l'Ufficio delle ultime quattro Domeniche dopo l'Epifania può essere rinviato ad altra epoca del ciclo liturgico.

MESSA

EPISTOLA (Rm 12, 16-21). 
- Fratelli: Non vi stimate saggi da voi stessi. Non rendere ad alcuno male per male, e cercate di fare il bene non soltanto davanti a Dio, ma anche davanti a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto è da voi, vivete in pace con tutti. Non vi vendicate da voi stessi, o carissimi, ma lasciate fare all'ira (divina); perché sta scritto: A me la vendetta; io farò giustizia, dice il Signore. Se pertanto il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; e tu, così facendo, ammasserai carboni ardenti sopra la sua testa. Non ti lasciar vincere dal male ma vinci col bene il male.

La carità verso il prossimo che ci raccomanda l'Apostolo, attinge alla sorgente dell'universale eternità che il Salvatore venne a portarci dal cielo con la sua nascita. Egli è venuto a mettere la pace tra cielo e terra e perciò gli uomini debbono essere in pace tra loro. Il Signore ci raccomanda di non lasciarci vincere dal male, ma di vincere il male col bene. È ciò che ha fatto lui stesso quando è venuto in mezzo ai figli della collera per farne dei figli di adozione, per mezzo, delle sue umiliazioni e delle sue sofferenze.


VANGELO (Mt 8,1-13). 
- In quel tempo: Sceso che fu Gesù dal monte, lo seguirono molte turbe. Ed ecco un lebbroso, accostatesi, gli si prostrò dinanzi, dicendo: Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi. E, stesa la mano, Gesù lo toccò, dicendo: Lo voglio, sii mondato. E subito sparì la sua lebbra. E Gesù gli disse: Guardati dal dirlo ad alcuno; ma va', mostrati al sacerdote e fa' l'offerta prescritta da Mosè in testimonianza per essi. Ed entrato che fu in Cafarnao, s'accostò a lui un centurione, e lo pregava, dicendo: Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente. E Gesù a lui: Io verrò e lo guarirò. Ma il centurione, rispondendo, soggiunse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io sono uomo sottoposto ed ho dei soldati sotto di me, e dico a questo: va', ed egli va; e a quello: vieni, ed egli viene; ed al mio servitore: fa' questo, e lo fa. Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e disse a coloro che lo seguivano: In verità, vi dico: non ho trovato tanta fede in Israele. Or vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno con Abramo e Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; e i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridor di denti. E Gesù disse al centurione: Va', e come hai creduto ti avvenga. E in quell'istante il servo fu guarito.

Il genere umano era malato della lebbra del peccato: il Figlio di Dio si degna di toccarlo nel mistero dell'Incarnazione, e gli ridona la salute; ma esige che il malato così guarito vada a mostrarsi al sacerdote, e che compia le cerimonie prescritte dalla legge, per dimostrare che egli associa un sacerdozio umano all'opera della nostra salvezza. La vocazione dei Gentili, di cui i Magi sono stati le primizie, appare anche nella fede del Centurione. Un soldato romano e migliore di altri suoi simili saranno ritenuti veri figli di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mentre i figli diretti di questi Patriarchi saranno cacciati fuori dalla sala del banchetto, nelle tenebre dell'accecamento; e il loro castigo sarà offerto in spettacolo a tutti i popoli.

PREGHIAMO

O Dio onnipotente ed eterno, riguarda, propizio, la nostra debolezza e stendi a nostra difesa il braccio della tua maestà.


da: dom Prosper Guéranger, 
L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 243-244

venerdì 25 gennaio 2019

Don Orione fiducia nella Divina Provvidenza

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La fiducia nella Divina Provvidenza è la chiave di lettura della vita personale, comunitaria e apostolica di Don Orione. Egli fu un modello di abbandono e di fede nella Provvidenza, sia come atteggiamento interiore che nell’apostolato della carità. La sua vita, docile all’azione provvidente di Dio e sacrificata nell’attiva donazione di sé, emanava il fascino del soprannaturale. Denominò la sua fondazione "Piccola Opera della Divina Provvidenza". “L’opera della Divina Provvidenza consiste nell’Instaurare omnia in Christo” e per questo egli scelse il motto paolino “Instaurare omnia in Christo” (Ef 1, 10) come “programma della  Congregazione”. La sua spiritualità ebbe un orientamento cristocentrico, espresso misticamente nella devozione al Crocifisso, all’Eucarestia e al Sacro Cuore, e apostolicamente vissuto come “divina follia e olocausto di mente, di cuore e di azione per le Anime”, “per dare Cristo al popolo e il popolo alla Chiesa di Cristo”. Cristo “cuore del mondo” vive e pulsa nella Chiesa, suo “corpo mistico”, il cui centro di comunione è il Papa: "Nostro Signore Gesù Cristo designò propriamente nel Beato Pietro chi doveva farsi servo dei servi di Dio, e su lui fondò la sua Chiesa, e a lui commise l'unità del governo visibile che avvicinasse sempre più gli uomini a Dio”. Don Orione pose, pertanto, quale fine speciale della sua Congregazione il “trarre e unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda (ad Eut. 2). E ciò mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri”. La nota più visibile del carisma di Don Orione è senza dubbio la “carità divina, alta, universale che fa del bene a tutti, del bene sempre, del male mai a nessuno”. Fu la sua scelta pratica perché – spiegava - “la causa di Cristo e della Chiesa non si serve che con una grande carità di vita e di opere”; “la carità apre gli occhi alla fede e riscalda i cuori d'amore verso Dio. Opere di carità ci vogliono: esse sono l'apologia migliore della fede cattolica”. Per questo, nella sua visione carismatica l’ “instaurare omnia in Christo” si estende storicamente e sacramentalmente nell’ “instaurare omnia in Ecclesia” mediante il dinamismo dell’ “instaurare omnia in charitate”. Fedeli a questa singolare spiritualità, i Figli della Divina Provvidenza, sacerdoti, fratelli, eremiti, emettono nella loro professione religiosa anche un quarto voto di «speciale fedeltà al Papa», mentre le Piccole Suore Missionarie della Carità di vita attiva, contemplative e sacramentine non vedenti adoratrici, aggiungono un quarto voto di «carità». Anche i laici, oggi riuniti nel Movimento Laicale Orionino - furono dal Fondatore formati ad essere "apostoli di carità. Tutto il Vangelo è qui: vedere e sentire Cristo nell'uomo. Serviamo la Verità, la Chiesa nella Carità”. Nella filiale devozione a Maria, Madre della Divina Provvidenza, infine, Don Orione visse e comunicò in forma semplice e popolare la sintesi esistenziale del suo carisma: “A Gesù, al Santo Padre e alle Anime per la Madonna”. “La Madonna chiama la nostra Congregazione ad essere una Congregazione mariana, che vive di amore a Dio, alla Chiesa e ai Poveri, ma attraverso e tutto con l’amore alla Madonna”.