tag:blogger.com,1999:blog-67575160954843123192024-03-26T00:00:34.366+01:00In Tua Justitia Libera me DomineBlog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.comBlogger1987125tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-35385551796256425682024-03-26T00:00:00.001+01:002024-03-26T00:00:00.256+01:00 La Passione di Cristo nella vita di San Paolo della Croce<span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYwZ7pHPqIBQrnk3p2F0YQ9FPHWzmZ908L2BsHkd5WMTsrq8R9hZlUILwbACZ56ZmgMnSQQvC5pB6gAiQI6Uz2lO0Y3yosh10H7-CBn1wwL4eoFcURBUG4hbUKZr5oX-dnEZAmyKQi4sSuYqmRT8EJqTdhuVIErzlRfjmz8hyPHL_TzYDGFmA6Gt3Ok3Td/s500/856734448.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="500" height="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYwZ7pHPqIBQrnk3p2F0YQ9FPHWzmZ908L2BsHkd5WMTsrq8R9hZlUILwbACZ56ZmgMnSQQvC5pB6gAiQI6Uz2lO0Y3yosh10H7-CBn1wwL4eoFcURBUG4hbUKZr5oX-dnEZAmyKQi4sSuYqmRT8EJqTdhuVIErzlRfjmz8hyPHL_TzYDGFmA6Gt3Ok3Td/s320/856734448.jpg" width="320" /></a></div><br /><i><br /><br />Gli era stata impressa fìsicamente nel cuore dal Signore. Il fatto straordinario è narrato da Paolo stesso a Rosa Calabresi, sua confidente e discepola spirituale.<br /><br />« Un Venerdì Santo, mentre stavo pregando avanti al Santo Sepolcro, Gesù si degnò di stamparmi nel cuore la sua Santissima Passione, e subito tre coste sul cuore si alzarono. Perché se no, non avrei potuto resistere, né vivere.<br /><br />« Tutti gl’istrumenti della sua Passione me li scolpi nel cuore, e, in mezzo ad esso, il Santo Segno Jesu Christi Passio, anzi con la sua Passione m’impresse nel cuore anche i dolori della sua cara Madre.<br /><br />« Oh, che dolori provavo, oh, che amore! Un misto di estremo dolore e di eccessivo amore! Que st’amorosa e dolorosa impressione della Passione mi fa gemere massime dal giovedì sera fino alla domenica di ciascuna settimana » (Rom. 1997).<br /><br />Questo fenomeno eccezionale delle tre coste ar cuate sopra il cuore, fu accertato dopo la morte di Paolo, alla presenza di una sessantina di persone ragguardevoli e di tutta la Comunità dei SS. Giovanni e Paolo, quando, prima della sepoltura, il notaio stilò l’atto di ricognizione delle spoglie del grande privilegiato e apostolo della Croce.<br /><br />« Mi pareva di stare in Paradiso! »<br /><br />A tale straordinario favore, fece seguito un altro non meno eccezionale.<br /><br />« Un giorno — narra ancora Paolo — dissi al Signore: Signore, nascondetemi nelle vostre Piaghe, perché io non posso stare senza fare dimostrazioni! Allora il SS.mo Crocifisso, avanti a cui oravo, staccò le braccia dalla croce, e mi abbracciò stretto stretto, e mi mise al suo SS.mo Costato, ove mi tenne per tre ore. Oh, mi pareva di stare positivamente in Paradiso! » (Rom. 1997).<br /><br />«Mi pareva di stare in Paradiso! ». Qui è tutto Paolo della Croce: abbracciato al Crocifisso, mentre beve torrenti di amore alla Piaga del Sacro Co stato. Davvero, il Crocifisso è il suo Paradiso!<br /><br /> Matrimonio spirituale<br /><br />Fosse bastato questo! L’amore al Crocifisso ormai lo divorava e consumava incessantemente, struggendolo con la brama d’immedesimarsi con Lui piagato e sanguinante.<br /><br />Il Martire del Calvario, se non volle vederlo morire di puro amore, dovette unirlo a sé con l’unione più sublime che conosca la mistica cristiana: il matrimonio spirituale.<br /><br />L’avvenimento fu celebrato con solennità il 21 novembre 1723, nell’incantevole solitudine del monte Argentaro.<br /><br />Mentre immerso nell’orazione stava tutto raccolto in Dio, con giubilo grande del suo spirito, gli apparve la Vergine Immacolata.<br /><br />Era bella e sorrideva ; aveva il Bambino Gesù in braccio.<br /><br />Apparvero Angeli e Santi, fra i quali riconobbe S. Paolo Apostolo, S. Giovanni Evangelista, Sant’Elisabetta, S. Giovanni della Croce, S. Teresa d’Avila e S. Maria Maddalena de’ Pazzi.<br /><br />Si buttò con la faccia a terra, e pensava al motivo di quella visione eccezionale. La Madonna gli spiegò il movente della visita e terminò dicendo:<br /><br />« Paolo, sei contento di sposarti misticamente col Divin Verbo? ».<br /><br />Non rispose. In cuor suo però pensava che non era degno di ricevere simile grazia. Allora venne sollevato da terra dagli Angeli, che lo confortaro no a ricevere l’anello del mistico matrimonio.<br /><br />In quel momento la Madonna gli si accostò, e gli pose in dito un anello d’oro prezioso, tutto intarsiato con gli strumenti della Passione. Gesù Bambino, sorretto dalla Vergine, fini di infilar glielo.<br /><br />Dopo questa solenne cerimonia la Regina del cielo gli disse:<br /><br />« Paolo, da questo giorno, nel quale ti sei unito in mistico matrimonio col mio Divin Figlio, devi sempre ricordarti della sua acerbissima Passione e dell’amore che porta all’anima tua».<br /><br />Uguale esortazione gli fecero in coro gli Angeli e i Santi presenti.<br /><br />L’estasi si protrasse a lungo, finché la visione scomparve, lasciandolo inondato di gioia celeste.<br /><br />Quando narrava questo favore a Rosa Calabresi, terminava il racconto piangendo di tenerezza per la grazia ricevuta (Rom. 2009). Dopo la quale Paolo, unito inseparabilmente al suo Amore Crocifisso, poteva ripetere con l’Apostolo:<br /><br />« Sono crocifisso con Cristo; e non vivo più io, ma Cristo vive in me » (Galat. 2, 19-20).<br /><br /> « Un Dio morto per me! »<br /><br />Conseguenza naturale di questi doni fu che non potesse fare a meno di parlare spesso e con fuoco del suo Amore Crocifisso.<br /><br />Nelle missioni, quando dettava la meditazione della Passione di Gesù, le sue parole erano come punte di spada che penetravano nel profondo del cuore. Si accendeva in volto e con gli occhi grondanti lacrime esclamava con accento pieno di ammirazione e di mistero:<br /><br />« Un Dio morto per mei Un Dio flagellato per mei Un Dio legato per mei ».<br /><br />E il popolo prorompeva in un profluvio di pianto. Non era possibile resistere perché, dice un teste con frase lapidaria, « avrebbe fatto struggere anche i marmi per la compassione e la compunzione » (Rom. 836. Vetr. 870).<br /><br />Nella città di Camerino, per la grande folla accorsa, dovette predicare in piazza. Il suo compagno di missione, Padre Gianmaria, notò che quando iniziò a parlare della Passione del Signore, tutti presero « a piangere dirottamente, come si piange alla morte del figlio primogenito » (Vetr. 168).<br /><br />Ad Ischia, la sera che parlò di Gesù coronato di spine, fece dei colloqui così teneri con Cristo, mostrando ora la sua corona, ora il suo sangue e le sue piaghe aperte, che il popolo non potè trattenere le lacrime. A un certo punto prese la corona di spine del Signore e ponendosela sul capo esclamò:<br /><br />«A me si conviene questa corona, non a voi, Signore! ».<br /><br />E se la pressò cosi fortemente in testa che ne usciva sangue. Le lacrime e i singhiozzi aumentarono. Quando terminò la predica, i pianti continuarono in chiesa ancora per mezz’ora. Nel ritornare a casa, per le strade si sentiva solo piangere e sospirare (Rom. 462).<br /><br /> « Io ho convertito tanti peccatori col Crocifisso »<br /><br />Non tralasciava mai nelle missioni la predica del Cristo Morto. In essa riusciva cosi efficace, che gli uditori non sapevano trattenere i gemiti «tanto che talvolta, per farli quietare, bisognava che si intonassero le Litanie, o altro cantico spirituale, e talora persino suonare i campanelli per intimare silenzio » (Rom. 836).<br /><br />E dire che non diceva cose alte o concetti peregrini con ricercatezze letterarie; annunziava solo a il Verbo della Croce» con semplicità, dicitura piana, disadorna, ma con tanta forza di convinzione e con tale abbondanza di fervore che riempiva tutti di stupore e spremeva lacrime anche dai cuori di pietra.<br /><br />La predica della Passione di Gesù egli la considerava «l’anima e il midollo delle missioni» (Rom. 1017).<br /><br />«Io ho convcrtito tanti peccatori col Crocifisso — diceva — che non ne so dire il numero! » (Rom. 1017).<br /><br />« Si tocca sempre più con mano che il mezzo più efficace per convenire le anime anche più perdute è la Passione di Gesù» (Rom. 1701). E aggiungeva:<br /><br />« La devozione alla Passione di Gesù Cristo è la strada più facile per salvarsi. Nella Passione di Cristo non ve inganno. Il Crocifisso è un libro dove s’apprende ogni virtù. Per inabissarsi nell’infinito Tutto, la porta deifica è Gesù Crocifisso » (Vetr. 1145, 73. Lett. vol. II, 234, Luca, Spirito, 19).<br /><br />Non si permise mai di omettere la predica del Cristo Morto, perché allora le ultime renitenze alla Grazia di Dio cessavano. Infatti, nessuno avrebbe potuto resistere alla potenza divina del Sangue e delle Piaghe d’un Dio Crocifisso presentato dall’eloquenza appassionata d’un apostolo come lui.<br /><br /> Apostolo del Crocifisso<br /><br />Impossibile ripetere quanto operò per diffonde re la devozione alla Passione di Cristo. Oltre alla fondazione della Congregazione dei Missionari Passionisti, diede vita alla confraternita della Passione, scrisse migliaia di lettere, in cui tratta di questo argomento, diffuse moltissimi piccoli crocifissi, ne parlava nelle conferenze alle anime che dirigeva nelle vie dello spirito, la inculcava nelle confessioni sacramentali, nelle conversazioni…<br /><br />Ad Anagni, per esempio, i signori più distinti della città gli fecero visita e lo pregarono di qualche spirituale avvertimento. Disse loro con grazia:<br /><br />« Fate ogni giorno un po’ di meditazione. Meditate specialmente la Passione di Nostro Signore. I primi pensieri della giornata si formino dalla lettura di questo libro: il Crocifisso, se volete passarla bene ».<br /><br />Quei signori persuasi si dissero:<br /><br />« Conviene farlo, e principiare una buona volta » (Rom. 2193).<br /><br />A questo apostolato si era legato con voto, e gli sembrava sempre di avere fatto troppo poco per il suo Amore Crocifisso.<br /><br />Troppo poco che suscitò le meraviglie dei contemporanei. </i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-91097289717047394442024-03-25T17:00:00.000+01:002024-03-25T17:00:00.149+01:00La morte redentrice di Cristo nel disegno divino della salvezza<i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO_iUK5uyPf1pKFL3XmmzXl1YxtxxoQrgJXivnVR72lOO2nnzWPFExniyxHBpXyjxrmcD5ZfAvAYBlzdWfrOmkGiK3YXW4jQiiIPjNIsBE4jOnZIER-pRYK-klGDeZaGeWiNBluO9k-3viefdp2wjL61y3ekkgb7dPU8paEwzDa3xcWYieP7WZJ7SEpMak/s640/FB_IMG_1584950143716.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO_iUK5uyPf1pKFL3XmmzXl1YxtxxoQrgJXivnVR72lOO2nnzWPFExniyxHBpXyjxrmcD5ZfAvAYBlzdWfrOmkGiK3YXW4jQiiIPjNIsBE4jOnZIER-pRYK-klGDeZaGeWiNBluO9k-3viefdp2wjL61y3ekkgb7dPU8paEwzDa3xcWYieP7WZJ7SEpMak/s320/FB_IMG_1584950143716.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /><br />Il processo di Gesù<br /><br /> Divisioni delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù <br /><br />595 Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il fariseo Nicodemo [Cf ⇒ Gv 7,50 ] o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere, di nascosto, discepoli di Gesù, [Cf ⇒ Gv 19,38-39 ] ma a proposito di lui [Cf ⇒ Gv 9,16-17; ⇒ Gv 10,19-21 ] sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che alla vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire di essi che “molti credettero in lui” anche se in maniera assai imperfetta (⇒ Gv 12,42). La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che all’indomani della Pentecoste “un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede” (⇒ At 6,7) e che “alcuni della setta dei farisei erano diventati credenti” (⇒ At 15,5) al punto che san Giacomo può dire a san Paolo che “parecchie migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla Legge” (⇒ At 21,20). <br /><br />596 Le autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella condotta da tenere nei riguardi di Gesù [Cf ⇒ Gv 9,16; ⇒ Gv 10,19 ]. I farisei hanno minacciato di scomunica coloro che lo avrebbero seguito [Cf ⇒ Gv 9,22 ]. A coloro che temevano che tutti avrebbero creduto in lui e i Romani sarebbero venuti e avrebbero distrutto il loro Luogo santo e la loro nazione [Cf ⇒ Gv 11,48 ] il sommo sacerdote Caifa propose profetizzando: È “meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera” (⇒ Gv 11,49-50). Il Sinedrio, avendo dichiarato Gesù “reo di morte” (⇒ Mt 26,66) in quanto bestemmiatore, ma avendo perduto il diritto di mettere a morte, [Cf ⇒ Gv 18,31 ] consegna Gesù ai Romani accusandolo di rivolta politica, [Cf ⇒ Lc 23,2 ] cosa che lo metterà alla pari con Barabba accusato di “sommossa” (⇒ Lc 23,19). Sono anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti esercitano su Pilato perché egli condanni a morte Gesù [Cf ⇒ Gv 19,12; 596 ⇒ Gv 19,15; ⇒ Gv 19,21 ]. <br /><br />Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù<br /><br />597 Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa nei racconti evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità all’insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata [Cf ⇒ Mc 15,11 ] e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la Pentecoste [Cf ⇒ At 2,23; ⇒ At 2,36; ⇒ At 3,13-14; ⇒ At 4,10; 597 ⇒ At 5,30; ⇒ At 7,52; ⇒ At 10,39; ⇒ At 13,27-28; ⇒ 1Ts 2,14-15 ]. Gesù stesso perdonando sulla croce [Cf ⇒ Lc 23,34 ] e Pietro sul suo esempio, hanno riconosciuto l’“ignoranza” (⇒ At 3,17) degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: “Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli” (⇒ Mt 27,25) che è una formula di ratificazione, [Cf ⇒ At 5,28; 597 ⇒ At 18,6 ] estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio:<br /><br /> Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: “Quanto è stato commesso durante la Passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. . . Gli Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 4].<br /><br /> Tutti i peccatori furono gli autori della Passione di Cristo <br /><br />598 La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che “ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle. . . sofferenze” del divino Redentore [Catechismo Romano, 1, 5, 11; cf ⇒ Eb 12,3 ]. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, [Cf ⇒ Mt 25,45; ⇒ At 9,4-5 ] la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei: <br /><br />È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell’iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono [Cf ⇒ Eb 6,6 ] con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come re divino [Cf ⇒ 1Cor 2,8 ]. Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici [Catechismo Romano, 1, 5, 11].<br /><br />E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati [San Francesco d’Assisi, Admonitio, 5, 3].<br /><br /> <br /><br />II. La morte redentrice di Cristo nel disegno divino della salvezza <br /><br />“Gesù consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio” <br /><br />599 La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” (⇒ At 2,23). Questo linguaggio biblico non significa che quelli che hanno “consegnato” Gesù (⇒ At 3,13) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio. <br /><br />600 Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli stabilì dunque il suo disegno eterno di “predestinazione” includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: “Davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d’Israele [Cf ⇒ Sal 2,1-2 ] per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse” (⇒ At 4,27-28). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro accecamento [Cf ⇒ Mt 26,54; ⇒ Gv 18,36; ⇒ Gv 19,11 ] al fine di compiere il suo disegno di salvezza [Cf ⇒ At 3,17-18 ]. <br /><br />“Morto per i nostri peccati secondo le Scritture” <br /><br />601 Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del Servo, il Giusto, [Cf ⇒ Is 53,11; 601 ⇒ At 3,14 ] era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato [Cf ⇒ Is 53,11-12; 601 ⇒ Gv 8,34-36 ]. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere “ricevuto”, che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture ” (⇒ 1Cor 15,3) [Cf ⇒ At 3,18; ⇒ At 7,52; ⇒ At 13,29; 601 ⇒ At 26,22-23 ]. La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente [Cf ⇒ Is 53,7-8 e ⇒ At 8,32-35 ]. Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente [Cf ⇒ Mt 20,28 ]. Dopo la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di Emmaus, [Cf ⇒ Lc 24,25-27 ] poi agli stessi Apostoli [Cf ⇒ Lc 24,44-45 ].<br /><br /> “Dio l’ha fatto peccato per noi” <br /><br />602 San Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel disegno divino della salvezza: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato, già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi” (⇒ 1Pt 1,18-20). I peccati degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla morte [Cf ⇒ Rm 5,12; ⇒ 1Cor 15,56 ]. Inviando il suo proprio Figlio nella condizione di servo, [Cf ⇒ Fil 2,7 ] quella di una umanità decaduta e votata alla morte a causa del peccato, [Cf ⇒ Rm 8,3 ] “colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (⇒ 2Cor 5,21). <br /><br />603 Gesù non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse peccato [Cf ⇒ Gv 8,46 ]. Ma nell’amore redentore che sempre lo univa al Padre, [Cf ⇒ Gv 8,29 ] egli ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del peccato al punto da poter dire a nome nostro sulla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (⇒ Mc 15,34; 603 ⇒ Sal 22,2). Avendolo reso così solidale con noi peccatori, “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” (⇒ Rm 8,32) affinché noi fossimo “riconciliati con lui per mezzo della morte del Figlio suo” (⇒ Rm 5,10).<br /><br /> Dio ha l’iniziativa dell’amore redentore universale <br /><br />604 Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra. “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (⇒ 1Gv 4,10) [Cf ⇒ 1Gv 4,19 ]. “Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (⇒ Rm 5,8). <br /><br />605 Questo amore è senza esclusioni; Gesù l’ha richiamato a conclusione della parabola della pecorella smarrita: “Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli” (⇒ Mt 18,14). Egli afferma di “dare la sua vita in riscatto per molti ” (⇒ Mt 20,28); quest’ultimo termine non è restrittivo: oppone l’insieme dell’umanità all’unica persona del Redentore che si consegna per salvarla [Cf ⇒ Rm 5,18-19 ]. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, [Cf ⇒ 2Cor 5,15; ⇒ 1Gv 2,2 ] insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: “Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto” [Concilio di Quierzy (853): Denz. -Schönm.,624].<br /><br /> III. Cristo ha offerto se stesso al Padre per i nostri peccati <br /><br />Tutta la vita di Cristo è offerta al Padre <br /><br />606 Il Figlio di Dio “disceso dal cielo non per fare” la sua “volontà ma quella di colui che” l’ha “mandato” (⇒ Gv 6,38), “entrando nel mondo dice: . . Ecco, io vengo. . . per fare, o Dio, la tua volontà. . . Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre” (⇒ Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua Incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (⇒ Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù “per i peccati di tutto il mondo” (⇒ 1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: “Il Padre mi ama perché io offro la mia vita” (⇒ Gv 10,17). “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato” (⇒ Gv 14,31). <br /><br />607 Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù [Cf ⇒ Lc 12,50; ⇒ Lc 22,15; ⇒ Mt 16,21-23 ] perché la sua Passione redentrice è la ragion d’essere della sua Incarnazione: “Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (⇒ Gv 12,27). “Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?” (⇒ Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto, [Cf ⇒ Gv 19,30 ] egli dice: “Ho sete” (⇒ Gv 19,28).<br /><br /> “L’Agnello che toglie il peccato del mondo” <br /><br />608 Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, [Cf ⇒ Lc 3,21; ⇒ Mt 3,14-15 ] Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù “l’Agnello di Dio.. . che toglie il peccato del mondo” (⇒ Gv 1,29) [Cf ⇒ Gv 1,36 ]. Egli manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre in silenzio al macello [Cf ⇒ Is 53,7; 608 ⇒ Ger 11,19 ] e porta il peccato delle moltitudini [Cf ⇒ Is 53,12 ] e l’agnello pasquale simbolo della redenzione di Israele al tempo della prima Pasqua [Cf ⇒ Es 12,3-14; e anche ⇒ Gv 19,36; ⇒ 1Cor 5,7 ]. Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: “servire e dare la propria vita in riscatto per molti”(⇒ Mc 10,45) <br /><br />Gesù liberamente fa suo l’amore redentore del Padre <br /><br />609 Accogliendo nel suo cuore umano l’amore del Padre per gli uomini, Gesù “li amò sino alla fine” (⇒ Gv 13,1) “perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici” (⇒ Gv 15,13). Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini [ Cf ⇒ Eb 2,10; ⇒ Eb 2,17-18; ⇒ Eb 4,15; ⇒ Eb 5,7-9 ]. Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare: “Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso” (⇒ Gv 10,18). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso la morte [Cf ⇒ Gv 18,4-6; 609 ⇒ Mt 26,53 ]. <br /><br />Alla Cena Gesù ha anticipato l’offerta libera della sua vita <br /><br />610 La libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta espressione nella Cena consumata con i Dodici Apostoli [Cf ⇒ Mt 26,20 ] nella “notte in cui veniva tradito” (⇒ 1Cor 11,23). La vigilia della sua passione, Gesù, quand’era ancora libero, ha fatto di quest’ultima Cena con i suoi Apostoli il memoriale della volontaria offerta di sé al Padre [Cf ⇒ 1Cor 5,7 ] per la salvezza degli uomini: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi” (⇒ Lc 22,19). “Questo è il mio Sangue dell’Alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (⇒ Mt 26,28). <br /><br />611 L’Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il “memoriale” [Cf ⇒ 1Cor 11,25 ] del suo sacrificio. Gesù nella sua offerta include gli Apostoli e chiede loro di perpetuarla [Cf ⇒ Lc 22,19 ]. Con ciò, Gesù istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza: “Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (⇒ Gv 17,19) [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1752; 1764]. <br /><br />L’agonia del Getsemani <br /><br />612 Il calice della Nuova Alleanza, che Gesù ha anticipato alla Cena offrendo se stesso, [Cf ⇒ Lc 22,20 ] in seguito egli lo accoglie dalle mani del Padre nell’agonia al Getsemani [Cf ⇒ Mt 26,42 ] facendosi “obbediente fino alla morte” (⇒ Fil 2,8) [Cf ⇒ Eb 5,7-8 ]. Gesù prega: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” (⇒ Mt 26,39). Egli esprime così l’orrore che la morte rappresenta per la sua natura umana. Questa, infatti, come la nostra, è destinata alla vita eterna; in più, a differenza della nostra, è perfettamente esente dal peccato [Cf ⇒ Eb 4,15 ] che causa la morte; [Cf ⇒ Rm 5,12 ] ma soprattutto è assunta dalla Persona divina dell’ “Autore della vita” (⇒ At 3,15), del “Vivente” (⇒ Ap 1,17) [Cf ⇒ Gv 1,4; ⇒ Gv 5,26 ]. Accettando nella sua volontà umana che sia fatta la volontà del Padre, [Cf ⇒ Mt 26,42 ] Gesù accetta la sua morte in quanto redentrice, per “portare i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (⇒ 1Pt 2,24). <br /><br />La morte di Cristo è il sacrificio unico e definitivo <br /><br />613 La morte di Cristo è contemporaneamente il sacrificio pasquale che compie la redenzione definitiva degli uomini [Cf ⇒ 1Cor 5,7; ⇒ Gv 8,34-36 ] per mezzo dell’“Agnello che toglie il peccato del mondo” (⇒ Gv 1,29) [Cf ⇒ 1Pt 1,19 ] e il sacrificio della Nuova Alleanza [Cf ⇒ 1Cor 11,25 ] che di nuovo mette l’uomo in comunione con Dio [Cf ⇒ Es 24,8 ] riconciliandolo con lui mediante il sangue “versato per molti in remissione dei peccati” (⇒ Mt 26,28) [Cf ⇒ Lv 16,15-16 ].<br /><br /> 614 Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici [Cf ⇒ Eb 10,10 ]. Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che consegna il Figlio suo per riconciliare noi con lui [Cf ⇒ 1Gv 4,10 ]. Nel medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, [Cf ⇒ Gv 15,13 ] offre la propria vita [Cf ⇒ Gv 10,17-18 ] al Padre suo nello Spirito Santo [Cf ⇒ Eb 9,14 ] per riparare la nostra disobbedienza. <br /><br />Gesù sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza <br /><br />615 “Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (⇒ Rm 5,19). Con la sua obbedienza fino alla morte, Gesù ha compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre “se stesso in espiazione ”, mentre porta “il peccato di molti”, e li giustifica addossandosi “la loro iniquità” [Cf ⇒ Is 53,10-12 ]. Gesù ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i nostri peccati [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1529]. <br /><br />Sulla croce, Gesù consuma il suo sacrificio <br /><br />616 È l’amore “sino alla fine” (⇒ Gv 13,1) che conferisce valore di redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di Cristo. Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell’offerta della sua vita [Cf ⇒ Gal 2,20; ⇒ Ef 5,2; ⇒ Ef 5,25 ]. “L’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti” (⇒ 2Cor 5,14). Nessun uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati di tutti gli uomini e di offrirsi in sacrificio per tutti. L’esistenza in Cristo della Persona divina del Figlio, che supera e nel medesimo tempo abbraccia tutte le persone umane e lo costituisce Capo di tutta l’umanità, rende possibile il suo sacrificio redentore per tutti .<br /><br />617 “Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis justificationem meruit – La sua santissima passione sul legno della croce ci meritò la giustificazione” insegna il Concilio di Trento [Denz. -Schönm., 1529] sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come “causa di salvezza eterna” (⇒ Eb 5,9). E la Chiesa venera la croce cantando: “O crux, ave, spes unica – Ave, o croce, unica speranza” [Inno “Vexilla Regis”]. <br /><br />La nostra partecipazione al sacrificio di Cristo <br /><br />618 La croce è l’unico sacrificio di Cristo, che è il solo “mediatore tra Dio e gli uomini” (⇒ 1Tm 2,5). Ma, poiché nella sua Persona divina incarnata, “si è unito in certo modo ad ogni uomo”, [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22] egli offre “a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]. Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a seguirlo, [Cf ⇒ Mt 16,24 ] poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme [Cf ⇒ 1Pt 2,21 ]. Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari [Cf ⇒ Mc 10,39; ⇒ Gv 21,18-19; ⇒ Col 1,24 ]. Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza redentrice [Cf ⇒ Lc 2,35 ]. <br /><br />Al di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo [Santa Rosa da Lima; cf P. Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668]. <br /><br />IN SINTESI <br /><br />619 “Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture” (⇒ 1Cor 15,3). <br /><br />620 La nostra salvezza proviene dall’iniziativa d’amore di Dio per noi poiché “è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (⇒ 1Gv 4,10). “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo” (⇒ 2Cor 5,19). <br /><br />621 Gesù si è liberamente offerto per la nostra salvezza. Questo dono egli lo significa e lo realizza in precedenza durante l’ultima Cena: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi” (⇒ Lc 22,19). <br /><br />622 In questo consiste la redenzione di Cristo: egli “è venuto per. . . dare la sua vita in riscatto per molti” (⇒ Mt 20,28), cioè ad amare “i suoi sino alla fine” (⇒ Gv 13,1) perché essi siano “liberati dalla” loro “vuota condotta ereditata dai” loro “padri” (⇒ 1Pt 1,18). <br /><br />623 Mediante la sua obbedienza di amore al Padre “fino alla morte di croce” (⇒ Fil 2,8), Gesù compie la missione espiatrice [Cf ⇒ Is 53,10 ] del Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità [Cf ⇒ Is 53,11; 623 ⇒ Rm 5,19 ]. </span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5g26AROBqu5Daj7Ef1m-x1kNux0q1sf3nbZBOYYFKTDrAgNkF3Zh-05Lbvapq377sKlrP2Q7TUe4cOZsKGp5ZAb0vQhkYJQcFBfeR8djXatvYWQiMIN07GZ9Y59Mt_cLdaYbhm-XMKh0zER20IKcGcnmVgJvKUaapFOf4CoQrybPDW-npClvb6jAyUD00/s3968/IMG_20210206_174633.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3968" data-original-width="2976" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5g26AROBqu5Daj7Ef1m-x1kNux0q1sf3nbZBOYYFKTDrAgNkF3Zh-05Lbvapq377sKlrP2Q7TUe4cOZsKGp5ZAb0vQhkYJQcFBfeR8djXatvYWQiMIN07GZ9Y59Mt_cLdaYbhm-XMKh0zER20IKcGcnmVgJvKUaapFOf4CoQrybPDW-npClvb6jAyUD00/s320/IMG_20210206_174633.jpg" width="240" /></a></div><br /></i>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-57277809481029653722024-03-24T23:34:00.002+01:002024-03-24T23:42:19.117+01:00- Conferenza Spirituale nella Domenica II di Passione o delle Palme tenuta dall' Arcivescovo Mons. Carlo Maria Viganò<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPmiZVYeXYjKNVTTxq0DBAGcna0gPm1cPqfE6uRb69Tmk7RAkxQPZ2l23eIWJyKdTF3j2LRSBprXyFXgGyyu6OVM13wCTi1lqbZE839WQfXebHhd1ilLYjswAG-X-XharGeGJFUYpwiLqwLpFz6RYclx-LRN9vhpA9bnupq0pkxvSYW3X_q-mB5rXzdX7A/s1506/a3466bf0-6468-4bb9-b331-e09bc6f254ab.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1506" data-original-width="1161" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPmiZVYeXYjKNVTTxq0DBAGcna0gPm1cPqfE6uRb69Tmk7RAkxQPZ2l23eIWJyKdTF3j2LRSBprXyFXgGyyu6OVM13wCTi1lqbZE839WQfXebHhd1ilLYjswAG-X-XharGeGJFUYpwiLqwLpFz6RYclx-LRN9vhpA9bnupq0pkxvSYW3X_q-mB5rXzdX7A/s320/a3466bf0-6468-4bb9-b331-e09bc6f254ab.jpg" width="247" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcJKX66JnDm1wu9V3KlHPB7ERt8L4gfPRJCdi_RZJcvoaG_T-bEwnczvE4MVmPJo7VxHh5m5NRxKLSU6saMDMbvjL4uCEVPo7z91Ds-K-muBUluu5-D1ANilQXD0A3KlAF5NuAze48Om_31EeIxpJGCuTTeKhPaalCZp2-4KZxjEWddw40jdeKjPmBmvgv/s1000/GJd8Pd7W8AA4Vab.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="690" data-original-width="1000" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcJKX66JnDm1wu9V3KlHPB7ERt8L4gfPRJCdi_RZJcvoaG_T-bEwnczvE4MVmPJo7VxHh5m5NRxKLSU6saMDMbvjL4uCEVPo7z91Ds-K-muBUluu5-D1ANilQXD0A3KlAF5NuAze48Om_31EeIxpJGCuTTeKhPaalCZp2-4KZxjEWddw40jdeKjPmBmvgv/s320/GJd8Pd7W8AA4Vab.jpg" width="320" /></a></div><br /> <br /><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-family: verdana;"><b><i>QUIS EST ISTE REX GLORIÆ?</i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-family: verdana;"><b><i><br /></i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-family: verdana;"><b><i>Conferenza Spirituale</i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-family: verdana;"><b><i>nella Domenica II di Passione o delle Palme</i></b></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: red; font-family: verdana;"><b><i><br /></i></b></span></div><div style="text-align: center;"><div class="wpb_text_column wpb_content_element" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: 0px 0px; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px 0px 35px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: start; vertical-align: baseline;"><div class="wpb_wrapper" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: 0px 0px; background-repeat: initial; background-size: initial; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b><i><span style="color: red; font-family: verdana;"><br /><br />Exsulta satis, filia Sion, jubila filia Jerusalem.<br />Ecce Rex tuus venit tibi.<br /><br />Za 9, 9</span></i></b><span style="font-family: verdana;"><i><br /><br />Le solenni celebrazioni della Settimana Santa iniziano con l’entrata trionfale di Nostro Signore in Gerusalemme, salutato come Re di Israele. La Santa Chiesa, popolo della Nuova ed Eterna Allenza, fa proprio il tributo di pubblici onori al suo Signore: Hi placuere tibi, placeat devotio nostra: Rex bone, Rex clemens, cui bona cuncta placent. <br /><br />Tuttavia, quasi a mettere in evidenza quanto sia volubile e manipolabile la moltitudine, oggi vediamo la folla festante con rami di palme e di olivo, e pochi giorni dopo la sentiamo gridare il Crucifige e mandare a morte quello stesso Re, sul patibolo riservato agli schiavi. <br /><br />Non ci è dato sapere se quanti accolsero esultanti il Signore alle porte della Città Santa fossero gli stessi che si riunirono dinanzi al Pretorio e vennero sobillati dai Sommi Sacerdoti e dagli scribi del popolo; ma non è difficile supporre – anche sulla base di altri episodi analoghi nel corso della Storia – che molti fossero presenti in entrambe le circostanze, per il semplice gusto di assistere ad un evento, di seguire la massa, di “farsi un selfie” diremmo oggi. D’altra parte, non furono gli stessi Ebrei nel deserto a costruirsi un vitello d’oro, mentre Mosè riceveva sul Sinai le tavole della Legge? E quante altre volte quegli stessi Ebrei che avevano acclamato al Dio di Israele finirono con l’accogliere “ecumenicamente” i sacerdoti di Baal e contaminarsi con gli idolatri, meritando i castighi annunciati dai Profeti e pentendosi poi della loro infedeltà, per ricominciare poco dopo? Questa è la massa, cari fratelli; la massa che assiste alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, alla guarigione dei lebbrosi, degli storpi, del servo del centurione e alla resurrezione di Lazzaro, ma poi si assiepa lungo il sentiero che porta al Golgota per insultare e sputare su Nostro Signore, o anche solo per stare a guardare, ut videret finem (Mt 26, 57): per vedere come andava a finire. <br /><br />Chi era assente all’entrata regale del Signore a Gerusalemme? L’autorità civile e quella religiosa, così come erano assenti i potenti alla Nascita del Salvatore in quella remota capanna di Betlemme la notte del 25 Dicembre di duemilaventiquattro anni fa. Non c’erano i Sommi Sacerdoti, né gli scribi, né Erode; i quali in realtà non erano nemmeno considerabili come vere autorità, dal momento che tanto i Sommi Sacerdoti Anna e Caifa quanto il re Erode erano saliti al potere con frodi e nomine manipolate – nihil sub sole novi – e non rappresentavano quindi il potere legittimo. In particolare Caifa non era della casa di Aronne – la tribù sacerdotale degli Ebrei – ma era stato nominato Pontefice da Valerio Grato nel 25 d.C. ed era riuscito a rimanere in carica sino al 36 d.C., quando venne deposto dal Governatore della Siria Lucio Vitellio. Nomina imperiale, dunque, e non diritto ereditario come stabilito da Dio e come fatto ininterrottamente fino all’epoca dei Maccabei (1 Mac 10, 20), quando Gionata assunse il Pontificato. Nemmeno il re di Galilea era legittimo, perché la sua nomina fu decisa dal padre Erode il Grande che divise il regno tra i figli Archelao (il quale ebbe la Giudea, l’Idumea e la Samaria meridionale), Erode Filippo (che ebbe la regione nordorientale del lago di Tiberiade) e Erode Antipa (nominato Tetrarca della Galilea e della Perea). Erode Antipa governò dal 4 a.C. al 39 d.C. su mandato dell’autorità imperiale e quindi poteva essere considerato più un fantoccio al servizio di Roma che un vero sovrano. Non doveva essere molto diverso da un odierno Trudeau o da un Macron, allevati dal World Economic Forum e messi dal deep state a fare gli interessi dell’élite in Canada o in Francia. D’altra parte anche Erode era stato alla corte imperiale a Roma, dove aveva iniziato una relazione con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, e che poi aveva sposato – contravvenendo alla legge mosaica – meritando la condanna del Battista, che per questo fu arrestato e giustiziato. Il fatto che Nostro Signore non abbia voluto rispondere a Erode – quando Ponzio Pilato glielo fece condurre perché Lo giudicasse essendo sotto la sua giurisdizione – conferma che Cristo stesso considerava la sua autorità illegittima. <br /><br />In Israele, ai tempi di Cristo, non vi era dunque una vera e propria autorità religiosa né civile. Perché questa latitanza, questa vacatio? Eppure i Giudei riconoscevano i Sommi Sacerdoti ed Erode, come oggi si riconoscono Bergoglio e i capi di governo delle Nazioni, nonostante sia evidente la loro estraneità al vero potere voluto da Dio. La risposta che possiamo dare è che la Provvidenza abbia voluto che la venuta secundum carnem di Nostro Signore mostrasse che era Lui il vero Re e Pontefice, non solo come autore e garante dell’autorità terrena, ma anche come legittimo detentore di quell’autorità per diritto divino, di nascita e – di lì a poco – di conquista. Ecco il perché di questa assenza di re, pontefici e scribi Ebrei, tanto alla Nascita di Cristo quanto alla Sua Epifania e all’ingresso in Gerusalemme. <br /><br />Cerchiamo ora, cari fratelli, di osservare la scena che ci si presenta dinanzi. È il 10 del mese di Nisan, sei giorni prima della Pasqua ebraica, quando la Legge prescrive agli Ebrei di procurarsi l’agnello pasquale. Qui vediamo dunque l’Agnus Dei – secondo le parole del Battista (Gv 1, 29) – che cinque giorni dopo, all’ora nona del Venerdì Santo – ossia della Parasceve – sarebbe spirato sulla Croce, nello stesso momento in cui gli Ebrei infilzavano l’agnello su due spiedi per arrostirlo, in ricordo della fuga dall’Egitto e del passaggio del Mar Rosso verso la terra promessa. Agli occhi del popolo fedele, quella simbologia non poteva sfuggire. <br /><br />Assiso sull’asina bardata, come il re Salomone al momento della sua incoronazione (1 Re 1, 38-40); onorato al Suo passaggio con fronde di palma e mantelli stesi per terra (2 Re, 9-13), Cristo riassume in Sé ogni autorità terrena, temporale e spirituale, mostrandoSi nella plenitudo potestatis e venendo osannato dal popolo: Benedictus qui venit in nomine Domini, esclamano i pueri Hebræorum. Hosanna filio David, ossia al discendente della casa un tempo regnante, al Messia promesso, al prefigurato dal profeta Zaccaria (Zac 9, 9): <br /><br />Esulta grandemente figlia di Sion,<br />giubila, figlia di Gerusalemme!<br />Ecco, a te viene il tuo re.<br />Egli è giusto e vittorioso,<br />umile, cavalca un asino,<br />un puledro figlio d’asina.<br /><br />Come si evince dalla narrazione evangelica, l’incoronazione del Signore avviene sul Monte degli Ulivi, a meno di tre chilometri dalla Città Santa, e la processione regale si muove verso il Tempio, richiamando il Salmo 23:<br /><br />O porte, alzate i vostri frontoni;<br />e voi, porte eterne, alzatevi;<br />entri il Re della gloria.<br />Chi è questo Re della gloria?<br />È il Signore, forte e potente,<br />il Signore potente in battaglia.<br />O porte, alzate i vostri frontoni;<br />alzatevi, o porte eterne,<br />entri il Re della gloria.<br />Chi è questo Re di gloria?<br />È il Signore degli eserciti;<br />egli è il Re della gloria. <br /><br />L’offerta di una vittima sull’altare, presentata quando ormai è sera (Mc 11, 11) allude all’imminente Passione di Nostro Signore. Possiamo immaginare la preoccupazione che tale imponente manifestazione suscitò tra le autorità. E non è un caso: questo rito civile e religioso – caratterizzato dalla ripetizione di un preciso cerimoniale ben noto ai sacerdoti e agli scribi – doveva in qualche modo rappresentare la restaurazione del regno ebraico in vista della Passione, perché fosse il Re e il Sommo Sacerdote di Israele ad ascendere l’altare del Golgota per offrirSi alla Maestà del Padre in riscatto delle colpe del Suo popolo. Vedremo il Signore nuovamente rivestito di vesti regali – il mantello scarlatto e la corona, ancorché di spine – presentarSi alla loggia del Pretorio. Ecce rex vester (Gv 19, 13), dice Pilato ai Giudei; i quali rispondono, confessando la vacanza del trono di Davide: Non habemus regem, nisi Cæsarem (ibid., 14). E ancora, nel titulus crucis, è ribadita la stessa verità: Jesus Nazarenus, Rex Judæorum (ibid., 19). Perché se Cristo non fosse stato riconosciuto Re e Pontefice nell’atto supremo del Sacrificio, Egli non avrebbe rappresentato dinanzi al Padre né i singoli né le nazioni oggetto della Redenzione. <br /><br />Se volessimo fare un parallelo tra quegli eventi e quelli odierni, potremmo riscontrare un’inquietante analogia tra l’azione del Sinedrio e la Gerarchia Cattolica che usurpa il potere in Roma. Immaginiamo quale potrebbe essere, oggi, la preoccupazione di certi Prelati – e dello stesso Bergoglio – per la minaccia di vedersi scoperti nella loro frode da Cristo in persona, che viene a riprendersi quell’autorità usurpata ed esercitata non per aprire le Scritture ai fedeli, ma per tenerli nell’ignoranza e consentire a sé di mantenere il potere. Credete che la reazione sarebbe così diversa da quella del Sinedrio, suscitata dal concorso di popolo in Gerusalemme per proclamare Re uno sconosciuto profeta della Galilea? Cosa credete che direbbe il novello Caifa, al veder minacciato il proprio prestigio di Sommo Sacerdote e svelato l’inganno che lo ha portato al potere? Al sentirsi ricordare di essere vicario di un’autorità non sua, e non padrone? Pensate che accetterebbe di rinunciare al Papato che usurpa, per lasciar salire al Soglio il Signore, nel nome del Quale costui dovrebbe governare la Chiesa? O non si rivolgerebbe piuttosto alle autorità civili, facendo capire ai funzionari e ai politici corrotti che lo riconoscono come Papa che quel Galileo minaccia anche il loro potere, parimenti usurpato? Non invocherebbe l’intervento dell’esercito per sedare la rivolta e condannare il Signore a morte per sedizione e alto tradimento? Anzi: non vi sembra che il motivo della condanna sia proprio che Egli abbia osato proclamarSi Re e Figlio di Dio – quia Filium Dei se fecit (Gv 19, 7) – in un mondo che si dice democratico e che non riconosce altro re che Cesare – ossia il potere pagano di un invasore – né altro dio che l’uomo? E in questo quadro non troppo ipotetico, come riporterebbero la notizia i media mainstream, ammesso che la censura o qualche legge contro gli hate speech non impediscano di parlarne e fingano che nulla sia accaduto? <br /><br />Secondo alcuni Padri, la processione trionfale di Cristo in Gerusalemme è composta da due schiere: nel significato allegorico delle Scritture, coloro che precedono il Signore sarebbero gli Israeliti, e quelli che Lo seguono i pagani convertiti. E forse tra gli Ebrei vi erano anche degli zeloti, che speravano in una rivolta popolare contro l’invasore romano e che poi abbandonarono il Signore quando fu loro chiaro che Egli non si sarebbe lasciato usare politicamente: sarebbero loro, delusi nelle proprie aspettative rivoluzionarie, ad aver poi gridato il Crucifige. <br /><br />Abbiamo dunque tre categorie di persone: coloro che hanno acclamato Cristo; coloro che hanno gridato il Crucifige e coloro che hanno fatto entrambe le cose. Fedeli i primi, infedeli e perfidi i secondi, desolatamente mediocri i terzi. Chiediamoci allora: Tra chi sarei stato, io? Forse non tra la turba sobillata dal Sinedrio per estorcere a Pilato la condanna a morte di Cristo: costoro sono nemici dichiarati di Dio e non esitano ad invocare il Suo Sangue, nella vertigine del loro accecamento. Avremmo dovuto essere piuttosto tra quanti osannavano il Signore e durante la Passione erano con Giovanni, Maria e le Pie Donne ai piedi della Croce. Ma spesso, dolorosamente, dobbiamo riconoscere che la nostra infedeltà – al pari di quella del popolo che fu l’eletto – ci porta a schierarci con Cristo quando trionfa, e a gridare contro di Lui o a negare di conoscerLo – come Pietro – quando è arrestato, processato, insanguinato, coronato di spine, vestito come i pazzi e coperto di obbrobri. Cattolici impegnati sotto Pio XII e tiepidi modernisti col Concilio; eroici difensori della Fede in tempi di pace in una nazione cattolica, e muti esecutori della mentalità mondana in tempi di persecuzione in stati anticattolici; devoti fedeli della Messa antica quando Benedetto XVI la permette, e scrupolosi esecutori di Traditionis Custodes quando il Gesuita di Santa Marta ne limita la celebrazione o la proibisce.<br /><br />Ma perché – mi chiedo – questa insofferenza per il trascendente? Perché questa repulsione per il sacro, e quindi anche per la sacralità dell’autorità di Cristo, Re e Pontefice, che irrompe nella nostra umanità? Cosa disturba tanto il potere dei Sommi Sacerdoti ai tempi di Nostro Signore? Cosa disturba tanto da oltre duecento anni il potere delle istituzioni civili, e da sessant’anni quello del Sinedrio modernista? Credo che la risposta sia nell’orgoglio di noi poveri, miserabili mortali, che non vogliamo accettare e sottometterci alla potestà di Cristo perché sappiamo che se lo facessimo non vi sarebbe più spazio per il nostro particulare, per i nostri meschini interessi, per la nostra brama di potere. In definitiva, è il Non serviam di Lucifero che si perpetua nella Storia, nel tragico tentativo di sovvertire l’ordine divino e nell’ancor più tragica illusione di poter bastare a noi stessi, di considerare il mondo come una meta e non come un luogo di passaggio, di poterci creare un Paradiso in terra in cui libertà, fraternità e uguaglianza siano il contraltare umano di Fede, Speranza e Carità. Abbiamo paura che Cristo regni, perché sappiamo che dove l’autorità appartiene a Cristo ed è conforme alla Sua Legge non siamo più noi a comandare, e il potere che amministriamo come luogotenenti di Cristo non può essere usato come pretesto, dietro cui nascondere la nostra folle presunzione di essere sicut dii. E questo vale tanto nella sfera civile quanto in quella ecclesiastica. Eppure essere vicari di Cristo nelle cose temporali o spirituali dovrebbe essere un onore, non un’umiliazione. Per questo, cari fratelli, è terribile che colui che siede sul Soglio di Pietro consideri “scomodo” fregiarsi del titolo di Servo dei servi di Dio e abbia cancellato quello di Vicario di Cristo. Scrollatosi cosi di dosso la necessaria soggezione a Cristo, si è assunto anche la piena e totale responsabilità dei propri errori, delle proprie eresie, degli scandali di cui è causa; e allo stesso tempo, orgogliosamente, egli rifiuta quelle Grazie di stato che il Signore avrebbe altrimenti concesso al Suo Vicario in terra. Questa presunzione taglia alla radice la legittimità dell’autorità stessa, che o viene da Dio o è odiosa e illegittima tirannide.<br /><br />Cari fratelli, questi tempi di apostasia non sono diversi dai tempi della Passione, perché la passio Christi di allora deve necessariamente compiersi nella passio Ecclesiæ di oggi e della fine dei tempi: ciò che il Capo ha affrontato, deve affrontarlo anche il Corpo Mistico. Ma fate attenzione: un altro cercherà di presentarsi come re e papa, e sarà l’Anticristo, contraffazione infernale e diabolico sovvertimento del Principe della pace. Anche in quei giorni di tenebra – che il profeta Daniele ci indica della durata di tre anni e mezzo – vi sarà una folla che inneggerà a quell’uomo adorandolo come Dio, e altri che lo riconosceranno come impostore e servo di Satana. Gli inganni e i prodigi del figlio della perdizione ci faranno credere che abbia conquistato il potere, che la Chiesa sia definitivamente cancellata, nella vacanza dell’autorità civile e religiosa. Sarà allora che San Michele ucciderà l’Anticristo, allora che la Vergine schiaccerà la testa del Serpente, allora che il Signore verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, tornando di nuovo come Figlio di Dio, Re e Pontefice. Facciamo in modo di essere trovati nel numero di quel pusillus grex, quel piccolo gregge, che non si è lasciato ingannare e che è rimasto fedele. Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re (Za 9, 9). E così sia.<br /><br /><b><span style="color: red;">+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo<br /></span></b><br /><div style="text-align: right;"><i><b><span style="color: red;">24 Marzo 2024</span></b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b><span style="color: red;">Dominica II Passionis seu in Palmis</span></b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b><span style="color: red;"><br /></span></b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b><span style="color: red;"><br /></span></b></i></div></i></span><span style="font-family: verdana;"><b><i><br /><span style="font-size: x-small;">fonte exsurge domine</span></i></b></span></div></div></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-36583907785254701352024-03-24T00:00:00.001+01:002024-03-24T00:00:00.402+01:00SECONDA DOMENICA DI PASSIONE "DETTA DELLE PALME"<span style="font-family: verdana;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUsfZA0C_9cP-yh4f1DOsCdovE5wDa3G07igDwKh8uy2JSn2Fd4Z5MIOn7lqHunuhd4-pXGmAcScxHMKPvsa0mw-mzA9szd99pkcw-qziIasC1Bn27d03a6mYMtLmSEmy26m7ca8lOUT_QxARvv8j5BlYPYg7_M96ODrXMiD8MGgNDqpzyGGNnL0JaUEFG/s612/istockphoto-1009620408-612x612.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><b><i><img border="0" data-original-height="408" data-original-width="612" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUsfZA0C_9cP-yh4f1DOsCdovE5wDa3G07igDwKh8uy2JSn2Fd4Z5MIOn7lqHunuhd4-pXGmAcScxHMKPvsa0mw-mzA9szd99pkcw-qziIasC1Bn27d03a6mYMtLmSEmy26m7ca8lOUT_QxARvv8j5BlYPYg7_M96ODrXMiD8MGgNDqpzyGGNnL0JaUEFG/w400-h266/istockphoto-1009620408-612x612.jpg" width="400" /></i></b></a></td></tr><tr><td class="tr-caption"><div style="text-align: center;"><b><i><br /></i></b></div><div style="text-align: center;"><b><i><br /></i></b></div><div style="text-align: center;"><b><i>Altare della Crocifissione, XII stazione di via Dolorosa, nota anche come Calvario greco, ritenuta il luogo in cui fu posta la croce di Gesù, nella Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme.</i></b></div></td></tr></tbody></table><i><br /><br />San Pietro d’Alcantara (1499-1562) francescano, fu ammirabile soprattutto per la sua vita austera, senza mitigazioni, dalla gioventù alla morte.<br /><br />Vicino al convento, fece fabbricare un devoto calvario, affinchè i religiosi e il popolo avessero un incentivo per ricordare di continuo la passione e morte di Gesù Cristo.<br /><br />Ai piedi della croce versava copiose lacrime; offriva se stesso in olocausto a Dio; faceva lunghe ore di preghiera con le braccia aperte in forma di croce. Sovente rimaneva rapito in estasi col corpo elevato da terra parecchi palmi.<br /><br />Due volte al giorno si flagellava con aspre discipline, versando sangue in gran copia, fino a bagnare le mura e il pavimento.<br /><br />Camminava col capo scoperto, a piedi scalzi, con sulla nuda carne solo un ruvido saio. Aveva il corpo coperto di piaghe causate dagli orribili cilizi; dormiva solo due ore di notte con la testa poggiata ad un piolo, in una strettissima cella.<br /><br />Tutto questo per assomigliare a Gesù crocifisso.<br /><br />Soleva dire : <b>« In vista della croce di Gesù, stimo tutto un nulla ».</b><br /><br />San Giuliano Eymard diceva : <b>« Non v’è santo che non sia stato crocifisso dal mondo, che non si sia crocifisso da se stesso, e che Dio non lo abbia crocifìsso in maniera ammirabile ». « Le grandi cose sono fondate sul terreno del Calvario. La prova vale più che il successo, la croce più che il Tabor ».</b><br /><br />Grandi verità, che dovremmo meditare sovente, sforzandoci di attuarle in noi stessi.<br /><br />Auguro che queste letture sulla passione di Gesù Cristo siano uno stimolo efficace alla meditazione.<br /><br />2. Il fatto storico<br /><br />Il centurione, che stava di fronte a Gesù, vedendo quello che era accaduto, glorificava Dio, dicendo : <b>« Realmente quest’uomo era giusto, Figlio di Dio! ».</b> Anche quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, e tutta la folla che era convenuta per assistere a quello spettacolo, visto il terremoto e quello che accadeva, ebbe gran timore, e diceva :<b> « Veramente costui era figlio di Dio ! ».</b> E battendosi il petto, se ne tornava.<br />Frattanto tutti i conoscenti di Gesù stavano a distanza. Erano là molte donne, che osserva vano da lontano. Tra di loro erano Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di Giovanni, Salome, madre dei figli di Zebedeo, le quali, quando Gesù era in Galilea, lo seguivano e lo servivano ; e molte altre che erano salite insieme con Gesù a Gerusalemme.<br /><br />I giudei, poiché era la vigilia della Pasqua, affinchè i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato, domandarono a Pilato che si spezzassero loro le gambe e fossero tolti via. Vennero, dunque, i soldati, e spezzarono le gambe ai due ladroni; arrivati a Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati, con la lancia, gli trafisse il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.<br /><br /> 3. Spiegazione<br /><br />Pochi giorni prima della sua morte Gesù disse ai suoi discepoli : <b>« Quando sarò innalzato da terra (sopra la croce), trarrò tutto a me».</b><br /><br />Questa profezia si avverò subito dopo la morte di Gesù sul Calvario.<br /><br />3.1. Veramente costui era figlio di Dio<br /><br />Il centurione e i soldati di guardia:<br /><br />a) di fronte ai fenomeni straordinari che accompagnarono la morte di Gesù;<br /><br />b) di fronte alla pazienza con cui egli soffrì, alla generosità con cui perdonò;<br /><br />c) dì fronte alla mansuetudine con cui ascoltò, alla dolcezza con cui rispose;<br /><br />d) di fronte alla religione con cui pregò, all’autorità con cui comandò;<br /><br />e) dì fronte al tono della voce con cui gridò, alla tranquillità con cui morì,<br /><br />il centurione e i soldati restarono meravigliati e commossi; si convinsero che Gesù era innocente, giusto, santo, vero figlio di Dio.<br /><br />E questa loro ammirazione e convinzione manifestarono esternamente, pubblicamente : <b>« Costui era giusto; era veramente figlio di Dio ! ».</b><br /><br />Questa loro confessione:<br /><br />• accusò pubblicamente i sacerdoti di deicidio;<br /><br />• condannò l’ingiustizia di Pilato;<br /><br />• non si vergognò degli obbrobri patiti dall’innocente condannato ;<br /><br />• non si scandalizzò della sua morte;<br /><br />• benché Gesù fosse morto, lo credette ancora vivo;<br /><br />• benché pendente ancora dalla croce, lo credette regnare nei cieli.<br /><br /> 3.2. Glorificò Dio<br /><br />San Luca, raccontando la strepitosa conversione, dice che il centurione e i soldati <b>« glorificarono Dio ».</b> Ciò vuoi dire che il centurione e i soldati non attribuirono a Gesù crocifisso il titolo di <b>« figlio di Dio »,</b> nel senso in cui i romani idolatri davano un tale titolo ai loro dèi. In questo caso essi non avrebbero <b>« glorificato Dio »,</b> ma l’avrebbero disonorato. Dissero che il morto sulla croce era <b>« Figlio di Dio »</b> nel senso teologico e cristiano.<br /><br />Siamo di fronte ad una vera conversione al cristianesimo; ad una vera fede cristiana, la quale comincia dal cuore, si manifesta al di fuori con la confessione, e finisce con le opere.<br /><b><br />« Qui amat, zelai »</b>, chi ama, è un apostolo. Così avvenne al centurione. Egli, per primo, confessò l’innocenza e la divinità di Gesù crocifisso, e, sul suo esempio, i suoi soldati, compresi dallo stesso timore, illuminati dalla medesima luce, docili alla medesima grazia, mostrarono il medesimo pentimento, confessarono la medesima fede.<br /><br />3.3. Da persecutori a confessori<br /><br />Chi era il centurione, chi i soldati?<br /><br />Gli stessi che flagellarono Gesù Cristo; che lo incoronarono di spine; che gli posero nelle mani lo scettro di canna e sulle spalle lo straccio di porpora;, che lo bruttarono coi loro sputi. Gli stessi che lo percossero con bastoni, che lo insultarono con gli schiaffi, che lo schernirono quale re da burla. Gli stessi che sul Calvario lo attossicarono col fiele, che lo stirarono e lo confissero barbaramente sulla croce, che tirarono a sorte le sue vesti; che insultarono la sua pazienza; che si schernirono del suo dolore.<br /><br />Ed ora eccoli cambiati: sostituiscono le loro bestemmie con le benedizioni, la loro nerezza con la pietà, i loro insulti con le lodi, il loro disprezzo con la confessione della sua innocenza e della sua divinità, le loro colpe col pentimento sincero.<br /><br />Chi illuminò le loro cieche menti, spezzò i loro duri cuori, ammansi la loro barbarie, cangiò in un istante quei crocifissori in credenti, in apologisti, in evangelisti della divinità di Gesù. Cristo?<br /><br />Il Crocifisso del Calvario ! <b>« Quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me! ».<br /></b><br /> 3.4. Tutte le folle, battendosi il petto, se ne tornavano<br /><br />Questa frase di san Marco ci dice che sul Calvario, durante le tre ore di agonia di Gesù, v’erano due gruppi di persone amiche del Re dentore :<br /><br />• il primo gruppo, quello più vicino alla croce, era formato dalla Madonna, dal discepolo prediletto san Giovanni, da Maria Cleofa e Maria Maddalena;<br /><br />• il secondo gruppo, più numeroso ma più lontano, era formato da donne che piangevano e si lamentavano; erano le donne che avevano assistito Gesù nel suo ministero, che lo avevano seguito a Gerusalemme.<br /><br />– I suoi conoscenti stavano a distanza<br /><br />Dietro l’esempio del centurione e dei soldati romani, anche la folla mutò contegno. San Luca dice : <b>« Tutti i gruppi, che avevano assistito alla morte di Gesù, di fronte al grido del morente, al boato del terremoto, all’aprirsi delle voragini, allo squarciarsi della montagna, se ne tornarono percuotendosi il petto, ed esclamando: ” Veramente costui era figlio di Dio ” ».</b><br /><br />Morto Gesù, partiti i sinedriti, il popolo si sentì libero dalla paura: ebbe il coraggio di esprimere la sua simpatia e la sua venerazione verso il Martire divino. Quasi irrorato dal sangue di Lui, se ne tornò in città, raccontando ai familiari ciò che aveva visto e udito.<br /><br /> 3.5. La lanciata<br /><br />I giudei, preoccupati della grande giornata del domani (la Pasqua) chiesero a Pilato di spezzare le gambe ai crocifissi al fine di gettarli nella fossa prima del tramonto.<br /><br />Pilato non oppose difficoltà alla richiesta; inviò altri soldati, diversi da quelli che stavano di guardia alle croci, affinchè praticassero sui crocifissi il <b>« crurifragio »,</b> e quindi li deponessero dalle croci.<br /><br />I soldati, avendo trovato Gesù già morto,<b> « uno dei soldati, con la lancia, gli ferì il costato ed uscì subito sangue ed acqua ».</b><br /><br />Dunque i due ladroni sopravvissero a Gesù e furono uccisi col <b>« crurifragio ».<br /></b><br />3.6. La profezia adempiuta<br /><br />Senza volerlo, i sinedriti e i soldati adempirono due profezie riguardanti il Messia :<br /><br />1) la prima riguardava l’agnello pasquale, del quale gli ebrei non dovevano spezzare alcun osso, quando lo mangiavano nella cena di Pasqua. Ora Gesù Cristo, vera vittima redentrice, era adombrato dall’antico agnello pasquale .<br /><br />2) la seconda profezia era quella di Zaccaria il quale profeta scorgeva nel futuro la nazione giudaica fare cordoglio su un trafitto come si fa cordoglio per la morte dell’unigenito.<br /><br />3.8. Nome del lanciere<br /><br />Come si chiamava il soldato che trafisse il cuore di Gesù?<br /><br />Fu denominato, dalla tradizione cristiana, col nome di <b>« Longino ».</b><br /><br />La tradizione cristiana afferma che questo Longino si convertì alla religione cristiana; venne consacrato vescovo dagli apostoli; divenne martire di Cristo; la sua festa è celebrata il 15 marzo con messa e ufficio proprio. Nella basilica vaticana di san Pietro esiste una magnifica statua di san Longino.<br /><br />3.9. La ferita<br /><br />Quando la famiglia reclamava il cadavere del giustiziato, il carnefice doveva colpire il cadavere al cuore prima che il cadavere fosse ceduto, al fine di assicurarsi della sua morte. Questo colpo al cuore, diretto al lato destro del petto, era studiato e conosciuto bene nella scherma dell’esercito romano. Esso dava ogni sicurezza sulla morte reale del condannato. Perciò il colpo al cuore era il gesto regolamentare che si doveva compiere per poter de porre il corpo per la sepoltura. Quindi un gesto naturale e benevolo per preparare la deposizione, conforme al regolamento e non già un gesto di crudeltà.<br /><br /> 3.10. La piaga del cuore<br /><br />Dove si trova il cuore nel corpo umano?<br /><br />Il cuore occupa una posizione mediana ed anteriore e riposa sul diaframma, tra i due polmoni, dietro il piastrone sternocostale, nel mediastino anteriore. Solo la sua punta è net tamente a sinistra, mentre la base supera a destra lo sterno.<br /><br />In quale punto del costato fu inferto il colpo di lancia?<br /><br />Sul lato destro del cadavere. Il colpo raggiunse l’orecchietta destra del cuore, perforando il pericardio. La lancia scivolò sulla sesta costa, perforò il quinto spazio intercostale, penetrò in profondità, incontrando la pleura ed il polmone.<br /><br />Quali sono le proporzioni della ferita?<br /><br />Essa si estende in alto per una larghezza di almeno 6 centimetri, per una altezza di almeno 15 centimetri.<br /><br />3.11. L’uscita di sangue<br /><br />Come si spiega l’uscita del sangue dalla piaga del cuore di Gesù?<br /><br />In ogni cadavere, la parte del cuore, che supera a destra lo sterno, è l’orecchietta destra : essa è sempre piena di sangue.<br /><br />In Gesù Cristo il colpo di lancia aprì l’orecchietta destra del cuore ed il sangue uscì lungo la lama, attraverso la breccia aperta nel polmone. Pertanto il sangue uscito dalla piaga del costato di Gesù, proveniva dal suo cuore divino, e soltanto dal suo cuore.<br /><br /> 3.12. L’uscita dell’acqua<br /><br />Di dove venne l’acqua uscita dalla ferita del costato?<br /><br />In ogni cadavere, da poche ore morto, il pericardio contiene sempre una certa quantità di siero (idropericardio), sufficiente per essere visto uscire all’atto della incisione del fogliet to parietale. In alcuni casi, esso è anche molto abbondante.<br /><br />Se si immerge brutalmente il coltello, si vede uscire dalla piaga una larga colata di sangue, ma sui suoi bordi si può distinguere una quantità di siero del pericardio.<br /><br />Pertanto l’acqua uscita dalla ferita del costato di Gesù era liquido pericardio, in quantità abbondante, almeno sufficiente, da permet tere a san Giovanni (testimonio oculare) di vedere distintamente l’uscita di sangue e di acqua. Il siero non poteva essere per san Giovanni se non acqua, di cui ha l’apparenza. <br /><br />3.13. Dichiarazione<br /><br />Le notizie riportate in questo punto III sono prese dall’opera del dottor Pierre Barbet, il quale le ha potute ricavare dall’esame scientifico della santa sindone di Torino e attraverso le esperienze da lui eseguite su persone morte da poco. Si tratta quindi di affermazioni scientificamente sicure.<br /><br />Le medesime affermazioni sono state fatte da altri eminenti scienziati, quali il professor Judica-Cordiglia, il dottor Hynek, e altri.<br /><br />4. Commento dei santi padri<br /><br />Riporto alcuni commenti dei santi padri riguardanti questa lettura.<br /><br />4.1. Il centurione e i suoi soldati<br /><br />San Leone Magno: <b>« Quanto è bello vedere che, mentre i giudei — adoratori del vero Dio, illuminati nella scienza divina — si ostinavano a negare la divinità del Messia loro promesso, da loro tanto aspettato, per loro particolarmente venuto, insultavano e bestemmiavano Iddio, loro salvatore, i soldati romani, idolatri, pieni di errori, colmi di vizi, ignoranti del vero Dio, si convenivano, riconoscevano e glorifica vano questo Dio vero e confessavano il mistero del suo unico Figlio ».</b><br /><br />San Beda: <b>« Ecco qui le primizie e il saggio dell’umiltà, della docilità, della prontezza dei popoli gentili nell’ascoltare la predicazione evangelica, nel riconoscere e nel confessare Gesù Cristo. Ecco una bella profezia che la vera fede passerà dalla sinagoga alla Chiesa cattolica, da Gerusalemme a Roma. Roma confesserà Gesù Cristo figlio di Dio. O Roma, tu prendesti fin d’allora il possesso di questa fede ».</b><br /><br />Padre Ventura: <b>« Roma cominciò sullo stesso Calvario ad esercitare la missione di predicare la fede in Cristo, poiché la moltitudine dei giudei che si trovavano sul Calvario, tratti dall’esempio del centurione e dei soldati romani, riconobbe e confessò la divinità di Gesù Cristo ».</b><br /><br />4.2. Il crurifragio<br /><br />San Giovanni Crisostomo: <b>« I giudei, non contenti di aver disonorato il Salvatore divino, facendolo crocifiggere in mezzo a due ladroni, vollero disonorarlo ancora nel farlo morire con l’orribile tormento della frattura delle gambe. Ma Dio disperse il loro malvagio desiderio, poiché non permise che fossero rotte le gambe al suo divin Figlio, ma che gli fosse prati cata una ferita nuova, quale compimento di grandi e teneri misteri ».</b><br /><br />Cornelio A Lapide: <b>« La premura degli ebrei a levar presto dalla croce Gesù Cristo, non fu scrupolo di religione, ma timore, vergogna, rimorso, paura ».</b><br /><br /> 4.3. La piaga del cuore<br /><br />San Giovanni Crisostomo: <b>« Oh tratto ammirabile della provvidenza divina! Gli ebrei operarono con animo maligno e perverso, ma essi, senza accorgersene, servirono alla verità e cooperarono al compimento di un grande disegno di Dio. Una forza invisibile arrestò le mani che volevano rompere le ossa del Signore; diresse il braccio che lo trafìsse; guidò la punta della lancia in quella parte in cui era il cuore; ne fece scaturire sangue ed acqua, affinchè l’uno e l’altra servissero al compimento di amore e di consolazione. Da quella ferita, da quel sangue e da quell’acqua nacquero la Chiesa di Gesù, la sua sposa, i suoi figli».</b><br /><br />Teofilatto: <b>« Per fare cosa gradita ai giudei, il soldato trafisse il cuore a Gesù. Ma mentre essi intendevano fare onta al corpo di Cristo, lo onorarono, cambiando l’onta in un prodigio mistico».</b><br /><br />Sant’Agostino: <b>« Èva, che fu formata dalla costala di Adamo dormiente, era figura della Chiesa, la quale nacque dal costato di Gesù già morto».</b><br /><br />San Giovanni Crisostomo ed altri santi padri:<br /><br /><b>« La Chiesa si forma e si mantiene coi santi sacramenti: nasce col battesimo, si corrobora con la cresima, si alimenta con l’eucaristia, si risana con la confessione, si fortifica con l’estrema unzione, si governa con l’ordine, si propaga col matrimonio. Ora questi sacramenti, i quali formano l’esistenza, la durata, la forza, la santità e la gloria della Chiesa, uscirono dalla ferita del sacro costato di Gesù, dalla piaga del suo cuore sacratissimo ».</b><br /><br />San Cipriano: <b>« Possiamo dire veramente che il sangue e l’acqua che uscirono dal cuore di Gesù, furono tutti i sacramenti, i quali, una volta stabiliti, sarebbero sempre durati a fecondare la Chiesa universale, assicurandone l’esistenza e la perpetuità ».</b><br /><br /> 4. Non gli spezzarono le ossa<br /><br />Sant’Agostino: <b>« Gran mistero dell’integrità delle ossa del Salvatore! Invano i soldati sì presentano dinanzi alla croce col disegno di fare a Gesù quello che hanno fatto ai due ladri. Una forza irresistibile lì arresta, una voce intcriore li avverte, un comando autorevole li obbliga a sospendere l’opera, a mutare disegno: invece di spezzare le gambe, aprono una ferita nel cuore del Signore. Chi poteva disporre così bene ciò che deve fare, come lo dispose Gesù crocifisso? » .</b><br /><br />5. Conclusione<br /><br />Quale la conclusione? È duplice. <br /><br />5.1. Grande fiducia in Gesù Cristo<br /><br />Gesù volle avere ferito il suo cuore, per dimostrare l’amore verso di noi che lo consuma. Dunque andiamo a lui fiduciosi : vi saremo ricevuti a braccia aperte. Imitiamo la Maddalena, Pietro, la Samaritana, il buon ladrone. Come furono accolti essi, saremo accolti anche noi. Andiamovi con spirito di umiltà e di illimitata confidenza.<br /><br />5.2. Noi siamo membra di Gesù Cristo<br /><br />Membra del suo corpo, di cui egli è il<b> « Capo supremo »,</b> stiamogli uniti con la santità della vita, con l’integrità dei costumi, con la mortificazione dei nostri sensi.<br /><br />Applichiamo a noi le raccomandazioni che san Paolo apostolo faceva ai Corinti : </i></span><div><span style="font-family: verdana;"><i><b>« Procurate di mortificare, di contenere le vostre voglie, in modo che nel vostro corpo mortale non venga a regnare l’immodestia, l’intemperanza, la lascivia, né alcuna specie di peccato, ma la purità, la modestia, il candore, la mortificazione di Gesù Cristo, affinchè tutti vedano che noi siamo veramente cristiani; che la vita di Gesù Cristo si manifesta in noi, e portando in noi Gesù Cristo, veniamo a glorificare il Dio che ci ha santificati e redenti ».</b><br /></i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmfldKQKau9h_TXNi5dI-AtNtj0LrwFrJ2pK0gGb_S1mbzWAywAiOzKEYmRfpZK8fwnrt1jUBHoyR9IZmJSTAwTpRdkkihaqIgpw_XZr93yiSWh52wLx-Ct6qvNESG3bnefdLICa0dGvYtCFRpnbcTQvBODLAaVh1D6O3bp43EiQImFcevBvEFJB8juMAO/s612/istockphoto-1009620408-612x612.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="408" data-original-width="612" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmfldKQKau9h_TXNi5dI-AtNtj0LrwFrJ2pK0gGb_S1mbzWAywAiOzKEYmRfpZK8fwnrt1jUBHoyR9IZmJSTAwTpRdkkihaqIgpw_XZr93yiSWh52wLx-Ct6qvNESG3bnefdLICa0dGvYtCFRpnbcTQvBODLAaVh1D6O3bp43EiQImFcevBvEFJB8juMAO/s320/istockphoto-1009620408-612x612.jpg" width="320" /></a></div><br /></span><br /> </div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-79537435344363092322024-03-23T00:00:00.001+01:002024-03-23T00:00:00.264+01:00MEDITAZIONE PER SABATO DI PASSIONE.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieIxEJlmDdPT-6phCAhwSw2psj7tcjV10Ciwd6gUYqp7cOCSZfprEwlLWiSpunzFcS672u5zXbl5lP3ajt3GV1znp6p-dtVK3eZrc6PINFjHsMNzWK2cKiuuMpuORcpBKHJr5ehFgUgeqiUgPSJGW6vo885pLHY-rKZ7w91amO4m3bjBc0HgCyQnd_cy8I/s489/1677660307434_M4_height.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="489" data-original-width="298" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieIxEJlmDdPT-6phCAhwSw2psj7tcjV10Ciwd6gUYqp7cOCSZfprEwlLWiSpunzFcS672u5zXbl5lP3ajt3GV1znp6p-dtVK3eZrc6PINFjHsMNzWK2cKiuuMpuORcpBKHJr5ehFgUgeqiUgPSJGW6vo885pLHY-rKZ7w91amO4m3bjBc0HgCyQnd_cy8I/s320/1677660307434_M4_height.jpg" width="195" /></a></div><br />Della crocifissione e morte di Gesù Cristo. I. Eccoci al Calvario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio muore per noi in un mar di dolori. Giunto ivi Gesù, gli strappano con violenza le vesti attaccate alle sue lacere carni e lo gittano sulla croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di morte, presenta le mani ai carnefici e presenta all'Eterno Padre il gran sagrificio della sua vita per la salute degli uomini. Ecco già l'inchiodano e l'alzano in croce. Mira, anima mia, il tuo Signore che appeso a tre uncini di ferro pende da quel legno dove non trova sito né riposo. Ora s'appoggia sulle mani, ora sui piedi; ma dove s'appoggia, cresce il dolore. Ah Gesù mio, e qual morte amara è questa che fate! Io vedo scritto sulla croce; Iesus Nazarenus rex Iudaeorum (Io. XIX, 19); ma fuori di questo titolo di scherno, quale contrassegno voi dimostrate di re? Ah che questo trono di pene, queste mani inchiodate, questo capo trafitto, queste carni lacerate ben vi fanno conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque intenerito a baciare questi piedi impiagati. Mi abbraccio a questa croce, dove, fatto voi vittima d'amore, voleste morire sagrificato per me. Ah Gesù mio, che ne sarebbe di me, se voi non aveste per me soddisfatta la divina giustizia? Vi ringrazio e v'amo. II. Stando sulla croce Gesù non ha chi lo consoli. Di coloro che gli stanno d'intorno, chi lo bestemmia, chi lo deride, chi dice: Si Filius Dei es, descende de cruce; chi dice: Alios salvos fecit, se ipsum non potest salvum facere (Matth. XVII, 40, 42).1 Stavane bensì Maria sotto la croce, assistendo con amore al Figlio moribondo; ma la vista di questa madre addolorata non consolava Gesù ma più l'affliggeva, vedendo la pena ch'ella soffriva per suo amore. onde il Redentore si volta all'Eterno Padre, ma il Padre vedendolo coperto di tutti i peccati degli uomini, pei quali stava soddisfacendo: No, Figlio, disse, io non posso consolarti. Conviene che ancor io ti abbandoni alle pene e ti lasci morire senza conforto. E allora fu che Gesù esclamò: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). Ah Gesù mio, come vi miro addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione, in pensare che tanto patite per essere amato dagli uomini e che poi tanto pochi vi hanno da amare. o belle fiamme d'amore, voi che consumate la vita di un Dio, deh consumate in me tutti gli affetti di terra e fatemi ardere solo per quel Signore, che volle per amor mio lasciar la vita su di un patibolo infame. Ma voi, o Signore, come avete potuto morire per me prevedendo le ingiurie che poi v'ho fatte? Deh vendicatevi ora meco, datemi un tal dolor che mi faccia star sempre addolorato de' disgusti che v'ho dati. Venite flagelli, spine, chiodi e croce che tanto tormentaste il mio Signore; venite a ferirmi il cuore, e ricordatemi sempre l'amore ch'egli mi ha portato. Salvatemi, Gesù mio; e il salvarmi sia darmi la grazia di amarvi; l'amar voi è la salute mia. III. Il Redentore già prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Consummatum est (Io. XIX, 3O), come dicesse: Uomini, tutto è compito. è fatta la vostra Redenzione. Amatemi dunque, mentr'io non ho più che fare per farmi amare da voi. - Anima mia, su guarda il tuo Gesù che già sen muore. Mira quegli occhi oscurati, la faccia impallidita, il cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte; e mira quell'anima bella che già sta vicina a lasciare quel sacro corpo. S'oscura il cielo, trema la terra, s'aprono i sepolcri; segni che già sen muore il Fattore del mondo. Ecco alla fine come Gesù, dopo aver raccomandato al Padre l'anima sua benedetta, dando prima dall'afflitto Cuore un gran sospiro e chinando poi il capo in segno dell'offerta di sua vita che in quel punto rinnova per la nostra salute, finalmente per violenza del dolore spira e rende lo spirito in mano del suo diletto Padre: Clamans voce magna, emisit spiritum (Matth. XXVII, 50). Accostati su, anima mia, a quella croce. Abbracciati ai piedi del tuo morto Signore, e pensa ch'egli è morto per l'amore che ti ha portato. Ah Gesù mio, dove vi ha ridotto l'affetto verso degli uomini e specialmente verso di me! E chi più di me ha goduti i frutti della vostra morte? Deh fatemi voi capire qual amore sia stato l'essere un Dio morto per me, acciò da oggi avanti io non ami altro che voi. Io v'amo, o sommo bene, o vero amante dell'anima mia: nelle vostre mani ve la raccomando. Deh per li meriti della vostra morte fatemi morire a tutti gli amori terreni, acciocché io ami solo voi che solo meritate tutto il mio amore. Maria speranza mia, pregate Gesù per me. Viva Gesù nostro amore e Maria nostra speranza. __________________________________ 1 In edizioni posteriori, come quelle di Monza (Corbetta), di Venezia (Antonelli) e di Torino (Marietti), troviamo aggiunto: «e non riscuote compassione neppure da quelli stessi che gli sono compagni nel supplizio, unendosi anzi uno di essi cogli altri a bestemmiarlo: Unus autem de his qui pendebant, latronibus, blasphemabat eum. Luc. XXIII, 39». <p></p>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-39631286269563694432024-03-22T00:00:00.001+01:002024-03-22T00:00:00.243+01:00 MEDITAZIONE PER VENERDÌ DI PASSIONE .<span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEht68MESEdJ1HkbU6futSbLV-srRX-mlFvy8tPU7MOarPPESEa1T2T7iVnK3uABuhoieYk2F48P7LLoytIi3RQMIj4V-tS4Ur4sFOJOEFwMZI_qoonjiTYJdPV0F8jIvFSg63p4-fIfikvKlcFTeUNX_XyN1dE4Yr6Cx82mVdSPs6Z9CKxCh09cUPWXuo6f/s512/unnamed.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="284" data-original-width="512" height="178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEht68MESEdJ1HkbU6futSbLV-srRX-mlFvy8tPU7MOarPPESEa1T2T7iVnK3uABuhoieYk2F48P7LLoytIi3RQMIj4V-tS4Ur4sFOJOEFwMZI_qoonjiTYJdPV0F8jIvFSg63p4-fIfikvKlcFTeUNX_XyN1dE4Yr6Cx82mVdSPs6Z9CKxCh09cUPWXuo6f/s320/unnamed.jpg" width="320" /></a></div><br /><i><br />Della condanna di Gesù e viaggio al Calvario. I. Finalmente Pilato per timore di perdere la grazia di Cesare, dopo aver tante volte dichiarato Gesù innocente, lo condanna a morir crocifisso. o condannato mio Signore, piange S. Bernardo, e qual delitto avete voi commesso che abbiate ad esser giudicato alla morte? Quid fecisti, innocentissime Salvator, ut sic iudicareris? Ma ben intendo, ripiglia il santo, il peccato che voi avete fatto: Peccatum tuum est amor tuus:1 Il vostro delitto e il troppo amore che ci avete portato. Questo, più che Pilato, vi condanna alla morte. Si legge l'iniqua sentenza, Gesù l'ascolta e tutto rassegnato l'accetta sottomettendosi alla volontà dell'Eterno Padre che lo vuole morto e morto in croce per li peccati nostri: Humiliavit semet ipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philip. II, 8). Ah, Gesù mio, voi innocente accettaste la morte per amor mio; io peccatore accetto la morte per amor vostro quale e quando a voi piacerà di mandarmela. Letta la sentenza, afferrano con furia l'innocente Agnello, gli rimettono le sue vesti ed indi prendono due rozzi travi e ne compongono la croce. Non aspetta Gesù che gliela impongano, da sé l'abbracciai la bacia e se la pone sulle spalle impiagate dicendo: Vieni, mia cara croce, da trentatré anni ti vado cercando; in te voglio morire per amor delle mie pecorelle. --Ah Gesù mio, che potevate più fare per mettermi in necessità di amarvi? Se un mio servo solamente si fosse offerto a morire per me, pure avrebbe tirato il mio amore; e come poi io ho potuto vivere tanto tempo senz'amarvi, sapendo che siete morto per me? Voi siete morto per perdonarmi. V'amo, o sommo bene, e, perché v'amo, mi pento d'avervi offeso. II. Esce la giustizia coi condannati, e tra questi va ancora il re del cielo con la sua croce in spalla: Et baiulans sibi crucem, exivit in eum qui dicitur Calvariae locum (Io. XIX, 17). Uscite ancora voi dal paradiso, o Serafini, e venite ad accompagnare il vostro Signore, che va al monte per essere giustiziato. O spettacolo! Un Dio giustiziato per gli uomini! Anima mia, deh mira il tuo Salvatore, che va a morire per te. Miralo come va col capo curvo, colle ginocchia tremanti, tutto lacero di ferite e scorrendo sangue, con quel fascio di spine in testa e con quel pesante legno sulle spalle! oh Dio, cammina egli con tanta pena che par che ad ogni passo spiri l'anima. o Agnello di Dio, digli, dove vai? Vado, risponde, a morire per te. Quando mi vedrai già morto ricordati, dice, dell'amore che t'ho portato: ricordatene ed amami. --Ah mio Redentore, come ho potuto vivere per lo passato così scordato del vostro amore? o peccati miei, voi avete amareggiato il Cuore del mio Signore, Cuore che mi ha tanto amato. Gesù mio, mi pento del torto che vi ho fatto; vi ringrazio della pazienza ch'avete avuta con me e v'amo: v'amo con tutta l'anima e solo voi voglio amare. Deh ricordatemi sempre l'amore che mi avete portato, acciò io non mi scordi più di amarvi. III. Gesù Cristo sale il Calvario e c'invita a seguirlo. Si, mio Signore, voi innocente mi andate avanti colla vostra croce: camminate pure, ch'io non voglio lasciarvi. Datemi quella croce che volete, che io l'abbraccio, e con quella voglio seguirvi sino alla morte. Voglio morire insieme con voi che siete morto per me. Voi mi comandate ch'io v'ami, ed io non altro desidero che amarvi. Gesù mio, voi siete ed avete da essere sempre l'unico mio amore. Aiutatemi ad esservi fedele. </i></span><b><i><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></b><div><b><i><span style="font-family: verdana;">Maria, speranza mia,</span></i></b><b><i><span style="font-family: verdana;">Addolorata, Corredentrice, Mediatrice di tutte le grazie.</span></i></b><b><i><span style="font-family: verdana;"> pregate Gesù per me.</span></i></b></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-212817320474120802024-03-21T00:00:00.001+01:002024-03-21T00:00:00.315+01:00 MEDITAZIONE PER GIOVEDÌ DI PASSIONE. <div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAhHSuAcTBu7mKSaIo5LF-kY-fC_ZXvvBB8jvLSogX7wXP1Jvs8ykB7g67d1pCtlunD3BrgzV_ZMxoRFLraYV4oaBI22421wpDVHBF6z5GmpDM_bxoSVBRLgTw2mqXAxxicq-xYwWzXIIDB3aFbR5Kgx1lxmGoOEHUThD2vpSqAeXB_O5zRXAKYeHS8lOc/s690/annibale-carracci-cristo-incoronato-di-spine-large.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="504" data-original-width="690" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAhHSuAcTBu7mKSaIo5LF-kY-fC_ZXvvBB8jvLSogX7wXP1Jvs8ykB7g67d1pCtlunD3BrgzV_ZMxoRFLraYV4oaBI22421wpDVHBF6z5GmpDM_bxoSVBRLgTw2mqXAxxicq-xYwWzXIIDB3aFbR5Kgx1lxmGoOEHUThD2vpSqAeXB_O5zRXAKYeHS8lOc/s320/annibale-carracci-cristo-incoronato-di-spine-large.jpg" width="320" /></a></div><br /><i><br /></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i>Della coronazione di spine ed Ecce homo. I. Non contenti quei barbari ministri dell'orrenda carnificina fatta nel sacrosanto corpo di Gesù Cristo colla flagellazione, istigati dai demoni e da' Giudei, volendolo trattare da re di burla, gli pongono indosso uno straccio di veste rossa in segno di manto reale, una canna in mano in segno di scettro, ed un fascio di spine in capo intessute insieme in segno di corona; ed acciocché questa corona non solo gli fosse di ludibrio, ma anche di gran dolore, colla stessa canna, come dice S. Matteo c. XXVII. 3O, martellarono le spine, affinché entrassero dentro la testa. Sicché le spine, al dire di S. Pier Damiani, giunsero a penetrare anche le cervella;1 e tanta era la copia del sangue che scorreva dalle ferite che, secondo fu rivelato a S. Brigida, di sangue ne fu ripiena la barba, gli occhi e le chiome di Gesù Cristo.2 Questo tormento della coronazione fu troppo doloroso e fu anche più lungo, mentre le spine gli restarono fisse sino alla morte, sicché ogni volta che veniva toccata o la corona o la testa, sempre se ne rinnovava lo spasimo. Ah spine ingrate, che fate? Così voi tormentate il vostro Creatore? Ma che spine? Anima mia, tu fosti che co' tuoi mali consensi feristi il capo del tuo Signore. -- Caro mio Gesù, voi siete il re del cielo; ma ora siete divenuto re di vituperio e di dolori. Ecco dove v'ha condotto l'amore alle vostre pecorelle. o mio Dio, io v'amo: ma finché vivo sto in pericolo di lasciarvi e di negarvi il mio amore, come ho fatto per lo passato. Gesù mio, se mai vedete ch'io avessi da tornare ad offendervi, deh fatemi morire ora che spero di stare in grazia vostra. Deh non permettete ch'io vi perda più; io per le mie colpe ben meriterei questa disgrazia, ma non lo meritate voi. No, Gesù mio, Gesù mio, non vi voglio più perdere. II. Quella ciurma indegna dopo aver sì barbaramente coronato Gesù Cristo, se gl'inginocchiarono innanzi, e, deridendolo con salutarlo: Ave, rex Iudaeorum, gli sputavano in faccia e lo percotevano cogli schiaffi, e lo beffeggiavano con grida e risate di disprezzo: Et genu flexo ante eum, illudebant ei, dicentes: Ave, rex Iudaeorum. Et exspuentes in eum dabant ei alapas (Matth. XXVII, 29,30 et Io. XIX, 3).3 - Ah mio Signore, a che siete ridotto! oh Dio, se alcuno mai passato fosse per di là ed avesse veduto quell'uomo così difformato, coperto con quello straccio rosso, con quello scettro in mano, con quella corona in testa, e così deriso e maltrattato da quella gentaglia, per chi mai l'avrebbe stimato, se non per l'uomo più infame e scellerato del mondo? Eccovi dunque il Figlio di Dio divenuto il ludibrio di Gerusalemme. Ah Gesù mio, se miro al di fuori il vostro corpo, io non vedo altro che piaghe e sangue. Se entro nel vostro Cuore, io non trovo altro che amarezza ed angoscie che vi fanno patire agonie di morte. Ah Dio mio, e chi altro che una bontà infinita, qual siete voi, poteva umiliarsi a soffrir tanto per le sue creature? Ma perché siete Dio. amate da Dio. Queste piaghe che miro in voi, son tutti segni dell'amore che ci portate. oh se tutti gli uomini vi contemplassero nello stato in cui foste un giorno fatto spettacolo di dolore e di vituperio a tutta Gerusalemme, chi potrebbe mai non restar preso dal vostro amore? Signore, io v'amo e tutto a voi mi dono. Ecco il sangue, la vita, tutta ve l'offerisco. Eccomi pronto a patire e morire come a voi piace. E che mai posso negare a voi che non mi avete negato il sangue e la vita? Gradite il sagrificio che vi fa di se stesso un misero peccatore, che ora vi ama con tutto il cuore. III. Ricondotto che fu Gesù a Pilato. questi da una loggia lo dimostrò al popolo dicendo: Ecce homo (Io. XIX, 5); volendo dire: Ecco l'uomo che voi mi avete addotto accusandolo d'aver preteso di farsi re; ecco è finito questo timore; or che l'avete ridotto, come vedete, a questo stato in cui poco può restargli di vita, lasciatelo andare a morire in sua casa, non m'obbligate più a condannare un innocente. Ma i Giudei, più stizzati di prima, gridarono: sanguis eius super nos et super filios nostros (Matth. XXVII, 25). Ma siccome Pilato allora dalla loggia dimostrò Gesù al popolo, cosi anche l'Eterno Padre dal cielo presentava a noi il suo Figlio? dicendo parimente: Ecce homo. Ecco l'uomo, da me promesso per vostro Redentore e da voi tanto aspettato. Ecco l'uomo ch'è l'unico mio Figliuolo, amato da me quanto me stesso. Eccolo per amor vostro diventato l'uomo più addolorato e 'l più vilipeso fra tutti gli uomini. Deh, meditatelo ed amatelo. Ah mio Dio, si ch'io guardo il vostro Figlio e l'amo; ma guardatelo ancora voi, e, per lo merito de' suoi dolori e disprezzi, perdonatemi tutte le offese che vi ho fatte. sanguis eius super nos: il sangue di questo uomo, ch'è vostro Figlio, scenda sopra le anime nostre e ci ottenga la vostra misericordia. Mi pento, bontà infinita, d'avervi offeso, e v'amo con tutto il cuore. Ma voi sapete la mia debolezza; aiutatemi, Signore, abbiate pietà di me. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. __________________________________ 1 «Divinum illud caput, multiplici spinarum densitate densatum, usque ad cerebri teneritudinem confixum est, dum configitur spina.» S. PETRUS DAMIANUS, Sermo 47, De exaltatione sanctae Crucis. ML 144-763. 2 Dice S. Brigida, come vedremo, che la corona di spine fu tolta a Gesù dai manigoldi prima che lo stendessero sulla croce: poi gliela rimisero in capo. Parla la Santa di questa nuova incoronazione di spine: tanto vale per la prima. «Postea rapuerunt eum saevi tortores, et extenderunt in cruce... Aptaverunt coronam de spinis capiti eius, quae tam vehementer reverendum caput filii mei (parla la divina Madre) pupugit, ut ex sanguine fluente replerentur oculi eius, obstruerentur aures, et barba tota decurrente sanguine deturbaretur.» - Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 1, cap. 10. - « (Mater Dei loquitur:) Et tunc (cioé dopo la crocifissione) corona spinea capiti eius arctissime imposita fuit, quae ad medium frontis descendebat, plurimis rivis sanguinis ex aculeis infixis decurrentibus per faciem eius et crines, oculos et barbam replentibus, ut quasi nihil nisi sanguis totum videretur, nec ipse me adstantem cruci videre potuit, nisi sanguine expresso per ciliorum compressionem.» Idem opus, lib. 4, cap. 70. - «Coronam de spinis, quam deposuerant de capite eius cum crucifigeretur, iterum imposuerunt, et aptaverunt capiti suo sacratissimo, quae tam fortiter pupugit reverendum caput eius, quod oculi sui repleti fuerunt illico fluente sanguine. Aures quoque obstruebantur, et facies et barba quasi tegebantur, et intinctae erant illo roseo sanguine.» Idem opus, lib. 7, cap. 15. 3 Et genu flexo ante eum, illudebant ei, dicentes: Ave, rex Iudaeorum. Et exspuentes in eum, (acceperunt arundinem et percutiebant caput eius). Matt. XXVII, 29, 30. - Et veniebant ad eum, et dicebant: Ave, rex Iudaeo rum; et dabant ei alapas. Ioan. XIX, 3. </i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-39434640326927791532024-03-20T00:00:00.001+01:002024-03-20T00:00:00.241+01:00 MEDITAZIONE PER MERCOLEDÌ DI PASSIONE.<div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVXs2_1imVlAmyOPUXRARuKQ24omUT9IB-Q1S70Q9m_doUNC1HJaVZ4prh68bnyETPoLjO8exORx4kgCYXyJxLwhx96Ifh7oeSjQirZAVOSL7LFiElyR4bXnY-E1gJpbUauMIbN1fYKz5EZ4P03-_HqnChXTrx6JKN8Y2LTYxVczF3BhZ2yX762JeFnfs4/s851/la-passione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="560" data-original-width="851" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVXs2_1imVlAmyOPUXRARuKQ24omUT9IB-Q1S70Q9m_doUNC1HJaVZ4prh68bnyETPoLjO8exORx4kgCYXyJxLwhx96Ifh7oeSjQirZAVOSL7LFiElyR4bXnY-E1gJpbUauMIbN1fYKz5EZ4P03-_HqnChXTrx6JKN8Y2LTYxVczF3BhZ2yX762JeFnfs4/s320/la-passione.jpg" width="320" /></a></div><br /><i><br /></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i> Della flagellazione di Gesù Cristo. I. Vedendo Pilato che i Giudei non lasciavano di pretender la morte di Gesù, egli lo condannò a' flagelli: Tunc ergo apprehendit Pilatus Iesum et flagellavit (Io. XIX, 1). Stimò l'ingiusto giudice di quietare con ciò i suoi nemici, e così liberarlo dalla morte. Ma questo ritrovalo riuscì troppo doloroso per Gesù Cristo; mentre scorgendo i Giudei che Pilato dopo un tal supplizio volea liberarlo, come egli disse: Corripiam ergo illum et dimittam (Luc. XXIII, 22), essi corruppero i manigoldi, acciocché lo flagellassero a segno che in quel tormento vi lasciasse la vita. --Entra, anima mia, nel Pretorio di Pilato fatto un giorno orrendo teatro de' dolori e delle ignominie del Redentore; e vedi come Gesù ivi giunto da se stesso si spoglia delle sue vesti, come fu rivelato a S. Brigida,1 ed abbraccia la colonna, con dare un testimonio agli uomini delle sue pene e del suo amore. Guardalo come va l'innocente Agnello col capo dimesso, e tutto verecondo per lo rossore aspetta quel gran tormento. Ecco che quelli barbari, come cani arrabbiati, già se gli avventano sopra. Mira colà: chi gli percuote il petto e chi le spalle, chi li fianchi e chi l'altre parti del corpo; anche la sagra testa e la sua bella faccia non vanno esenti dalle percosse. Oimè! già corre quel sangue divino da ogni parte; già di sangue son pieni i flagelli e le mani de' carnefici, la colonna ed anche la terra. oh Dio, che non trovando i percussori parte più sana da ferire aggiungono piaghe a piaghe, e lacerano da per tutto quelle sacrosante carni: Et super dolorem vulnerum meorum addiderunt (Ps. LXVIII, 27). - O anima, come hai potuto offendere un Dio flagellato per te' ? E voi, Gesù mio, come avete potuto tanto patire per un ingrato? o piaghe di Gesù, voi siete la mia speranza. o Gesù mio, voi siete l'unico amore dell'anima mia. II. Troppo tormentosa fu questa flagellazione per Gesù Cristo, poiché i carnefici furono sessanta, come fu rivelato a S. Maria Maddalena de' Pazzi, gli uni sottentrando agli altri:2 gli strumenti scelti a quest'ufficio furono i più fieri, onde ogni colpo fe' piaga. Le battiture poi giunsero a più migliaia, sicché arrivarono a comparire scoperte anche l'ossa delle coste di nostro Signore, come fu rivelato a S. Brigida.3 Giunsero in somma a farne una tale strage che Pilato credette di muovere a compassione gli stessi suoi nemici, allorché loro lo mostrò sulla loggia, dicendo: Ecce Homo (Io. XIX, 5). E il profeta Isaia ben ci predisse lo stato compassionevole in cui doveva ridursi il Salvatore nella sua flagellazione, dicendo che la sua carne doveva essere tutta franta: Attritus est propter scelera nostra; e il suo benedetto corpo doveva diventare come un corpo di un lebbroso tutto piaghe: Et nos putavimus eum quasi leprosum (Is. LIII, 4). Ah mio Gesù, vi ringrazio di tanto amore. Mi dispiace che anch'io mi sono unito a flagellarvi. Maledico tutti i miei piaceri malvagi, che vi han costato tanta pena. Ricordatemi spesso, Signore, l'amore che mi avete portato, acciocché io v'ami e non v'offenda più. Deh, quale inferno a parte sarebbe per me, se dopo aver conosciuto l'amor vostro e dopo che voi tante volte m'avete perdonato, io misero di nuovo vi offendessi, e mi dannassi! Ah che questo amore e questa misericordia sarebbe nell'inferno un inferno per me più tormentoso. No, amor mio, non lo permettete. Io v'amo, o sommo bene, v'amo con tutto il cuore e voglio sempre amarvi. III. Per pagare dunque le nostre colpe, e specialmente d'impurità, volle Gesù patire questo gran tormento sulle sue carni innocenti: Ipse autem vulneratus est propter iniquitates nostras (Is. LIII, 5). Dunque, o Signore, noi abbiamo offeso Dio, e voi avete voluto pagare la pena? Sia sempre benedetta la vostra infinita carità. Che ne sarebbe di me, Gesù mio, se voi non aveste soddisfatto per me? oh non v'avessi mai offeso! Ma s'io peccando ho disprezzato il vostro amore, ora altro non desidero che amarvi ed esser amato da voi. Voi avete detto che amate chi v'ama: io v'amo sopra ogni cosa, v'amo con tutta l'anima mia: fatemi voi degno dell'amor vostro. Io spero che già mi abbiate perdonato, e al presente voi mi amiate per vostra bontà. - Ah caro mio Redentore, legatemi sempre più al vostro amore;4 non permettete ch'io mi divida più da voi. Eccomi tutto vostro; castigatemi come volete, ma non mi private del vostro amore. Fate ch'io v'ami e poi disponete di me come vi piace. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. __________________________________ 1 «Deinde, iubente lictore, seipsum vestibus exuit; columnam sponte amplectens, recte ligatur.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap. 70. (Verba Matris ad filiam, Passionem Filii sui benedicti per ordinem narrantis.) 2 «In questo mistero particolarmente della flagellazione, mostrò ella (la Santa) di partecipare così intensi affanni e tormenti, scontorcendosi talora nella persona e facendo altri atti di gran dolore, che altro non si sarebbe detto, se non che allora ella fosse stata crudelmente e veramente nel corpo flagellata. In questo tempo, disse solo queste parole: «O se voi vi mutaste così in convertirvi!» Voleva dire che se si fosser mutati que' ministri, che battevano Gesù, in convertirsi, siccome si scambiavano, quando erano stracchi, in flagellarlo, beati loro. In questo mentre intese, come ella disse poi, che trenta coppie di ministri, cioé 60 uomini, furono quelli che flagellarono Gesù alla colonna.» PUCCINI, Vita, Firenze, 1611, parte 6, cap. 2, pag. 532. 3 «(Loquitur Mater Dei:) Vidi corpus eius verberatum et flagellatum usque ad costas, ita ut costae eius viderentur.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 1, cap. 10. 4 Nell' Antonelli leggesi: «Stringetemi sempre più i</i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-20706582223937821042024-03-19T00:00:00.001+01:002024-03-19T00:00:00.357+01:00 MEDITAZIONE PER MARTEDÌ DI PASSIONE<span style="font-family: verdana;"><i> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5yx_mspA5RJsOx6x6ee3UuLP0UdbYWRiZmeXEuY0TAqGQ57KdWJrVWuNIIqg8buGu36Kv_k0U2jbkMEkjYMJduQ9JZuDeACGliBrR1ACBDWxonHbFMtzPKZNSjeCF8ohYzW2eRjxsgCT_6hnY0NBRAEsSz2__bnmOsqiYghaj6D8Q518peVZCxARprWt2/s460/santo-volto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="460" data-original-width="371" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5yx_mspA5RJsOx6x6ee3UuLP0UdbYWRiZmeXEuY0TAqGQ57KdWJrVWuNIIqg8buGu36Kv_k0U2jbkMEkjYMJduQ9JZuDeACGliBrR1ACBDWxonHbFMtzPKZNSjeCF8ohYzW2eRjxsgCT_6hnY0NBRAEsSz2__bnmOsqiYghaj6D8Q518peVZCxARprWt2/s320/santo-volto.jpg" width="258" /></a></div><br />Della carcerazione e condotta di Gesù a' giudici. I. Arriva Giuda nell'orto e, tradendo egli col bacio il suo maestro, si fanno sopra Gesù quegl'insolenti ministri e lo legano come un ribaldo: Comprehenderunt Iesum et ligaverun eum (lo. XVIII, 12).1 Un Dio legato! e perché? e da chi? dalle stesse sue creature. Angeli del cielo, che ne dite? E voi, Gesù mio, perché vi fate legare! O rex regum, piange S. Bernardo, quid tibi et vinculis?2 - Che han che fare le funi de' schiavi e de' rei col re de' regi e col santo de' santi? Ma se gli uomini ardiscono legarvi, voi che siete onnipotente, perché non vi sciogliete e vi liberate da' tormenti, che questi barbari vi apprestano? Ah che non sono già queste funi che vi stringono; l'amore verso di noi è quello che vi lega e vi condanna alla morte. Mira, o uomo, dice S. Bonaventura, come quei cani maltrattano Gesù: chi l'afferra, chi lo spinge, chi lo lega, chi lo percuote.3 E mira Gesù che quale agnello mansueto senza resistenza si fa condurre al sagrificio. E voi discepoli, che fate? perché non accorrete a torlo di mano ai suoi nemici? Almeno perché non lo accompagnate per difender la sua innocenza avanti ai giudici? Ma oh Dio, che ancora i discepoli al vederlo preso e legato se ne fuggono e l'abbandonano! Tunc discipuli eius relinquentes eum omnes fuqerunt (Marc. XIV, 50). oh Gesù mio abbandonato, chi mai prenderà le vostre difese, se i vostri più cari vi lasciano? Ma oimè che questa ingiuria non finì colla vostra Passione! Quante anime dopo essersi consegrate alla vostra sequela e dopo molte grazie speciali ricevute da voi, per qualche passione di vile interesse o di umano rispetto o di sozzo piacere vi abbandonano! Misero me, che di questi ingrati uno son io. Gesù mio perdonatemi ch'io non voglio più lasciarvi. Io v'amo e voglio prima perder la vita che perdere più la vostra grazia. II. Condotto che fu Gesù davanti a Caifas, fu da lui interrogato de' suoi discepoli e della sua dottrina. Gesù rispose ch'egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che quegli stessi che gli stavano d'intorno ben sapevano ciò che avea insegnato: Ego palam locutus sum... Ecce hi sciunt quae dixerim ego (Io. XVIII, 20, 21). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario. gli diede un'orribile guanciata con dirgli: Sic respondes pontifici (Ibid. 22).4 O pazienza del mio Signore! E come una risposta sì mansueta meritava un affronto sì grande alla presenza di tanta gente e dello stesso pontefice, il quale in vece di riprendere quell'insolente, col silenzio più presto l'applaudisce?- Ah Gesù mio, voi tutto soffriste per pagare gli affronti ch'io temerario vi ho fatti. Amor mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li meriti di Gesù. Mio Redentore, io v'amo più di me stesso. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò se veramente egli era il Figlio di Dio. Gesù per rispetto del divin nome affermò esser ciò vero; ed allora Caifas si lacerò le vesti, con dire che Gesù avea bestemmiato; e tutti gridarono ch'era degno di morte: At illi respondentes dixerunt: Reus est mortis (Matth. XXVI, 66). -- Sì, mio Salvatore, ben siete reo di morte, mentre vi siete obbligato a soddisfare per me che son reo di morte eterna. Ma giacché voi colla vostra morte mi avete acquistata la vita, è ragione che la vita mia io la spenda tutta per voi. Io v'amo e non altro desidero che amarvi. E mentre voi che siete il più grande di tutti i re, avete voluto per amor mio essere disprezzato più di tutti gli uomini, io per amor vostro voglio soffrire ogni affronto che mi sarà fatto. Deh! per lo merito de' vostri disprezzi datemi voi forza di sopportarli. III. Avendo il concilio de' sacerdoti dichiarato reo di morte Gesù Cristo, si pose quella canaglia a maltrattarlo per tutta la notte con schiaffi, calci e sputi, come uomo già dichiarato infame: Tunc exspuerunt in faciem eius et colaphis eum ceciderunt (Ibid. 67). Ed indi lo burlavano dicendo: Prophetiza nobis, Christe, quis est qui te percussit? (Ibid. 68).-- Ah mio caro Gesù, questi vi schiaffeggiano, vi sputano in faccia, e voi tacete, e come un agnello senza lamentarvi tutto soffrite e l'offerite per noi? Quasi agnus coram tondente se obmutescet, et non aperiet os suum (Is LIII, 7). Ma se questi non vi conoscono, io vi confesso per mio Dio e Signore, e intendo che quanto voi innocente patite, tutto lo patite per amor mio. Ve ne ringrazio, Gesù mio, e v'amo con tutto il cuore. Fatto giorno, condussero Gesù Cristo a Pilato per farlo condannare a morte. Pilato nondimeno lo dichiarò innocente: ma per liberarsi da' Giudei che seguivano a strepitare, lo mandò da Erode, il quale, desiderando di vedere qualche prodigio per mera sua curiosità, l'andò interrogando di varie cose. Ma Gesù, non meritando risposta quel malvagio, tacque e non gli rispose. onde il superbo gli fe' molti dispregi e specialmente lo fe' vestir da pazzo con una veste bianca.- O Sapienza eterna, o Gesù mio, quest'altra ingiuria vi mancava d'esser trattato da pazzo! o Dio, che ancor io per lo passato, come Erode, v'ho dispregiato! Deh non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi conobbe, io vi confesso per mio Dio; Erode non si pentì d'avervi ingiuriato, io me ne pento con tutto il cuore; Erode non v'amò, io v'amo sopra ogni cosa. Deh non mi negate le voci delle vostre ispirazioni! Ditemi quel che volete da me, ch'io colla vostra grazia tutto voglio fare. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. __________________________________ 1 Cohors ergo, et tribunus, et ministri Iudaeorum comprehenderunt Iesum et ligaverunt eum. Io. XVIII, 12. 2 «O Rex regum et Domine dominantium, quid tibi et vinculis?» Vitis mystica seu Tractatus de Passione Domini, cap. 4, n. 12. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-644. - «O Rex regum et Domine dominantium, quid tibi cum vinculis?» Idem opus, cap. 4, n. 1. Opera S. BONAVENTURAE, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 165. - Vedi Appendice, 2, 9°. 3 «Ipse Dominus noster super omnia benedictus Deus, ab hora qua de nocte captus est usque ad sextam crucifixionis suae horam, fuit in bello continuo, doloribus magnis, opprobriis, illusionibus et tormentis. Non enim sibi datur vel modica requies. Sed in quali erat bello et conflictu audi et vide. Alius ipsum dulcem et mitem et pium Iesum apprehendit, alius ligat, alius insurgit et alius exclamat, aius impellit, alius blasphemat, alius exspuit in eum et alius vexat, alius circumvolvit, alius interrogat, alius contra eum falsos testes inquirit et alius inquirentes associat, alius contra eum falsum testimonium dicit, aliusque accusat. (E dopo ricordati nella stessa maniera i tormenti che seguirono fino alla crocifissione, conchiude il pio autore): Vides ergo quomodo usque ad sextam horam passus est longum et durum bellum. Vere intraverunt aquae usque ad suam animam (Ps. 68), et cirucmdederunt eum canes multi (Ps. 21), terribiles, fortes et feroces, et consilium malignantium eum obsedit (Ps. 21)....» Meditationes vitae Christi, cap. 74. Inter Opera S. Bonaventurae, VI, Lugduni, 1668, p. 384. - Vedi Appendice, 2, 7°. 4 Unus assistens ministrorum dedit alapam Iesu, dicens: Sic respondes pontifixi? Io. XVIII, 22. MEDITAZIONE PEL MERCOLEDÌ. Della flagellazione di Gesù Cristo. I. Vedendo Pilato che i Giudei non lasciavano di pretender la morte di Gesù, egli lo condannò a' flagelli: Tunc ergo apprehendit Pilatus Iesum et flagellavit (Io. XIX, 1). Stimò l'ingiusto giudice di quietare con ciò i suoi nemici, e così liberarlo dalla morte. Ma questo ritrovalo riuscì troppo doloroso per Gesù Cristo; mentre scorgendo i Giudei che Pilato dopo un tal supplizio volea liberarlo, come egli disse: Corripiam ergo illum et dimittam (Luc. XXIII, 22), essi corruppero i manigoldi, acciocché lo flagellassero a segno che in quel tormento vi lasciasse la vita. --Entra, anima mia, nel Pretorio di Pilato fatto un giorno orrendo teatro de' dolori e delle ignominie del Redentore; e vedi come Gesù ivi giunto da se stesso si spoglia delle sue vesti, come fu rivelato a S. Brigida,1 ed abbraccia la colonna, con dare un testimonio agli uomini delle sue pene e del suo amore. Guardalo come va l'innocente Agnello col capo dimesso, e tutto verecondo per lo rossore aspetta quel gran tormento. Ecco che quelli barbari, come cani arrabbiati, già se gli avventano sopra. Mira colà: chi gli percuote il petto e chi le spalle, chi li fianchi e chi l'altre parti del corpo; anche la sagra testa e la sua bella faccia non vanno esenti dalle percosse. Oimè! già corre quel sangue divino da ogni parte; già di sangue son pieni i flagelli e le mani de' carnefici, la colonna ed anche la terra. oh Dio, che non trovando i percussori parte più sana da ferire aggiungono piaghe a piaghe, e lacerano da per tutto quelle sacrosante carni: Et super dolorem vulnerum meorum addiderunt (Ps. LXVIII, 27). - O anima, come hai potuto offendere un Dio flagellato per te' ? E voi, Gesù mio, come avete potuto tanto patire per un ingrato? o piaghe di Gesù, voi siete la mia speranza. o Gesù mio, voi siete l'unico amore dell'anima mia. II. Troppo tormentosa fu questa flagellazione per Gesù Cristo, poiché i carnefici furono sessanta, come fu rivelato a S. Maria Maddalena de' Pazzi, gli uni sottentrando agli altri:2 gli strumenti scelti a quest'ufficio furono i più fieri, onde ogni colpo fe' piaga. Le battiture poi giunsero a più migliaia, sicché arrivarono a comparire scoperte anche l'ossa delle coste di nostro Signore, come fu rivelato a S. Brigida.3 Giunsero in somma a farne una tale strage che Pilato credette di muovere a compassione gli stessi suoi nemici, allorché loro lo mostrò sulla loggia, dicendo: Ecce Homo (Io. XIX, 5). E il profeta Isaia ben ci predisse lo stato compassionevole in cui doveva ridursi il Salvatore nella sua flagellazione, dicendo che la sua carne doveva essere tutta franta: Attritus est propter scelera nostra; e il suo benedetto corpo doveva diventare come un corpo di un lebbroso tutto piaghe: Et nos putavimus eum quasi leprosum (Is. LIII, 4). Ah mio Gesù, vi ringrazio di tanto amore. Mi dispiace che anch'io mi sono unito a flagellarvi. Maledico tutti i miei piaceri malvagi, che vi han costato tanta pena. Ricordatemi spesso, Signore, l'amore che mi avete portato, acciocché io v'ami e non v'offenda più. Deh, quale inferno a parte sarebbe per me, se dopo aver conosciuto l'amor vostro e dopo che voi tante volte m'avete perdonato, io misero di nuovo vi offendessi, e mi dannassi! Ah che questo amore e questa misericordia sarebbe nell'inferno un inferno per me più tormentoso. No, amor mio, non lo permettete. Io v'amo, o sommo bene, v'amo con tutto il cuore e voglio sempre amarvi. </i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-29404174465433568832024-03-18T00:00:00.001+01:002024-03-18T00:00:00.308+01:00 MEDITAZIONE PER LUNEDÌ Di PASSIONE. <div><span style="font-family: verdana;"><i><br /></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinOvk6wOojqGmPd2tiTNl_h0XaZ7CK5ASu8gA1e95rk63HQ_0cgZPKS2piCaCz71567-w7VTYjPxwfvYnIVieDCDG6H76ENpybHoWTRosbwjrII4M1mt8n0UjsCmbz4kgYunqPiUs8NeZB18ofbdPdHvavxFsKHV9i9CuiDVH-MvhEdtIvmwPtarozPmiW/s1122/Christ_in_Gethsemane.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1122" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinOvk6wOojqGmPd2tiTNl_h0XaZ7CK5ASu8gA1e95rk63HQ_0cgZPKS2piCaCz71567-w7VTYjPxwfvYnIVieDCDG6H76ENpybHoWTRosbwjrII4M1mt8n0UjsCmbz4kgYunqPiUs8NeZB18ofbdPdHvavxFsKHV9i9CuiDVH-MvhEdtIvmwPtarozPmiW/s320/Christ_in_Gethsemane.jpg" width="228" /></a></div><br /><i><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i><br /></i></span></div>Del sudore di sangue ed agonia di Gesù nell'orto. I. Il nostro amante Redentore, venuta l'ora della sua morte, si portò nell'orto di Getsemani, in cui da se stesso diede principio alla sua amarissima Passione con dar licenza al timore, al tedio e alla mestizia, che venissero a tormentarlo: Coepit pavere, taedere et maestus esse (Marc. XIV, 33; Matth. XXVI, 37).1 Cominciò dunque a sentire un gran timore e tedio della morte e delle pene che doveano accompagnarla. Se gli rappresentarono allora i flagelli, le spine, i chiodi, la croce, e non già l'uno dopo l'altro, ma tutti insieme vennero ad affliggerlo, e specialmente se gli fece innanzi quella morte desolata, che dovea patire abbandonato da ogni conforto umano e divino. Sicché atterrito alla vista dell'orrido apparato di tanti strazi ed ignominie, prega l'Eterno Padre che ne lo liberi: Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste (Matth. XXVI, 29). Ma come? non era Gesù quegli che tanto avea desiderato di patire e morire per gli uomini, dicendo: Baptismo habeo baptizari, et quomodo coarctor usquedum perficiatur? (Luc. XII, 50). E come poi così teme queste pene e questa morte? Ah che ben egli volea morire per noi: ma acciocché non pensassimo ch'esso per virtù della sua divinità morisse senza pena, perciò fece quella preghiera al Padre, per farci conoscere che non solo moriva per nostro amore, ma moriva con una morte sì tormentosa, che grandemente lo spaventava. II. Si aggiunse allora a tormentare l'afflitto Signore una gran mestizia, ond'egli giunse a dire che quella bastava a dargli morte: Tristis est anima mea usque ad mortem (Matth. XXVI, 38). -- Ma, Signore, dalla morte che vi apparecchiano gli uomini, a voi sta liberarvene, se vi piace: perché tanto v'affliggete? --Ah che non tanto furono i tormenti della Passione, quanto i nostri peccati che così afflissero il Cuore del nostro amante Salvatore. Egli per togliere i peccati era venuto in terra; ma vedendo poi che con tutta la sua Passione, pure si avean a commettere tante scelleraggini nel mondo, questa fu la pena che prima di morire lo ridusse a morte e lo fe' sudare vivo sangue in tanta copia, che giunse a bagnare la terra: Et factus est sudor eius sicut guttae sanguinis decurrentis in terram (Luc. XXII, 44). Sì, perché Gesù allora vide innanzi tutt'i peccati che avean da fare gli uomini dopo la sua morte, tutti gli odi, disonestà, furti, bestemmie, sacrilegi, e ogni colpa venne allora colla sua malizia, come una fiera crudele, a lacerargli il Cuore. Ond'egli diceva allora: Questa dunque, o uomini, è la vostra ricompensa al mio amore? Ah s'io vi vedessi a me grati, oh come allegramente anderei ora a morire! ma il vedere, dopo tante mie pene, tanti peccati, dopo tanto mio amore, tanta ingratitudine; questo è quello che mi fa mesto fino alla morte, e mi fa sudar sangue. Dunque, amato mio Gesù, i peccati miei furono quelli che allora tanto vi afflissero. Se meno io avessi peccato, meno voi avreste patito. Quanto più di piacere io mi ho preso in offendervi, tanto più d'affanno io allora v'accrebbi. E come ora non muoio di dolore, pensando che ho pagato l'amor vostro con aggiungervi pena e mestizia? Io dunque ho afflitto quel Cuore che tanto mi ha amato! Colle creature io sono stato ben grato, con voi solo sono stato un ingrato. Gesù mio, perdonatemi, ch'io me ne pento con tutto il cuore. III. Vedendosi Gesù carico de' nostri peccati, procidit in faciem suam (Matth. XXVI, 39), si prostrò colla faccia a terra, come vergognandosi d'alzare gli occhi in cielo; e posto in agonia di morte pregò lungamente: Factus in agonia, prolixius orabat (Luc. XXII, 43). Allora, Signor mio, voi pregaste per me l'Eterno Padre che mi perdonasse offerendovi a morire in soddisfazione delle mie colpe. Anima mia, come non ti arrendi a tanto amore? Come ciò credendo puoi amare altri che Gesù? Su via, buttati a' piedi del tuo agonizzante Signore e digli: Caro mio Redentore, e come avete potuto amare chi tanto vi ha offeso? Come avete potuto soffrire la morte per me, vedendo l'ingratitudine mia? Deh fatemi parte di quel dolore che sentiste nell'orto pe' peccati miei. Ora io gli abborrisco ed unisco questo mio abborrimento a quello che allora ne aveste voi. O amore del mio Gesù, tu sei l'amor mio. Signore, io v'amo, io v'amo, io v'amo, e per amor vostro mi offerisco a patire ogni pena, ogni morte. Deh, per li meriti dell'agonia che soffriste nell'orto, datemi la santa perseveranza. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. </i></span><div><span style="font-family: verdana;"><i>1 Coepit pavere et taedere. Marc. XIV, 33. - Coepit contristari et maestus esse. Matt. XXVI, 37. </i></span></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-4147684637920107462024-03-17T00:00:00.020+01:002024-03-17T00:00:00.182+01:00Prima settimana di Passione Domenica<span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHOBVLB_OM6QlXRd8zsg_nLJmQwL7Vb8jKlVMO7eFVMz7Af0kAlABJllsTRk1pn4AnDmeBjh8xjt0aG9vPqTZdC3XUIObpRUI-C8IWpL-AtmHqJ8x4ZLbbPHhYKIPQv_MmaZgjspMRWvyT3xN3tmJLTTS18oEK-JpxWQ2yB30TXwkgbNKts2H9-_Pt2DJO/s640/FB_IMG_1584950143716.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="289" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHOBVLB_OM6QlXRd8zsg_nLJmQwL7Vb8jKlVMO7eFVMz7Af0kAlABJllsTRk1pn4AnDmeBjh8xjt0aG9vPqTZdC3XUIObpRUI-C8IWpL-AtmHqJ8x4ZLbbPHhYKIPQv_MmaZgjspMRWvyT3xN3tmJLTTS18oEK-JpxWQ2yB30TXwkgbNKts2H9-_Pt2DJO/w235-h289/FB_IMG_1584950143716.jpg" width="235" /></a></div><br /><i><br /><br /><b>S. Alfonso Maria de Liguori Meditazioni sulla Passione di Gesù Cristo per ciascun giorno della settimana <span style="color: #800180;"><br /><br /></span></b></i></span><b><i><span style="color: #800180; font-family: verdana;">MEDITAZIONE PER LA DOMENICA.</span></i></b><span style="font-family: verdana;"><i><br /><br />Dell'amore di Gesù in patire per noi. I. Il tempo1 dopo la venuta di Gesù Cristo non è più tempo di timore, ma tempo d'amore, come predisse il profeta: Tempus tuum, tempus amantium (Ezech. XVI, 8),2 poiché si è veduto un Dio morire per noi: Christus dilexit nos, et tradidit semet ipsum pro nobis (Eph. V, 2). Nell'antica legge, prima che il Verbo s'incarnasse, potea l'uomo dubitare se Dio l'amasse con tenero amore, ma dopo averlo veduto morire dissanguato3 e vilipeso su d'un patibolo infame, non possiamo più dubitare ch'egli ci ami con tutta la tenerezza. E chi mai potrà arrivare a comprendere qual eccesso d'amore sia stato mai questo del Figlio di Dio, di voler egli pagar la pena de' peccati nostri? Eppure ciò è di fede: Vere languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit (Is. LIII, 4).4 Tutta e stata opera del grande amore che ci porta: Dilexit nos, et lavit nos in sanguine suo (Apoc. I, 5).5 Per lavarci dalle sozzure delle nostre colpe volle egli essere svenato, e col suo sangue farci un bagno di salute. Oh misericordia infinita! Oh bontà infinità! Oh amore infinito di Dio! Ah mio Redentore, troppo mi avete obbligato ad amarvi: troppo vi sarei ingrato, se non vi amassi con tutto il cuore. Gesù mio, io vi ho disprezzato. perché son vivuto scordato del vostro amore: ma voi non vi siete scordato di me. Io vi ho voltato le spalle, e voi mi siete venuto appresso; io v'ho offeso e voi mi avete invitato al perdono e mi avete perdonato; io v'ho tornato ad offendervi, e voi siete tornato a perdonarmi. Deh Signore, per quell'affetto con cui mi amaste sulla croce, legatemi ora a voi colle catene del vostro santo amore: ma legatemi tanto ch'io non abbia più a vedermi separato da voi. V'amo, o sommo bene, e voglio sempre amarvi.6 II. Quello che più deve infiammarci ad amar Gesù Cristo non è tanto la morte, i dolori e le ignominie sofferte per noi, quanto il fine ch'egli ha avuto in patir tante pelle per noi, cioè per dimostrarci il suo amore e per guadagnarsi i nostri cuori: In hoc cognovimus caritatem Dei, quoniam ille animam suam pro nobis posuit (I Io. III, 16). Non era già necessario per salvarci che Gesù patisse tanto e morisse per noi; bastava che spargesse una sola goccia di sangue, una lagrima per la nostra salute; questa goccia o lagrima di un uomo Dio era bastante a salvar mille mondi; ma egli ha voluto spargere tutto il sangue, ha voluto lasciar la vita in un mare di dolori e di disprezzi per farc'intendere l'amore grande che ha per noi e per obbligarci ad amarlo: Caritas... Christi urget nos, dice S. Paolo (II Cor. V, 14); non dice la Passione, la morte, ma l'amore di Gesù Cristo ci sforza ad amarlo. E chi eravamo noi, o Signore, che a tanto caro prezzo abbiate voluto acquistarvi il nostro amore? Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est (Ibid. 15). Voi dunque. Gesù mio, siete morto per noi, affinché tutti vivessimo solo a voi ed al vostro amore. Ma povero mio Signore, permettetemi che cosi vi chiami, voi siete così amabile, voi avete tanto patito per esser amato dagli uomini; ma quanti sono poi quelli che v'amano? Vedo quasi tutti applicati ad amare chi le ricchezze, chi gli onori, chi li piaceri, chi li parenti, chi gli amici, chi anche le bestie; ma quanti son coloro che amano veramente voi, amabile infinito? Oh Dio son troppo pochi! Ma tra questi pochi voglio essere anch'io, che un tempo pure vi ho offeso con amare il fango; ma ora io vi amo sopra ogni bene. Oh Gesù mio, le pene che avete sofferte per me troppo mi obbligano ad amarvi; ma quello che più mi stringe e m'innamora di voi è l'intendere l'amore che mi avete dimostrato con tanto patire per essere amato da me. Amato mio Signore, voi per amore vi siete dato tutto a me, io per amore mi do tutto a voi. Voi per amor mio siete morto, io per amor vostro voglio morire, quando e come vi piace. Accettatemi ad amarvi e aiutatemi colla vostra grazia.7 III. Non v'è mezzo che possa maggiormente accenderci del divino amore, quanto il considerar la Passione di Gesù Cristo. Dice S. Bonaventura che le piaghe di Gesù Cristo, per esser piaghe d'amore, son dardi che feriscono i cuori più duri, e fiamme che accendono le anime più gelate: O vulnera corda saxa vulnerantia et mentes congelatas inflammantia!8 Un'anima che crede e pensa alla Passione del Signore, è impossibile che l'offenda e che non l'ami, anzi non impazzisca d'amore, vedendo un Dio quasi impazzito per amor nostro: Vidimus Sapientiam amoris nimietate infatuatam (S. Laur. Iustin.).9 Quindi dice l'Apostolo che i Gentili, in sentir predicare la Passione di Gesù crocifisso, la credevano una pazzia: Praedicamus Christum crucifixum, Iudaeis quidem scandalum, Gentibus autem stultitiam (I Cor. I, 23). E com'è possibile, essi diceano, che un Dio onnipotente e felicissimo qual è, abbia voluto morire per le sue creature? Ah Dio innamorato degli uomini, e com'è possibile, diciamo noi che ci crediamo, che una tanta bontà ed un tanto amore resti dagli uomini così mal corrisposto? Suol dirsi che amor con amor si paga: ma il vostro amore con quale amore potrà mai pagarsi? bisognerebbe che un altro Dio morisse per voi per compensare l'amore che ci avete portato in morire per noi. O croce, o piaghe, o morte di Gesù, voi troppo mi stringete ad amarlo. O Dio eterno, o amabile infinito, io v'amo e voglio vivere solo per voi, solo per darvi gusto. Ditemi quel che da me volete, ché io tutto lo voglio fare. Maria speranza mia, pregate Gesù per me. </i></span><div><span style="font-family: verdana;"><i><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>1 In diverse edizioni antiche, i tre punti di ogni meditazione cominciano sempre con le parole Considera, come... 2 Et ecce tempus tuum, tempus amantium. Ezech. XVI, 8. 3 L' edizione di Napoli. 1843 (Gabinetto Letterario), e alcuni altri libretti di Massime eterne, senza data, ma molto probabilmente della seconda metà del '700 hanno lacerato. 4 Alcune edizioni postume, Monza (Corbetta), 1832, Venezia (Antonelli), 1836, Torino (Marietti), 1845, hanno aggiunto: Vulneratus est propter iniquitates nostras, attritus est propter scelera nostra. Is. LIII, 5. 5 Dilexit nos, et lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo. Apoc. I, 5. 6 Alcune edizioni antiche, senza data, hanno aggiunto: e sempre vi amerò: altre postume (Corbetta, Antonelli, Marietti): in avvenire. 7 Le edizioni postume sono variamente discordanti riguardo a quest' ultimo periodo. 8 Stimulus amoris, pars 1, cap. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, VII, Lugduni, 1668, pag. 194. - Vedi Appendice, 2, 5°. 9 «Adeamus... ad diversorium humanitatis eius (nempe ad specum Bethleemiticum).... Ibi namque agnoscemus exinanitam maiestatem, Verbum abbreviatum, solem carnis nube obtectum, et sapientiam amoris nimietate infatuatam.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in festo Nativitatis Domini. Opera, Lugduni, 1628, pag. 394, col. 2. </i></span></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-14309379984630868552024-03-15T18:58:00.003+01:002024-03-15T19:02:56.215+01:00Il Sacro Manto a San Giuseppe: in preparazione alla Solennità<div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><b><i><br /></i></b></span></div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2-3rR1mz3E0X5U6bpQ66koE9CB-v8tp1y6IxAwIS6Khf8h2GLYItD2pP6zhI7P7mVy2g897CPpZenw0lNCbBApabHnk9i2vO9LkuLNDl7zD1G0whfresIwrug2gUyfub3LKlEoy1mh3w1mkMaPz6RzDHFpIXdWATFC6hEQEXbbaytSuifMGz_CJoNCRcz/s650/san-giuseppe-sacro-manto.jpg"><span style="font-family: verdana;"><b><i><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2-3rR1mz3E0X5U6bpQ66koE9CB-v8tp1y6IxAwIS6Khf8h2GLYItD2pP6zhI7P7mVy2g897CPpZenw0lNCbBApabHnk9i2vO9LkuLNDl7zD1G0whfresIwrug2gUyfub3LKlEoy1mh3w1mkMaPz6RzDHFpIXdWATFC6hEQEXbbaytSuifMGz_CJoNCRcz/s320/san-giuseppe-sacro-manto.jpg" /></i></b></span></a></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><b><i>"Opera Familia Christi "</i></b></span></div><div><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;">Nel mese di marzo, la Chiesa ci ricorda la devozione e la festa di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e padre putativo di Nostro Signore Gesù Cristo. Noi dell’Opera Familia Christi, in preparazione alla festa di questo grande Santo, desideriamo proporre a tutti i nostri membri ed amici la pratica del “Sacro Manto a San Giuseppe“.<br /><br />Molte sono le pratiche di preghiere che la tradizione popolare ha portato avanti nei secoli rivolgendole al grande Santo che tante grazie è solito fare ai suoi più devoti. Le tracce più grandi della devozione e la fiducia illimitata nelle sue grazie ci arrivando dai santi più grandi di ogni epoca: Santa Teresa di Gesù, riguardo alle grazie ottenute da San Giuseppe, affermò: “Qualunque grazia si domanda a San Giuseppe sarà certamente concessa”, San Giovanni Bosco intitolò la sua Congregazione a san Francesco di Sales e, nello scrivere le regole, designò san Giuseppe come compatrono, San Pio da Pietrelcina come sua personale devozione recitava novene a San Giuseppe, San Bernardino da Siena scrisse: «di certo Gesù non nega in Cielo a San Giuseppe quella familiarità, riverenza e sublimissima dignità, che gli ha prestato in terra come figlio e padre».<br /><br />Ricordiamo inoltre, Papa Leone XIII che, il 15 agosto 1889, nella parte finale della sua Enciclica “Quamquam pluries”, scriveva: “Esiste un’usanza salutare e quanto mai lodevole, praticata già in diversi luoghi: quella di consacrare il mese di marzo a onorare il Santo Patriarca Giuseppe con delle pratiche di pietà quotidiane – e ancora – Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la Beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, Egli si avvicinò quanto nessun altro mai.»<br /><br />Il Sacro Manto a San Giuseppe, di cui vi proponiamo il sussidio spirituale per poterla praticare quotidianamente, è un florilegio di preghiere tese ad onorare San Giuseppe e volte metterci sotto il Manto della Sua protezione. Il Sacro Manto va recitato per trenta giorni consecutivi, la tradione popolare lega infatti questa pratica al ricordo dei 30 anni che San Giuseppe trascorse accanto a Gesù.<br />Scarica la devozione: <a href="http://www.familiachristi.org/wp-content/uploads/2016/02/Sacro-Manto-a-San-Giuseppe.pdf">Sacro Manto a San Giuseppe</a></span><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg34QROSRKOtm1AFVUOveFYyhsXHgmgL1lqWj4nUZQIeewQwPBgWdPGxQPeP40SU-Q-xeX9bCIVkyG_i8Q4moZion4Rfp8MllGTqYsB3YMscGfDNn2wIF5DT_q4cUrIDdwWvKtA2AsPQOXvM6uc64o7hyphenhyphenzMZyvR2vlTcDqwVOvYcAK_zf3RNOOxU6nBzbcy/s650/san-giuseppe-sacro-manto.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="650" data-original-width="518" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg34QROSRKOtm1AFVUOveFYyhsXHgmgL1lqWj4nUZQIeewQwPBgWdPGxQPeP40SU-Q-xeX9bCIVkyG_i8Q4moZion4Rfp8MllGTqYsB3YMscGfDNn2wIF5DT_q4cUrIDdwWvKtA2AsPQOXvM6uc64o7hyphenhyphenzMZyvR2vlTcDqwVOvYcAK_zf3RNOOxU6nBzbcy/s320/san-giuseppe-sacro-manto.jpg" width="255" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /><br /><br /></span></div></div></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-32684196603304216472024-03-13T19:42:00.000+01:002024-03-13T19:42:32.935+01:00La Chiesa copta e l'intera ortodossia interrompono il dialogo teologico con La Santa Sede a causa di “ Fiducia Supplicans"<p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUKTpnc8HFgPwv62lITis9obhT_uzDqT3He7Bc6F9l1EZQFtqQamNZWFSZkXGA8C8fYXTUzdK46PPOH3QlwWIvlVfnqX5KFNowwNbO7U4t_sibRNPr1mu3gjOMd6xerTUjk7Hzl92NB2jyplrHxwjA9zMVW_-8HcoxBZhaNMAQ_CgMs_kVQt9d59q1xC8-/s800/Tawadros-II-Papa-dAlessandria-e-Patriarca-della-Sede-di-San-Marco-capo-della-Chiesa-ortodossa-copta.jpg.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUKTpnc8HFgPwv62lITis9obhT_uzDqT3He7Bc6F9l1EZQFtqQamNZWFSZkXGA8C8fYXTUzdK46PPOH3QlwWIvlVfnqX5KFNowwNbO7U4t_sibRNPr1mu3gjOMd6xerTUjk7Hzl92NB2jyplrHxwjA9zMVW_-8HcoxBZhaNMAQ_CgMs_kVQt9d59q1xC8-/s320/Tawadros-II-Papa-dAlessandria-e-Patriarca-della-Sede-di-San-Marco-capo-della-Chiesa-ortodossa-copta.jpg.webp" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><span style="font-family: verdana;"><i><b>“Dopo una consultazione con le chiese sorelle della famiglia ortodossa orientale, è stato deciso di sospendere il dialogo teologico con la Chiesa cattolica, di rivalutare i risultati che il dialogo ha raggiunto dal suo inizio vent’anni fa e di stabilire nuove regole e meccanismi per il proseguimento del dialogo”. </b></i></span><p></p><i><span style="font-family: verdana;">Così la Chiesa copto-ortodossa ha interrotto giovedì lo scambio teologico dei suoi specialisti con Roma, in quella che sembra essere una nuova reazione alla dichiarazione della Fiducia Supplicans sulle benedizioni per le coppie irregolari, compresi gli omosessuali. La notizia è riportata da Josè Lorenzo su Religion Digital.<br />Una settimana fa, il metropolita Hilarion, presidente della Commissione Biblico-Teologica del Patriarcato di Mosca, aveva definito il documento della Dottrina della Fede – già respinto con forza dagli episcopati cattolici africani – una “gravissima deviazione dalle norme morali cristiane”.<br /><br />Ora, questo nuovo colpo al dialogo ecumenico arriva nientemeno che dalla sessione plenaria del Santo Sinodo della Chiesa copto-ortodossa, guidata da Papa Tawadros II, che si è tenuta il 7 marzo presso il Centro Logos della Residenza Papale nel Monastero di Sant’Anba Bishoy a Wadi Natroun, in Egitto, e a cui hanno partecipato 110 dei suoi 133 membri.<br /><br /></span></i><span style="font-family: verdana;"><i>“È una benedizione del peccato”<br /><br />Insieme a questa clamorosa decisione, il sinodo copto ha manifestato la sua “ferma posizione di rifiuto di tutte le forme di relazioni omosessuali, perché violano la Sacra Bibbia e la legge con cui Dio ha creato l’uomo e la donna, e considera qualsiasi benedizione, di qualsiasi tipo, per tali relazioni come una benedizione del peccato, e questo è inaccettabile”.<br /><br />Allo stesso modo, la Chiesa copta ha rilasciato una dichiarazione che delinea la sua posizione sull’omosessualità, emessa dopo il dibattito sinodale sulla questione, affermando che “Dio ha dato all’umanità il libero arbitrio di vivere secondo la sua volontà divina e il disegno divino del matrimonio tra un uomo e una donna”.<br /><br />“Coloro che soffrono di attrazione per lo stesso sesso ma controllano questo desiderio sono lodati per i loro sforzi e sono soggetti alle stesse tentazioni degli individui eterosessuali, come pensieri, vista e attrazioni”, si legge nella dichiarazione.<br /><br />“Che si astengano dalla comunione”.<br /><br />“Tuttavia ”, continua la dichiarazione, “se qualcuno sceglie di abbracciare la propria tendenza omosessuale e rifiuta di cercare aiuto spirituale ed emotivo, ma continua a infrangere i comandamenti di Dio, in questo caso la sua situazione diventa uguale a quella di chi vive in adulterio. In questi casi, si dovrebbe avvertire e consigliare loro di astenersi dalla comunione e di cercare il pentimento.<br /><br />“Di conseguenza, la Chiesa copta ortodossa si oppone fermamente a tutte le forme di attività sessuale al di fuori dei confini del matrimonio, che considera una distorsione sessuale. Rifiuta fermamente l’idea che contesti culturali diversi possano essere utilizzati per giustificare relazioni omosessuali con il pretesto della libertà umana, poiché ritiene che ciò sia dannoso per l’umanità. Se da un lato la Chiesa crede nei diritti e nelle libertà umane, dall’altro sottolinea che queste libertà non sono assolute e non devono essere usate per violare le leggi del Creatore.<br /><br />Infine, la dichiarazione mostra il suo impegno ad “aiutare le persone che hanno tendenze omosessuali” e sottolinea “che non le respinge, ma dà loro sostegno e assistenza per aiutarle a raggiungere una soluzione emotiva e spirituale”.</i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-21209906011444129752024-03-07T07:00:00.001+01:002024-03-07T07:00:00.144+01:00Nostra Signora di Akita<span style="font-family: verdana;"><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi64M4ApiTTrPVkRfCrrCmp8s78K3Zl9dIVG7JVPgh0kSTVMiYQ2v8WlZBaq3Q2KZ4XAE6pM5ahAutj34tBIpG87WSWO9zkDmTKzk4eNMmFMzu9CmzouGfw3SAKOkLauelQlWoK_pXtmWxa5lrou1yutFPzIR5wMBy0C1xI4BrhSPti-n9Dq3ECM2_p7Xy2/s551/Ferita_sulla_mano_destra_della_statua.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="551" data-original-width="425" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi64M4ApiTTrPVkRfCrrCmp8s78K3Zl9dIVG7JVPgh0kSTVMiYQ2v8WlZBaq3Q2KZ4XAE6pM5ahAutj34tBIpG87WSWO9zkDmTKzk4eNMmFMzu9CmzouGfw3SAKOkLauelQlWoK_pXtmWxa5lrou1yutFPzIR5wMBy0C1xI4BrhSPti-n9Dq3ECM2_p7Xy2/s320/Ferita_sulla_mano_destra_della_statua.jpg" width="247" /></a></div><br /><br /> Con l’appellativo di Nostra Signora di Akita la Chiesa cattolica venera Maria a partire dalle alle apparizioni avute nel 1973 ad Akita, in Giappone, a suor Agnese Katsuko Sasagawa, dell’ordine delle “Serve dell’eucaristia”, allora quarantaduenne.<br /><br />La luce che la suora vide anticipava la mariofania<br /><br />La suora spiegò che tutto ebbe inizio il 12 giugno 1973, quando cominciò a vedere una luce brillante proveniente dal tabernacolo della chiesa del suo convento. Insieme a questa luce vi erano degli angeli in adorazione. I fatti straordinari continuarono il 28 giugno, quando uno stimma a forma di croce apparve sulla mano sinistra della suora, e il 6 luglio, giorno del la prima delle tre apparizioni mariane ricevute dalla religiosa, a cui si accompagnarono messaggi di notevole importanza<br /><br /><br />Suor Agnese assistette infatti a 101 lacrimazioni, anche di sangue, di una statua della Madonna, che ebbero luogo tra il 4 gennaio 1975 e il 15 settembre 1981. Non fu sola però ad assistere a questi fenomeni mistici di grande rilevo e importanza. Con lei ci furono infatti altre cinquecento persone. Le lacrimazioni della statua della Madonna, infatti, insieme elle essudazioni profumate, furono osservate da centinaia di fedeli. Compreso il vescovo del luogo, Sojiro Ito.<br /><br />La parole del vescovo che autorizzano la venerazione di Akita<br /><br />Quest’ultimo fece analizzare il liquido lacrimale e le gocce di sangue dalla facoltà di medicina di Akita. La conclusione dei test fu sconvolgente. Si trattava infatti di liquido di natura umana. Poi cominciarono ad arrivare i miracoli. Come ad esempio nel 1981, quando la signora Chun, una donna coreana, ottenne la guarigione immediata da un tumore al cervello in fase terminale.<br /><br />Il momento in cui avvenne questo miracolo la donna stava pregando davanti alla statua. Fu la scintilla che fece giungere all’autorizzazione, da parte della Chiesa cattolica e per voce di monsignor Giovanni Sojiro Ito, vescovo di Niigata, del culto di “Nostra Signora di Akita”. “Dopo le indagini condotte fino al giorno presente, non si può negare il carattere soprannaturale di una serie di eventi inspiegabili della statua della Vergine onorata ad Akita. Di conseguenza autorizzo che in tutta la diocesi affidata a me si veneri la Santa Madre di Akita“, furono le parole del vescovo.<br />Il giudizio definitivo sulla vicenda espresso da Joseph Ratzinger<br /><br />Nel 1988 ci fu poi il giudizio definitivo sulla vicenda, espresso da una figura destinata ad avere una importanza centrale nella storia della Chiesa per gli anni a venire. Si trattava dell’allora cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. Il suo verdetto era chiaro: il prodigio era attendibile e degno di fede.<br /><br /><br />Il futuro Papa Benedetto XVI non emise documenti ufficiali, ma dieci anni dopo l’ex ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede dichiarò in pubblico che Ratzinger, asserendo l’attendibilità delle apparizioni, rimarco che il messaggio di Akita è “essenzialmente lo stesso” di Fatima.<br />La prima apparizione avvenuta a Suor Agnese il 6 luglio 1973<br /><br />Quando avvenne la prima apparizione, il 6 luglio 1973, suor Agnese era affetta da una forma di sordità, da cui però in seguito guarì. Disse di avere visto una una statua della Madonna illuminarsi e animarsi all’interno della cappella del suo convento. Suor Agnese riferì anche di aver visto, già prima dell’apparizione del 6 luglio, il suo angelo custode, che le apparve anche negli anni successivi. In contemporanea, la suora udì una voce che le diceva parole ben scandite e riconoscibili.<br /><br />“Figlia mia, novizia mia, tu sei stata molto coerente nella fede che hai mostrato. L’orecchio malato è per te qualcosa di molto doloroso, ma ti verrà guarito. Sii paziente. Sacrìficati ed espìa per i peccati del mondo. Tu sei per me una figlia indispensabile. Fai tuoi i propositi delle Serve del Santissimo Sacramento, prega per il Papa, i vescovi e i preti”.<br />La seconda apparizione che avvenne il successivo 3 agosto<br /><br />Nello stesso giorno anche alcune suo consorelle notarono qualcosa di molto particolare. Entrate nella cappella, videro che ulla mano destra della statua di Maria era apparso uno stimma a forma di croce, uguale a quello di suor Agnese. Fatto che gettarono scompiglio e grande stupore all’interno della comunità, e che precedettero altre vicende miracolose.Come quella della seconda apparizione, che avvenne il 3 agosto. In quella occasione il messaggio della Vergine fu lungo e articolato. Maria disse che “affinché il mondo possa conoscere la Sua ira, il Padre celeste si sta preparando a infliggere un grande castigo su tutta l’umanità. Con mio Figlio sono intervenuta tante volte per placare l’ira del Padre. Ho impedito l’arrivo di calamità offrendogli le sofferenze del Figlio sulla Croce, il Suo prezioso sangue e le anime dilette che Lo consolano formando una schiera di anime vittime”.<br />Il duro messaggio che la Madonna consegnò con l’ultimo messaggio<br /><br />Un messaggio quindi molto duro e che tende a mettere in guardia l’intera umanità. Prima dell’ultima apparizione, il 13 ottobre 1973, in cui il messaggio di Maria spiega la natura dell’imminente castigo divino. “Come ti ho detto, se gli uomini non si pentiranno e non miglioreranno sé stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’umanità. Sarà un castigo più grande del diluvio, tale come non se ne è mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e spazzerà via una gran parte dell’umanità, i buoni come i cattivi, senza risparmiare né preti né fedeli”, furono alcune parole pronunciate dalla Vergine.<br /><br />“I sopravvissuti si troveranno così afflitti che invidieranno i morti. Le sole armi che vi restano sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio. Recitate ogni giorno la preghiera del Rosario. Con il Rosario pregate per il Papa, i vescovi e i preti. L’opera del diavolo s’insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, e vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli, chiese e altari saccheggiati”, continuò il messaggio di Maria.<br />“Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono”<br /><br />“La Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro… Prega molto la preghiera del Rosario. Solo io posso ancora salvarvi dalle calamità che si approssimano. Coloro che avranno fiducia in me saranno salvati”.<br /><br />Alcuni passaggi di questi messaggi che la Madonna consegnò alla religiosa faranno molto dibattere, e sono ancora oggi di grande attualità. La Vergine spiegò che “le sole armi che vi restano sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio”, ma il monito che lasciò per gli impenitenti fu molto severo, accompagnato però dalla consegna di una salda speranza con chi si converte. Un messaggio, hanno fatto notare in molti, di grande continuità con quello ricevuto dai tre pastorelli di Fatima nel 1917.Mostrando inoltre un grande legame di contenuti con molti altri eventi miracolosi del ventesimo secolo, come ad esempio Civitavecchia o Medjugorje. Il 12 giugno la suora ebbe quindi il preludio di una mariofania destinata a segnare nel profondo la coscienza dei cristiani di oggi. Il monito per coloro che rifiutano la Misericordia di Dio è perciò piuttosto chiaro, come anche la certezza che la Vergine cerca continuamente di condurre i propri figli alla beatitudine eterna, proprio come fa una Mamma. Rivelando, allo stesso tempo, la infinita della sua intercessione presso la Santissima Trinità, con le stesse parole di speranza che risuonarono a Fatima. Quelle cioè in cui si afferma che sarà il Suo Cuore Immacolato a trionfare sul male.</i><br /></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-64277666831058053652024-03-06T12:04:00.001+01:002024-03-06T12:04:30.701+01:00Bernard.Nathanson "Da re degli aborti a pro vita"<div><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz_Aus0Gu4R5F_L4WFGmR5gU9KFv6FMey_1FxLJ9rmQ3Cu8uhlGkgBaI-yIIL81Crh6iJxCoZ50SPV89GJ-jGCazRIT_pqKI2FL7Qst1zjwlv4o_3Mklu1HY62qtRtR8k8UJVUGxx9Jq3OJHDs0YgN2CyWsKIUzcRlSEt-Xb-zHLgfI8taNdvjZ8mLVLOm/s690/nathanson-copertina-large.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="690" data-original-width="459" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhz_Aus0Gu4R5F_L4WFGmR5gU9KFv6FMey_1FxLJ9rmQ3Cu8uhlGkgBaI-yIIL81Crh6iJxCoZ50SPV89GJ-jGCazRIT_pqKI2FL7Qst1zjwlv4o_3Mklu1HY62qtRtR8k8UJVUGxx9Jq3OJHDs0YgN2CyWsKIUzcRlSEt-Xb-zHLgfI8taNdvjZ8mLVLOm/s320/nathanson-copertina-large.jpg" width="213" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></div><i><span style="font-family: verdana;">La storia di redenzione di Bernard Nathanson, medico con oltre 75.000 aborti alle spalle, che ha riscoperto prima il valore sacro della vita e poi si è abbandonato alla Misericordia di Dio per i suoi peccati.</span></i><span style="font-family: verdana;"><i><br /><br /><br />Dopo aver spinto per la legalizzazione, eseguito migliaia di aborti - anche sui suoi stessi figli - e guidato la più grande clinica abortiva del mondo, Bernard Nathanson riconobbe la realtà del concepito grazie allo sviluppo degli ultrasuoni e si convertì, divenendo un paladino del diritto alla vita. Tradotta per la prima volta in italiano, è uscita la sua autobiografia: “La mano di Dio”.«Dell’aborto conosco ogni sfaccettatura. Sono stato una delle sue balie; ho aiutato a nutrire la creatura nella sua infanzia, a grandi sorsi di sangue e denaro; l’ho guidato nella sua adolescenza mentre cresceva a dismisura». Queste parole di Bernard Nathanson (1926-2011) condensano la confessione spietamente realistica di un pioniere del più grande genocidio silenzioso del nostro tempo, ossia l’aborto di innocenti indifesi nel grembo materno. Sono tratte da <a href="https://www.taueditrice.com/index.php?option=com_jshopping&controller=product&task=view&category_id=61&product_id=783&lang=it">La mano di Dio</a>, l’autobiografia del celebre abortista statunitense disponibile per la prima volta in italiano (Tau Editrice 2020, pp. 244).Dopo aver eseguito migliaia di aborti, anche sul suo stesso figlio, promosso la legalizzazione negli Stati Uniti e guidato la più grande clinica abortiva del mondo, Bernard Nathanson riconosce la realtà del concepito e da convinto abortista diventa uno strenuo difensore della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Nel volume egli smaschera il sistema, gli inganni della politica, dei media e di certa pseudoscienza medica con parole profetiche: «Viviamo in un’epoca in cui la definizione di persona è così al rialzo che un numero sempre minore di noi vi trova posto, un’epoca in cui si abiurano i valori morali così che possiamo trattare la gente come oggetti - e sì, l’aborto ci ha aiutati ad imparare a farlo».<br /><br />Figlio di un medico ebreo che abbandona la fede, matura la convinzione «che la religione non avesse niente da darmi, che fosse solo un peso»; non accoglie l’idea di un Dio assimiliabile al Mosè di Michelangelo «massiccio, leonino, minaccioso». D’altra parte, dal padre riceve solo pressioni psicologiche e «nessuna coerenza di norme morali». Frequentata la facoltà di medicina in Canada, professa il Giuramento di Ippocrate che avrebbe smentito nei fatti praticando aborti.<br /><br />La prima di tali vittime è il figlio non desiderato avuto con Ruth. «E questo fu il primo dei miei settantacinquemila incontri con l’aborto. La notte prima dell’aborto dormimmo insieme abbracciati; piangemmo entrambi, per il bimbo che stavamo per perdere, e per l’amore che entrambi sapevamo sarebbe stato irreparabilmente danneggiato da quello che stavamo per fare. Non sarebbe mai più stato lo stesso per noi», commenta lo stesso Nathanson nel ricordare quella decisione scellerata. Un aborto clandestino, non senza complicazioni per lei, al termine del quale i due si ritrovano abbracciati «come complici di un crimine innominabile».<br /><br />Dopo due matrimoni falliti, procura l’aborto anche alla madre di un altro suo figlio. Descrive quest’atto ignobile in tutte le sue fasi in maniera asettica, riferendo la preoccupazione «che tutto il tessuto sia evacuato», senza provare alcun sentimento né il benché minimo rimorso, ma solo «senso di soddisfazione e orgoglio della mia competenza e professionalità».<br /><br />Scrive Nathanson: «Io ho fatto abortire i figli dei miei amici, dei miei colleghi, delle conoscenze casuali e perfino dei miei insegnanti. Mai un filo di dubbio, mai un tentennamento di quella suprema fiducia nel fatto che stavo rendendo un grandissimo servizio a coloro che me lo avevano chiesto». Confessa che «questa era la disinvoltura con cui parlavamo di queste faccende a metà degli anni ‘60 e negli anni ‘70; ora viene fuori che ci potrebbe essere una relazione tra aborto e cancro al seno; in realtà migliaia di donne sono rimaste sterili in seguito a un aborto fatto male».<br /><br />Avendo avuto modo di constatare che «miserevoli donne in povertà […] continuavano ad arrivare in ambulanza nel nostro pronto soccorso in preda a violenta emorragia, in shock settico, collasso cardiaco, quando non morte», Nathanson si fa presto promotore di una battaglia culturale per sottrarre l’aborto all’illegalità e renderlo libero e gratuito. A tale scopo «la manipolazione dei media fu cruciale ma facile, con le giuste pubbliche relazioni, soprattutto un costante tamtam di comunicati stampa dai dubbi risultati di inchieste e sondaggi, in effetti profezie che si autoavveravano, in quanto proclamavano che il popolo americano già credeva in ciò che presto sarebbe accaduto: che ogni persona ragionevole sapeva che le leggi sull’aborto dovevano essere liberalizzate». E, in effetti, rileva che se «negli Stati Uniti c’erano forse più o meno trecento donne che morivano per aborti illegali ogni anno negli anni ‘60, NARAL (una grande organizzazione abortista, ndr) dichiarava di avere in mano dati che riportavano la cifra di cinquemila donne morte», laddove «un’indagine presso le maggiori compagnie di assicurazione nelle cause per negligenza poneva l’aborto tra i tre o quattro casi con maggiori denunce».<br /><br />La presa di coscienza del dottor Nathanson ha luogo quando «cominciammo ad osservare il cuore del feto sul monitor elettronico. Per la prima volta cominciai a pensare a quello che realmente facevamo nella clinica. La tecnica degli ultrasuoni spalancò un mondo nuovo. Per la prima volta potevamo realmente vedere il feto umano, misurarlo, osservarlo, controllarlo, e addirittura legarci ad esso, e amarlo». Perciò «nel 1979 feci il mio ultimo aborto. Ero arrivato alla conclusione che non c’era nessuna ragione per l’aborto, mai; questa persona nel grembo è un essere umano vivente e noi non potevamo continuare a fare una guerra contro il più indifeso degli esseri umani».<br /><br />Quella del «re degli aborti» è una ‘conversione’ dettata esclusivamente dall’evidenza scientifica, da uno sguardo onesto sulla realtà di ogni figlio nel grembo materno. Tale riconoscimento dello zigote quale «nuovo individuo lanciato lungo un vettore di vita di inimmaginabile operosità», lo porta ad ammettere conseguentemente che «l’aborto è un crimine».<br /><br />Di qui «nel 1984 dissi a un mio amico che faceva quindici, o forse venti aborti al giorno: “Guarda, fammi un favore, Jay. Sabato prossimo, mentre fai tutti questi aborti, sistema un apparecchio di ultrasuoni sulla madre e fammi una registrazione”». Da quel filmato sono poi state tratte le immagini eloquenti del video <a href="https://www.youtube.com/watch?v=He-wsd9oSNs">The silent scream</a> (L’urlo silenzioso), un documentario che avrebbe aperto gli occhi di tanti “pro-choice” sulla brutale violenza della pratica abortiva.<br /><br />Nathanson diviene così un paladino del diritto alla vita, denunciando anche il commercio vergognoso di tessuti fetali abortiti per curare le malattie di altre persone, e accoglie il dono della fede cristiana, scoprendo il volto di «un Dio che mi aveva fatto attraversare i proverbiali cerchi dell’inferno, solo per mostrarmi il cammino della redenzione e della misericordia attraverso la Sua grazia».</i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-71803372090299543522024-03-05T22:28:00.003+01:002024-03-06T16:51:26.547+01:00Arcivescovo Carlo Maria Viganò <i><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/03/arciv-vigano-votazione-sullaborto-segna.html" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img border="0" data-original-height="242" data-original-width="330" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQe7RBhjU5YIWvgjHNC15u1-Fvv9vz3TCyO1kZaWG9VDp8rZhJ6hveISOAQfVX-H3Q0JkmhijVUQK-PDexsYSDs0_yCIiFEU6IKFFjxEfHG2-tKk_7bTEcJ_moVfV327vABGW1tBQFQrfDXwSGUejagM_vwXHIkcU_n-zH_nzokeHxGeZYrSlivH-OjsdL/s320/vigano-2-medium.jpg" width="320" /></a></div><br /><br /><br /><a href="https://twitter.com/CarloMVigano">Arcivescovo Carlo Maria Viganò<br /></a><br /><a href="https://twitter.com/CarloMVigano">@CarloMVigano</a><br /><br />La votazione con cui l’Assemblea Nazionale ha osato dichiarare “diritto umano” l’uccisione *nel grembo materno di bambini innocenti segna il punto più basso dell’intera storia della Repubblica Rivoluzionaria Francese. Nel silenzio pavido e vile della “chiesa” bergogliana si consuma l’ultimo, esecrabile affronto alla vita nascente e a Dio, “che è Signore e dà la vita”. Si levi la voce unanime dei Cattolici di Francia, perché Iddio onnipotente li risparmi dai flagelli che colpiranno la loro Nazione a causa di un’autorità corrotta e perversa. Che il Signore abbia pietà dei buoni, quando abbatterà la Sua destra sui malvagi. « Ahi Francia, ahi Francia! Chiamata dai Nostri predecessori «specchio di tutta la Cristianità e sicura colonna della Fede» […], sei diventata la più implacabile nemica fra tutti gli avversari della Fede che mai siano esistiti! » </span><br /></i><div><i><span style="font-family: verdana;">(Pio VI, Allocuzione “Quare Lacrymæ”, 17 Giugno 1793).</span></i></div><div><i><br /></i></div><div><i><span style="font-family: verdana;"><a href="https://t.co/g8vM8k0xi2">https://vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-03/pontificia-accademia-vita-aborto-francia-costituzione-vescovi.html</a></span></i></div><div><i><br /></i></div><div><i><span style="font-family: verdana;"><a href="https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/03/arciv-vigano-votazione-sullaborto-segna.html">https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/03/arciv-vigano-votazione-sullaborto-segna.html</a></span></i></div><div><i><br /></i></div><div><i><br /></i></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-23752812038211452542024-03-05T21:54:00.001+01:002024-03-05T21:54:34.137+01:00"Non può esistere un diritto costituzionale a sopprimere una vita”<div><b><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhM88mU4Sj-LTEn0kR9BfAeMLOX5V8nIGBm7OTL8-EC0FMTRcTonHXpUTExaRnxQBVprhTb1_TbqpTJsFTwTTjPrt9x2ZK83wpHX8egvNT31XM-a-dXniVPZcQb9squufkmj63ksvDTbzQZRicYC9rivclBLmTE7mA4s0nflr9FbGY8zg0X9YZrrpI07sT5/s818/topic-3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="545" data-original-width="818" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhM88mU4Sj-LTEn0kR9BfAeMLOX5V8nIGBm7OTL8-EC0FMTRcTonHXpUTExaRnxQBVprhTb1_TbqpTJsFTwTTjPrt9x2ZK83wpHX8egvNT31XM-a-dXniVPZcQb9squufkmj63ksvDTbzQZRicYC9rivclBLmTE7mA4s0nflr9FbGY8zg0X9YZrrpI07sT5/s320/topic-3.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkleWFJX5zqy903xwwN0SfBUQ0AHjkmO07wDzmncIoqT3ZYSvM6Qnw-51iboVT8cxDxX8i_uQNT0mXefpBWCp07oQXVI0CycZUejmRwVY8CNmFu8_TFELUy6d-DLVwbASIOnEkF1YW-dBvV4VMkLjx_P6NWnJMpkI6nRLfSzHCDRu2iozTOtvCdrt6J7_/s720/francia-parlamento-aborto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="720" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkleWFJX5zqy903xwwN0SfBUQ0AHjkmO07wDzmncIoqT3ZYSvM6Qnw-51iboVT8cxDxX8i_uQNT0mXefpBWCp07oQXVI0CycZUejmRwVY8CNmFu8_TFELUy6d-DLVwbASIOnEkF1YW-dBvV4VMkLjx_P6NWnJMpkI6nRLfSzHCDRu2iozTOtvCdrt6J7_/s320/francia-parlamento-aborto.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></b></div><div><b><i><span style="font-family: verdana;">Con l’approvazione definitiva della modifica alla Costituzione da parte del Parlamento francese, a camere riunite, lunedì 4 marzo, la Francia è ora il primo paese non solo in Europa, ma anche nel mondo, a includere il diritto di aborto nella sua Carta fondamentale e non può essere considerato mai un atto di civiltà.</span></i></b><span style="font-family: verdana;"><i><br /><br />Carissimi amici e lettori,<br /><br />la voce dei bimbi non nati grida giustizia dinnanzi al trono di Dio, questa vita umana che ogni madre, che ogni padre, che ogni uomo e donna di buon senso, dovrebbe difendere dal suo concepimento fino alla morte naturale. Viene attaccata e fatta oggetto di continui soprusi da sempre da parte dei legislatori e dai governi atei e massoni. <br />Come si può constatare in questi giorni in Francia . Questi fondamentalisti della laicità dello stato, che dell'ateismo ne hanno fatto una religione di stato inseriscono addirittura nella Costituzione, con l'80% dell'opinione pubblica a favore,il diritto di abortire e hanno la faccia tosta di rivendicarlo come una conquista di libertà e di emancipazione. Il signor Macron, il quale si fregia di essere protocanonico della Cattedrale del Romano Pontefice, che al mio modesto parere dovrebbe essere privato di tale onorificenza perché rivelatosi indegna persona è riuscito a incorporare il diritto dell'aborto nella Costituzione di una nazione che un tempo fu proclamata "figlia primogenita della Chiesa".In tutte le società di tutti i tempi c'è sempre stata la presenza del male, ma c'erano anche gli argini che impedivano al fiume del male di straripare e se gli argini si rompevano, con gli argini crollava la stessa civiltà. Non solo oggi, sempre la vita è stata minacciata, ma oggi l'odio alla vita è diventato un fiume in piena. E gli argini? Gli argini sono crollati! I cuori di tanti genitori, le mani di tanti medici, le menti di tanti legislatori non solo non reggono più all'urto di quel fiume in piena, ma ne favoriscono la fuoriuscita, favoriscono un'alluvione che devasta troppe terre e spegne troppe vite. E quando gli argini sono crollati, Signore, chi potrà difenderci dalla devastazione che ne deriva? Che sarà di questa società assassina? Dovrà forse prepararsi a pagare il conto? Dovrà subire, e presto, le conseguenze delle sue follie? Carissimi vi lascio con questa lettera scritta per voi da Erode.<br /><br /></i><br /></span><div style="text-align: center;"><i><span style="font-family: verdana;"><b>ERODE AGLI UOMINI DEL VENTUNESIMO SECOLO</b></span></i></div><i><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: center;"><br /></div><br />Chiedo la mia riabilitazione Sono uno dei personaggi della storia. Mi chiamo Erode. I Romani mi mi misero sul trono perché ero idumeo. Gli Ebrei mi odiavano profondamente e io odiavo gli Ebrei. Morendo ho procurato loro l'unica gioia. Mi sono dato l'appellativo di "Grande" e pensavo che sarei stato grande, per merito dei grandi edifici che avevo costruito e dei quali andavo orgoglioso. Come ogni tiranno incapace di costruire la felicità dei suoi sudditi, costruivo almeno grandi edifici di pietra. Comunque, il mio nome viene ricordato nella storia per l'orrendo crimine che ho commesso contro dei bimbi. Ho fatto uccidere dei bambini a Betlemme e dintorni. "Il tempo seppellisce e tutto verrà dimenticato", pensavo. Ma nemmeno dopo duemila anni il mio crimine è stato dimenticato. Ma è tempo però che io scenda da questo piedistallo e che lo ceda ad altri che lo meritano più di me. Chiedo la riabilitazione da parte della storia. Non chiedo di essere perdonato. Solo Dio potrebbe perdonarmi. E la storia non perdona. Una cosa sola chiedo: che il mio nome finisca di essere considerato come il simbolo dei crimini contro i bambini. E ho delle ragioni per chiedere questo. Non nego quanto è accaduto a Betlemme il pianto di quelle madri è risuonato in tutto il mondo, ma questo è avvenuto duemila anni fa. A quell'epoca gli uomini erano barbari e i re lo erano doppiamente, perché la loro barbarie si accompagnava al potere. Ero odiato e odiavo. Avevo paura su quel trono, su cui sedevo per grazia di Roma. In ciascuno vedevo un nemico, ovunque sospettavo intrighi e perciò uccidevo. Non sono stato né il primo né l'ultimo, nella storia, a comportarsi così. Assassinavo non solo estranei, ma anche congiunti. Ho ucciso mia moglie e i miei figli, il mio protettore romano, Cesare Augusto, ha osservato giustamente: "E' preferibile essere il porco di Erode, che esserne il figlio". Ero un selvaggio. Se fossi vissuto nel vostro secolo avrei trovato certamente dei medici che mi avrebbero dichiarato pazzo e così sarei assolto dalla mia colpa. Se, temendo per il mio trono, ho fatto ucciderei miei stessi figli, potevo essere più clemente con i figli degli altri? Ero ignorante: non sapevo nulla dell'Umanesimo. Nessuno mi aveva educato al rispetto verso gli altri, tanto meno all'amore; nessuno mi aveva predicato il Vangelo, messaggio dell'Amore. Non conoscevo, io, il Cristianesimo, non sapevo che Gesù fosse Dio e che Dio è Amore e che tutti gli uomini, tutti i bambini sono figli di Dio. Nella nostra epoca solo il potente aveva il diritto di vivere. Non ho ucciso da solo, avevo persone addette a questo, artigiani di morte, che imparavano a spegnere la vita, non a proteggerla. Erano pagati per questo e di questo vivevano. Non conoscevano la misericordia, non l'avevano mai provata. Alla loro spada non importava chi essi ammazzavano e alla loro anima nemmeno. Anzi, dubito che in loro ci fosseun'anima. Io non cercavo di nascondere i miei crimini, non ne avevo necessità. Comandavo: "Andate e uccidete!". A quel tempo non esisteva l'ipocrita terminologia giuridica. Ammazzare era ammazzare. Omicidio era omicidio. Che fate invece voi, uomini del ventesimo secolo? Da venti secoli gli uomini si danno da fare per eliminare la barbarie. Statisti, scienziati, filosofi, artisti, apostoli, profeti, martiri, tutti quanti hanno creato quello che voi con orgoglio chiamate "Umanesimo". Ma avete ereditato anche molto di più: avete ereditato il Cristianesimo. Voi sapete che Gesù Cristo è Dio e sapete che Dio è Amore. Voi sapete che tutti gli uomini sono fratelli perché sono figli di Dio. Tutta la vostra vita è misteriosamente compenetrata dalla misericordia e dalla grazia divina, eppure ... Neanche i vostri bambini, i vostri figli innocenti, incapaci di difendersi, sono al sicuro davanti al vostro egoismo! Quanti ne uccidete ogni giorno? O Betlemme, sei rimasta storia senza significato! Là, almeno, le madri difendevano la vita dei figli, anche se inutilmente. E in questo secolo, invece? Qui le madri dichiarano davanti a una commissione medica che le loro creature minacciano la loro libertà e chiedono che vengano condannate a morte. E poi l'omicidio viene affidato non a dei soldati ignoranti, ma a veri esperti, che hanno studiato per imparar a proteggere la vita e la cui vocazione ha qualcosa di sacro. Hanno formulato un giuramento che li obbliga a proteggere la vita umana sempre e dovunque. Ma alcuni per soldi, altri per paura, accettano il ruolo di assassini. E poi vi chinate pieni di commozione su un fiore, ascoltate il canto degli uccelli e, con l'amore rubato ai bambini accarezzate i vostri gatti e i vostri cani! Piangete sulla sorte degli eroi dei romanzi e dei cinema. Vi addolora la sorte dei bimbi che muoiono di fame e li vorreste aiutare. Visitate i musei, andate ai concerti e collaborate poi a questa tragedia umana dell'aborto! E forse guardate commossi il Cristo crocifisso, dopo aver definito il vostro crimine "interruzione". Interruzione di che cosa? Forse non della vita? Sono stato certamente superato dai vostri crimini! Voi che ricordate il mio nome in relazione a Betlemme, dimenticate Erode! Lasciatemi in pace! Ero solo un povero improvvisatore! E tu, storia, cerca di dare il giusto nome ai crimini del ventesimo secolo! E se non ti manca il coraggio, fai la lista delle nuove vittime. Voglio essere riabilitato, io. Voglio lasciare ad altri il mio primato criminale! Equanto a voi, uomini di cultura, umanisti, cristiani, se la mia richiesta di riabilitazione vi dà fastidio, mi permetto allora di osservare che la coscienza, che a quel tempo io non avevo, e la salvezza eterna, cui allora non credevo, valgono assai più del vostro fastidio. Erode (Tradotto dal Samizdat ceco)<br /><br /><br /></span></i><br /></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-25426583615817754062024-03-04T17:06:00.003+01:002024-03-04T17:11:08.793+01:00La Quaresima,è determinante: dal digiuno,dalla preghiera, dalla carità.<span style="font-family: verdana;"><i><br /><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEcp7oGeKuisfVZkwVE2Q-q1zQg60tSgmkQWxoxh7E_7JojO0wDsz7AR3G4ProHTH-ZnVxuQKhi6SpgMWVM_xV1y4tv1o5G7oG1L-Ulf_0YU6MWdlnylzFvenqNNFd1k2Bm0LwlGXhZTJvq43TvAVSJaDM3I3ki42-EjQlgq7v3ywI5Wo_AsjrQVBHVheX/s600/Lo-spirito.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="600" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEcp7oGeKuisfVZkwVE2Q-q1zQg60tSgmkQWxoxh7E_7JojO0wDsz7AR3G4ProHTH-ZnVxuQKhi6SpgMWVM_xV1y4tv1o5G7oG1L-Ulf_0YU6MWdlnylzFvenqNNFd1k2Bm0LwlGXhZTJvq43TvAVSJaDM3I3ki42-EjQlgq7v3ywI5Wo_AsjrQVBHVheX/s320/Lo-spirito.jpg" width="320" /></a></div><div><span style="font-family: verdana;"><i><b><br /></b></i></span></div>«Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio?Donale due ali: il digiuno e l’elemosina».(Sant’Agostino)<br /></b><br /></i><b style="font-family: "Times New Roman";"><i><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">(Di P.Alberto CSsR)</span></i></b></span><div><span style="font-family: verdana;"><i><b><span style="font-size: x-small;"><br /></span>Chi Sono?</b></i><br /></span><div><span style="font-family: verdana;"><i><b><br /></b>La conoscenza di se stessi è certamente un’impresa ardua ed esigente. Sant’Agostino diceva di essere diventato una grande domanda persino per se stesso. Il cuore dell’uomo è un abisso (Sal 63,7) e difficilmente arriviamo a comprendere fino in fondo chi siamo. Eppure, mi verrebbe da dire, a volte basta semplicemente guardare a quello che facciamo: le nostre scelte, i nostri comportamenti, le nostre reazioni parlano di noi. È vero forse che in molte occasioni preferiamo non guardare. La vita è quel banco di prova sul quale siamo chiamati continuamente ad affrontare la verifica di ciò che siamo diventati, proprio come un alunno che periodicamente viene messo alla prova non solo per essere valutato, ma perché comprenda dov’è arrivato e qual è il cammino che ancora deve percorrere.<br /><b><br />Le prove quotidiane</b><br /><br />La vita è continuamente il luogo della prova, affrontando la quale veniamo fuori per quello che siamo. La tentazione evangelica, letteralmente <b>“essere messi alla prova”</b>, riguarda la nostra quotidianità. Non a caso, sia la prima tentazione biblica, ovvero quella raccontata nel terzo capitolo della Genesi, sia la prima tentazione di Gesù nel deserto, riguardano il mangiare, quindi una dimensione quotidiana, con la quale abbiamo inevitabilmente a che fare. La nostra realtà quotidiana è fatta di desideri e bisogni, di pensieri e relazioni, ed è su tutto questo che il Nemico si mette all’opera. La tentazione si radica dentro le nostre dinamiche umane, approfitta di quello che siamo. Essa diventa una realtà spirituale perché va a incidere sulla nostra relazione con Dio, ma opera inevitabilmente sulla nostra umanità.<br /><br /><b>Prendere le distanze</b><br /><br />Proprio per questo motivo, prima di agire, sarebbe fruttuoso prendere le distanze, guardare ciò che abbiamo davanti, interrompere la sequenza delle azioni per riflettere e decidere. Il tempo di Gesù nel deserto è infatti il tempo del digiuno: mi fermo, prendo le distanze dal cibo che mi sta davanti, mi prendo il tempo di capire che cosa voglio veramente mangiare. Nell’abbuffata delle emozioni quotidiane è difficile riconoscere veramente dove trovo gusto e dove mi sto avvelenando, perché tutto è confuso e mischiato.<br /><br />Gesù è spinto dunque dallo Spirito nel deserto dopo il Battesimo nel Giordano, ovvero dopo aver accolto l’invito del Padre a iniziare l’annuncio della buona notizia. Il deserto e i quaranta giorni e quaranta notti dicono innanzitutto che Egli vuole essere un uomo vicino al suo popolo al punto da riviverne in qualche modo l’esperienza per poterlo comprendere meglio. Quel luogo e quel tempo evocano infatti il cammino di Israele nel deserto, quel viaggio che diventerà fondamentale ed emblematico nella vita del popolo, il punto di riferimento di tutta la sua esperienza spirituale.<br /><br /><b>La confusione</b><br /><br />Il modo in cui Gesù affronta la tentazione lo rivela, dice chi vuole essere, quali sono i suoi criteri, a cominciare dalla sua fedeltà alla Legge: tutte le sue risposte al Nemico sono citazioni prese da libro del Deuteronomio. La tentazione infatti, proprio come nel terzo capitolo della Genesi, opera sempre cercando di distorcere il volto di Dio e confondendo i nostri pensieri.<br /><br />Alla donna, il serpente racconta una storia confusa, ma in parte vera: Dio infatti aveva chiesto solo di non mangiare dell’albero che era in mezzo al giardino, ma il serpente chiede se Dio ha detto di non mangiare di nessun albero del giardino. E la donna si confonde, perché non era presente quando Dio aveva dato quel comando. La donna, come molte volte anche noi, conosce le parole di Dio solo per sentito dire, senza una familiarità e una costanza.<br /><br />Lei stessa si confonde e afferma che Dio avrebbe detto di non mangiare e di non toccare l’albero che è in mezzo al giardino. Il serpente presenta pian piano Dio come un padrone che vuole togliere e rendere schiavi, porta infatti lo sguardo della donna sull’unico divieto, distogliendo l’attenzione da tutto il bene infinito che Dio aveva donato. Così anche noi siamo tentati di portare lo sguardo sul dettaglio negativo piuttosto che godere di tutto il bene reale.<br /><br /><b>Pensa prima a te!</b><br /><br />Al contrario, Gesù ci mostra come sia possibile affrontare le prove della vita. La prima tentazione riguarda una dinamica molto presente nella nostra esperienza: il Nemico vuole indurre Gesù a pensare a se stesso. Piuttosto che pensare agli altri, il Nemico suggerisce a Gesù di cominciare a pensare innanzitutto alla sua fame: ne ha il diritto e ne ha anche la possibilità. Nessuno lo vedrebbe. Può fare quello che vuole. Anche noi siamo spesso tentati di pensare prima di tutto a noi stessi, quasi come se fosse un segno di maturità e di autonomia. Non dico certo che non mi importa degli altri, ma ci penserò dopo aver curato i miei interessi. Gesù reagisce rifiutando la logica del privilegio: mangerà insieme agli altri, mangerà se e quando potranno mangiare anche gli altri.<br /><b><br />Servirsi o servire</b><br /><br />La seconda tentazione riguarda il rapporto con Dio, ma più in generale il modo di vivere le relazioni. Quando in una relazione infatti ci sentiamo sicuri, tendiamo ad approfittarne, mettiamo l’altro alla prova, tiriamo la corda, quasi per misurare fin dove arriva il suo amore. È la dinamica del bambino, che fa i capricci per capire fin dove può arrivare con le sue pretese. Molte nostre relazioni, impostate su questa dinamica, sono infatti relazioni infantili. Il tentatore suggerisce a Gesù di servirsi di Dio piuttosto che servire Dio, così come noi spesso ci serviamo degli altri piuttosto che servirli con il nostro amore. Quando nella relazione con Dio, quasi sotto l’apparenza di una profonda vita spirituale, lo mettiamo alla prova, avanziamo pretese e lo sfidiamo con i ricatti, abbiamo già ceduto alla tentazione.<br /><b><br />Il fine e i mezzi</b><br /><br />La terza tentazione è quella più subdola, perché propone un fine buono da raggiungere però attraverso una logica cattiva: il Nemico presenta a Gesù i Regni della terra e gli propone di salvarli alleandosi con il Male. È una tentazione ricorrente sia nelle piccole vicende della vita, sia in quelle più grandi delle istituzioni che fanno la storia. Si tratta di giustificare un fine buono passando attraverso il compromesso con il male: è la raccomandazione che cerchiamo per raggiungere un obiettivo, è la corruzione per ottenere un appalto, è il compromesso con la politica per l’approvazione di una legge che ci interessa e che certamente porterà del bene. Gesù, sia chiaro, rifiuta questo compromesso con il male e sceglie di salvare il mondo mediante una logica diversa: è la logica della croce, la logica della sofferenza e delle rinunce, la logica dell’umiliazione e del sacrificio.</i></span></div><b><i><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">(P.Alberto CSsR)</span></i></b></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-76707315866298805832024-02-27T22:01:00.002+01:002024-02-27T22:01:26.101+01:00Intervento di S.E. Mons. Carlo Maria Viganò Arcivescovo, al Secondo Congresso del Movimento Russofilo Internazionale e del Forum sulla Multipolarità - Mosca, 26 Febbraio 2024<span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKZEiu_8mKi1xLuTXAlWCMA4AUj5HzJmbk44alpTpVh7v43g9WIikXAWIszmMd4xYzoJSHbx-r8l-EDGmLiy0vVrQAh1TBWuWRxr_tRjg6AQ3gzskiDo_FFfFss2-V2Y2-IypO3Cdf_m0UoW7K9_qc0GS9KSc-va4WJ4w3UddWWOCm9RstTQUVihFM9Kwb/s1320/IMG_4181-1320x610.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="1320" height="148" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKZEiu_8mKi1xLuTXAlWCMA4AUj5HzJmbk44alpTpVh7v43g9WIikXAWIszmMd4xYzoJSHbx-r8l-EDGmLiy0vVrQAh1TBWuWRxr_tRjg6AQ3gzskiDo_FFfFss2-V2Y2-IypO3Cdf_m0UoW7K9_qc0GS9KSc-va4WJ4w3UddWWOCm9RstTQUVihFM9Kwb/s320/IMG_4181-1320x610.jpeg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Ugq9LKDVLx0" width="320" youtube-src-id="Ugq9LKDVLx0"></iframe></div><br /><i><br />Eccellenze, illustri Signore e Signori, cari amici,<br /><br />Questa è la seconda occasione in cui ho l'onore di parlare al Congresso Internazionale dei Russofili. Ringrazio tutti voi e gli organizzatori di questo evento per avermi invitato a questa riflessione, che segue di qualche settimana la storica intervista che il presidente Vladimir Vladimirovič Putin ha concesso al giornalista americano Tucker Carlson. La reazione dei media mainstream occidentali mostra quanto sia spaventosa la verità, in un mondo che vive di bugie e si basa sulla falsità. <br />Tutti voi qui riuniti siete ben consapevoli della minaccia che incombe sul mondo occidentale e sull’intera umanità. In primo luogo, la minaccia di una terza guerra mondiale, sotto le cui macerie saranno sepolti decenni di crimini e frodi commessi da un’élite sempre più potente e tirannica. In secondo luogo, la minaccia dello sterminio di una parte dell’umanità attraverso l’Agenda 2030. In terzo luogo, la minaccia reale e terribile dell’instaurazione di un governo mondiale totalitario, in cui i popoli sopravvissuti saranno ridotti in schiavitù. La progressiva eliminazione delle sovranità nazionali e il loro assorbimento in organismi sovranazionali ha, come scopo dichiarato, l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale. I vertici del World Economic Forum, con tutte le sue ramificazioni ufficiali e ufficiose, non nascondono di aver occupato i vertici delle istituzioni attraverso governi fantoccio e con la pedissequa collaborazione dei media di regime. <br />I popoli dell’Occidente hanno ormai capito che sono governati dai servi dell’élite globalista e che il cosiddetto “sistema democratico” è una finzione grottesca, a cominciare dalla manipolazione delle elezioni. Le continue emergenze – sanità, guerra, clima ed energia – le crisi che presumibilmente giustificano l’Agenda 2030, tuttavia, non sono ciò che li unisce veramente, e molti stanno cominciando a rendersene conto. Ciò che realmente motiva queste persone è la loro appartenenza ad una setta satanica. Ma chi vuole che Satana regni deve prima bandire Dio, con il pretesto della laicità dello Stato: Regnare Christum nolumus. Non vogliamo che Cristo regni. Il mondo occidentale è stato ridotto a una fogna, a un mattatoio, a un enorme campo di battaglia, in cui l’élite controlla le masse, le impoverisce, le sfrutta, le umilia, le schiavizza e le manda al macello. <br />Avendo escluso Dio dalla vita pubblica, l’autorità non deve più obbedire ad alcun principio trascendente, e può quindi trasformarsi – come sta cambiando – in una dittatura. Il suo potere diventa illimitato e lo Stato – privatizzato e nelle mani di criminali sovversivi – prende il posto di Dio. Possiamo credere che gli autori di questo colpo di stato siano rassegnati a cedere il potere, proprio quando l’instaurazione di questo Nuovo Ordine è proprio dietro l’angolo? In un momento in cui le élite sono riuscite a imporre la cancellazione sistematica dei diritti fondamentali – salute, proprietà, libertà d’impresa, libertà di parola e di istruzione, libertà di movimento e di viaggio – a un’umanità terrorizzata dalle continue emergenze create, dalla prospettiva di catastrofi inventate, sotto la minaccia di guerre e invasioni?<br />Siamo tutti consapevoli che è in atto un risveglio dei popoli. Lo dimostrano le manifestazioni di contadini e allevatori che si stanno diffondendo a macchia d’olio, e quelle dei cittadini di tante nazioni, esasperate dalla sostituzione etnica – con tutte le conseguenze che conosciamo in termini di sicurezza, criminalità e convivenza – imposta da pazzi immigratisti politiche colpevolmente sostenute da sedicenti organizzazioni umanitarie. Ma questo risveglio – se non trova una risposta seria e responsabile nell’ambito del diritto – porterà inevitabilmente alla guerra civile, dando il pretesto ai governi servitori del World Economic Forum per intervenire militarmente.<br />Solo due settimane fa, l’Assemblea nazionale francese ha approvato una legge sulle “derive settarie” che prevede pesanti multe e reclusione per chi esprime dissenso. La censura da parte dello Stato o degli organismi sovranazionali è già in atto e aumenterà in modo esponenziale, così come il controllo sulle masse. Gli scandali di frode elettorale nelle elezioni presidenziali americane del 2020; prova di un piano criminale di sterminio e sterilizzazione di massa attraverso l'imposizione di una terapia genica sperimentale presentata come vaccinazione di massa; la volontà di forzare il passaggio alla valuta digitale per controllare come possiamo o non possiamo spendere i nostri soldi: questi sono tutti segnali allarmanti, a cui si aggiunge la minaccia di una guerra nucleare. L’élite è disposta a fare qualsiasi cosa per mantenere il potere e nascondere i propri crimini. <br />In cosa può consistere allora un'azione di resistenza e di opposizione, tale da coinvolgere questa crescente ondata di dissenso, evitando che venga strumentalizzata o dispersa? Vorrei qui presentare la mia visione, che spero possa essere occasione di confronto. <br /><br /><br /><br /><br />La Rivoluzione ha fallito, così come l’ideologia laicista e anticristiana dell’Occidente postrivoluzionario, liberale e massonico ha dimostrato di aver fallito. La Russia ha vissuto questo crollo davanti a noi, riprendendo possesso della sua Fede, delle sue tradizioni e della sua cultura, che il totalitarismo aveva combattuto e cercato di cancellare, proprio come la dittatura sveglia lotta e cerca di cancellare la nostra identità, la nostra Fede, la nostra civiltà cristiana e anche i principi sacri e universali della Legge Naturale. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il danno causato da una società che rifiuta di riconoscere Dio è davanti ai nostri occhi. Dobbiamo quindi avere non solo l'umiltà, non solo il coraggio, ma anche e soprattutto l'orgoglio di professare la nostra Fede, di volere non solo i singoli individui, ma anche lo Stato che riconosca e onori Nostro Signore Gesù Cristo come Dio, Signore e Re, e conformare a Lui le sue leggi. <br />Nel 1874 il grande statista Gabriel García Moreno consacrò la Repubblica dell'Ecuador a Nostro Signore, prima di essere ucciso dai sicari della Massoneria. Il suo motto era: Libertà per tutto e tutti, tranne che per il male e i malfattori. Come possiamo non essere d'accordo? Dobbiamo riconoscere la signoria di Dio e arrenderci alla Sua legge, affidare a Lui la nostra patria e la nostra nazione, noi stessi e le nostre famiglie. E chi, tra coloro che portano il nome cristiano, non sarebbe d'accordo con queste parole? Non saremmo rispettati anche da chi professa un’altra religione, avendo riscoperto il fondamento comune di principi condivisi come il rispetto della vita, della famiglia naturale, il rispetto dei deboli e degli anziani?<br />Penso che questo possa costituire davvero il vero “grande reset” che tutti aspettiamo, un ritorno al Signore di tutti noi, delle nostre famiglie, delle nostre comunità, delle pubbliche amministrazioni. Dovremmo essere ancora una volta orgogliosi di poterci professare cristiani. Dobbiamo tornare a chiamare bene il bene e male il male; non sentirsi inferiori di fronte all'arroganza del vizio, al cinismo della corruzione; di non lasciarsi intimidire dall’apparente irreversibilità del male. Dobbiamo restituire ai popoli dell'Occidente la speranza che è stata loro strappata per sottometterli. Dobbiamo desecolarizzare la società e riportarla nel flusso di quell'ordine divino che è fondato in Cristo, Dio-Uomo, unico Salvatore del genere umano, che solo in Cristo può trovare pace. La pace di Cristo – che è la vera pace perché fondata sulla verità e sulla giustizia – può essere raggiunta solo dove Cristo regna: Pax Christi in regno Christi. <br />Qual è l’unica cosa che la chimera globalista non può offrirci, per la quale non ha alcun sostituto da offrire? L'eroismo di un ideale, la nobiltà di un obiettivo per cui vale la pena lottare e perfino morire. E questo ideale non può consistere che nella fede in Cristo Signore, nell'amore per Lui e per il prossimo, nel desiderio di donare alla nostra Patria e ai nostri figli un futuro in cui gli orrori del globalismo siano un brutto ricordo. I criminali sovversivi di Davos non hanno ideali da offrire, perché basano il loro successo sulla paura e perché ottengono l'obbedienza dei loro servi attraverso la corruzione e il ricatto. Dobbiamo contrapporre all'ideologia di morte del Nuovo Ordine Mondiale il Vangelo di Gesù Cristo, Colui che si autodefiniva Via, Verità e Vita. <br />Se affrontiamo il nemico comune sul campo dove è più forte, siamo destinati a soccombere. Se spostiamo la battaglia là dove egli è debole, possiamo vincerla, con l'aiuto di Dio. Troppo spesso dimentichiamo che Dio è veramente onnipotente e che i suoi nemici e i nostri non possono fare nulla contro di Lui. Aspetta che l'umanità ritorni a Lui e si lasci salvare quando tutto sembra perduto.<br />Questa è l’unica via d’uscita possibile dall’attuale distopia, perché qualunque cosa accada – sia che gli autori del colpo di stato vengano sconfitti o mantengano con la forza il loro potere tirannico – la consapevolezza della battaglia spirituale in corso orienterà e darà un impulso soprannaturale alla nostra opposizione, rendilo meritorio e non potrà non presentarsi davanti alla divina Maestà. Domine salva nos, perimus! Κύριε, σῶσον, ἀπολλύμεθα. Господи! спаси нас, погибаем (Mt 8,25). Nella tempesta impetuosa, il Signore sembra addormentato, in attesa che lo invochiamo e lo riconosciamo capace di calmare le onde e calmare i venti.<br />Ricostruiamo gli Stati sulla roccia, sulla pietra angolare che è Cristo Signore. Restituiamo a Gesù Cristo la corona che la Rivoluzione gli ha strappato. Scuotiamoci dal giogo infernale del globalismo, dall'adesione ad organismi sovranazionali volti a cancellare la nostra Fede, la nostra identità, la nostra civiltà. Riteniamo responsabili i criminali sovversivi, a cominciare dal provocare un sanguinoso conflitto che ha sterminato un’intera generazione in Ucraina, usandolo per attaccare la Russia, per svenderla alle multinazionali e per far crollare economicamente l’Europa.<br />Ci confrontiamo con le élite non tanto sfidando le bugie delle crisi e delle emergenze, ma piuttosto opponendo alla loro visione della morte la speranza – una speranza basata su Cristo e sul fare la Sua volontà. Facciamo la volontà di Dio, unica risposta possibile della creatura al Creatore, e unica premessa per vincere questo scontro epocale con Lui. Ce lo ha ricordato anche Tucker Carlson, in una recente intervista a Dubai, quando ha sottolineato i due schieramenti contrapposti, formati da coloro che riconoscono e servono Dio e da coloro che vogliono farsi dio invece di Dio e contro di Lui, coloro che servire la vita e coloro che promuovono la morte, coloro che seguono la Verità e coloro che sono servitori della menzogna e della frode. <br />I popoli hanno sete di Bene, sono stufi di falsità e inganni, di perversioni e di violenza. Vinciamo il male con il bene, la menzogna con la verità, la superbia con l'umiltà, la corruzione con l'onestà, l'egoismo con la carità generosa. Portiamo nelle tenebre la Luce, la luce vera, che illumina ogni uomo (Gv 1,9), affinché le tenebre in cui si nascondono questi criminali sovversivi possano essere squarciate e appaia l'orrore dei loro crimini atroci e con loro la loro condanna. Vi lascio la pace, vi do la mia pace: non come la dà il mondo, io ve la do (Gv 14,27). <br />A conclusione di questa riflessione, vorrei lanciare un appello a tutti gli uomini di buona volontà, affinché le nazioni si consacrano al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria, Madre di Dio, come premessa per implorando dal Cielo quella pace che solo il nostro Re e Signore può dare, e che mai come in questo momento è stata invocata dal genere umano su questo mondo tenuto in ostaggio dalle forze infernali. Rivolgo questo appello al Patriarca di Mosca, ai Prelati della Chiesa Ortodossa, ai Cardinali e ai Vescovi cattolici che non hanno ceduto al compromesso, e a tutti coloro che si riconoscono nei principi universali e sacri della Legge naturale.<br />Su tutti voi, e su tutti coloro che condividono la nostra battaglia spirituale, imploro abbondanti benedizioni celesti attraverso l'intercessione della gloriosa Theotokos, la Vergine Madre di Dio.<br /><br />+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo,<br /><br />già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d'America<br /></i></span><br /><br />intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-72727812927876037612024-02-24T23:40:00.002+01:002024-02-24T23:40:31.209+01:00MISTICA DELLA QUARESIMA<span style="font-family: verdana;"><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8avWeFRO-GvPTYiVk7C8iOnCWkg8oVnYHpgpNpu6sc93INmn4KTf3qqQn796zT6Ffn4uOWPW1tYvcFAWdXChYX4LCc1oaKHYm4t3xgHIHs8Behr23hQ-qEHy4o1etHFfM-s62c3bIewFwXTNvlK_GcnRWGUgUpC8IpbY-tC_k-G5w398KzhfiZtqVTQFa/s2009/Schermata-2021-02-25-alle-17.40.50.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1224" data-original-width="2009" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8avWeFRO-GvPTYiVk7C8iOnCWkg8oVnYHpgpNpu6sc93INmn4KTf3qqQn796zT6Ffn4uOWPW1tYvcFAWdXChYX4LCc1oaKHYm4t3xgHIHs8Behr23hQ-qEHy4o1etHFfM-s62c3bIewFwXTNvlK_GcnRWGUgUpC8IpbY-tC_k-G5w398KzhfiZtqVTQFa/s320/Schermata-2021-02-25-alle-17.40.50.png" width="320" /></a></div><br /><br />Non ci si deve meravigliare se un tempo così sacro come quello della Quaresima sia così pieno di misteri. La Chiesa, che la considera come la preparazione alla più gloriosa delle sue feste, ha voluto che questo periodo di raccoglimento e di penitenza fosse caratterizzato dalle circostanze più idonee a risvegliare la fede dei cristiani ed a sostenere la loro costanza nell'opera dell'espiazione annuale.<br /><br />Nel Tempo della Settuagesima riscontrammo il numero settuagenario, che ci richiama i settant'anni della cattività in Babilonia, dopo i quali il popolo di Dio, purificato dalla sua idolatria, doveva rivedere Gerusalemme e celebrarvi la Pasqua. Ora è il numero quaranta che la santa Chiesa presenta alla nostra religiosa attenzione, il numero che, al dire di san Girolamo, è sempre quello della pena e dell'afflizione (Comm. d'Ezechiele, c. 20).<br /><br />Il numero 40 e il suo significato.<br /><br />Ricordiamo la pioggia dei quaranta giorni e delle quaranta notti, causata dai tesori della collera di Dio, quando si pentì d'aver creato l'uomo (Gen 7,12) e sommerse nei flutti il genere umano, ad eccezione d'una sola famiglia. Pensiamo al popolo ebreo che errò quaranta anni nel deserto, in punizione della sua ingratitudine, prima di poter entrare nella terra promessa (Num 14,33). Ascoltiamo il Signore, che ordina al profeta Ezechiele (4,6) di starsene coricato quaranta giorni sul suo lato destro, per indicare la durata d'un regno al quale doveva seguire la rovina di Gerusalemme.<br /><br />Due uomini, nell'Antico Testamento, hanno la missione di raffigurare nella propria persona le due manifestazioni di Dio: Mosè, che rappresenta la legge, ed Elia, nel quale è simboleggiata la profezia. L'uno e l'altro s'avvicinano a Dio; il primo sul Sinai (Es 24,18), il secondo sull'Oreb (3Re 19,8); ma sia l'uno che l'altro non possono accostarsi alla divinità, se non dopo essersi purificati con l'espiazione di un digiuno di quaranta giorni.<br /><br />Rifacendoci a questi grandi avvenimenti, riusciremo a capire perché mai il Figlio di Dio incarnato per la salvezza degli uomini, avendo deciso di sottoporre la sua divina carne ai rigori del digiuno, volle scegliere il numero di quaranta giorni per quest'atto solenne. L'istituzione della Quaresima ci apparirà allora in tutta la sua maestosa severità, e quale mezzo efficace per placare la collera di Dio e purificare le nostre anime. Eleviamo dunque i nostri pensieri al di sopra dello stretto orizzonte che ci circonda, e vedremo lo spettacolo di tutte le nazioni cristiane del mondo, offrire in questi giorni al Signore sdegnato quest'immenso quadragenario dell'espiazione; e nutriamo la speranza che, come al tempo di Giona, egli si degnerà anche quest'anno fare misericordia al suo popolo.<br /><br />L'esercito di Dio.<br /><br />Dopo queste considerazioni relative alla durata del tempo che dobbiamo passare, apprendiamo ora dalla Chiesa sotto quale simbolo essa considera i suoi figli durante la santa Quarantena. La Chiesa vede in essi un immenso esercito, che combatte giorno e note contro il nemico di Dio. Per questa ragione il Mercoledì della Ceneri essa ha chiamato la Quaresima la carriera della milizia cristiana. Per ottenere infatti quella rigenerazione che ci farà degni di ritrovare le sante allegrezze dell'Alleluia, noi dobbiamo aver trionfato dei nostri tre nemici: il demonio, la carne e il mondo. Insieme al Redentore che lotta sulla montagna contro la triplice tentazione e lo stesso Satana, dobbiamo essere armati e vegliare senza stancarci. Per sostenerci con la speranza della vittoria ed animarci a confidare nel divino soccorso, la Chiesa ci presenta il Salmo 90, che colloca fra le preghiere della Messa nella prima Domenica di Quaresima, e del quale attinge quotidianamente molti versetti per le diverse Ore dell'Ufficio. Con la meditazione di quel salmo vuole che contiamo sulla protezione che Dio stende sopra di noi come uno scudo; che attendiamo all'ombra delle sue ali; che abbiamo fiducia in lui, perché egli ci strapperà dal laccio del cacciatore infernale, che ci aveva rapita la santa libertà dei figli di Dio; che siamo assicurati del soccorso dei santi Angeli, nostri fratelli, ai quali il Signore ha dato ordine di custodirci in tutte le nostre vie, e che, testimoni riverenti della lotta sostenuta dal Salvatore contro Satana, s'avvicinarono a lui dopo la vittoria per servirlo e rendere i loro omaggi. Entriamo nei sentimenti che la santa Chiesa ci vuole ispirare, e durante questi giorni che dovremo lottare ricorriamo spesso al bel canto che essa ci indica come l'espressione più completa dei sentimenti che devono animare, in questa santa campagna, i soldati della milizia cristiana.<br /><br />La pedagogia della Chiesa.<br /><br />Ma la Chiesa non si limita a darci una semplice parola d'ordine contro le sorprese del nemico; per occupare tutta la nostra mente ci mette davanti tre grandi spettacoli, che si svolgeranno giorno per giorno fino alla festa di Pasqua, e ciascuno dei quali ci procurerà delle pie emozioni insieme alla più solida istruzione.<br /><br />Gesù Cristo perseguitato e mandato a morte.<br /><br />Prima assisteremo alla fine della congiura dei Giudei contro il Redentore: congiura che si inizia ora per esplodere il Venerdì Santo, quando vedremo il Figlio di Dio inchiodato sull'albero della Croce. Le passioni che si agitano in seno alla Sinagoga si manifesteranno di settimana in settimana, e noi le potremo seguire in tutto il loro svolgersi. La dignità, la pazienza e la mansuetudine dell'augusta vittima ci appariranno sempre più sublimi e più degne di un Dio. Il dramma divino che vedremo aprirsi nella grotta di Betlem continuerà fino al Calvario; e per seguirlo, non abbiamo che da meditare le letture del Vangelo che la Chiesa ci presenterà giorno per giorno.<br /><br />La preparazione al Battesimo.<br /><br />In secondo luogo, ricordandoci che la festa di Pasqua è per i Catecumeni il giorno della nuova nascita, riandremo col pensiero a quei primi secoli del Cristianesimo, quando la Quaresima era l'ultima preparazione dei candidati al Battesimo. La sacra Liturgia ha conservata la traccia di quell'antica disciplina, di modo che, mentre ascolteremo le splendide letture dei due Testamenti, con le quali terminava l'ultima iniziazione, ringrazieremo Dio, che si degnò di farci nascere in tempi, nei quali il bambino non deve più attendere l'età dell'uomo per esperimentare le divine misericordie. Penseremo pure a quei nuovi Catecumeni che, anche ai nostri giorni, nei paesi evangelizzati dai nostri moderni apostoli, aspettano, come nei tempi antichi, la grande solennità del Salvatore che vince la morte, per discendere nella sacra piscina ed attingervi un nuovo essere.<br /><br />La pubblica penitenza.<br /><br />Finalmente durante la Quaresima dobbiamo richiamare alla memoria quei pubblici Penitenti che, espulsi solennemente dall'assemblea dei fedeli il Mercoledì delle Ceneri, formavano in tutto il corso della santa Quarantena un oggetto di materna preoccupazione per la Chiesa, che doveva ammetterli, se lo meritavano, alla riconciliazione, il Giovedì Santo. Una serie ammirabile di letture destinata alla loro istruzione e ad interessare i fedeli a loro favore, scorrerà sotto i nostri occhi; poiché la Liturgia non ha perduto niente di quelle solide tradizioni. Ci ricorderemo allora con quale facilità sono state a noi perdonate le iniquità, che forse nei secoli passati non ci sarebbero state rimesse, se non dopo dure e solenni espiazioni; e, pensando alla giustizia del Signore, che non muta mai, qualunque siano i cambiamenti che l'accondiscendenza della Chiesa introdusse nella sacra disciplina, ci sentiremo tanto più portati ad offrire a Dio il sacrificio d'un cuore veramente contrito e ad animare con un sincero spirito di penitenza le piccole soddisfazioni che presenteremo alla sua divina Maestà.<br /><br />Riti e Usanze liturgiche.<br /><br />Per conservare al sacro tempo della Quaresima il carattere di austerità che gli conviene la Chiesa, per moltissimi secoli, si mostrò molto riservata nell'ammettere feste in questo periodo dell'anno, perché esse recano sempre con sé dei motivi di gioia. Nel IV secolo, il Concilio di Laodicea già mostrava tale disposizione nel suo 51.o Canone, là dove permetteva di celebrare la festa dei santi solo i sabati e le domeniche. La Chiesa greca si mantiene in questo rigore, e solo parecchi secoli dopo il Concilio di Laodicea permise, per il 25 marzo, la festa dell'Annunciazione.<br /><br />La Chiesa Romana conservò per lungo tempo questa disciplina, almeno all'inizio; però ammise molto presto la festa dell'Annunciazione, ed in seguito quella dell'Apostolo san Mattia, il 24 febbraio e in questi ultimi secoli aprì il suo calendario a diverse altre feste nella parte corrispondente alla Quaresima, ma sempre però con limitata misura, per rispettare lo spirito dell'antichità.<br /><br />La ragione per cui la Chiesa Romana ammise più facilmente le feste dei Santi nella Quaresima è che gli Occidentali non ritengono la celebrazione delle feste incompatibile col digiuno; mentre i Greci sono persuasi del contrario, tanto che il sabato, considerato sempre dagli Orientali un giorno solenne, non è mai per loro, giorno di digiuno, a meno che sia Sabato Santo. Per lo stesso motivo essi non digiunano il giorno dell'Annunciazione, per riguardo alla solennità di tale festa.<br /><br />Questo modo di pensare degli Orientali diede origine, verso il VII secolo, ad un'istituzione ch'è loro particolare, chiamata da essi la Messa dei Presantificati, cioè delle cose consacrate in un sacrificio precedente. Ogni domenica di Quaresima il celebrante consacra sei ostie, di cui una la consuma nel Sacrificio, le altre cinque sono riservate per una semplice comunione da farsi in ciascuno dei cinque giorni seguenti, senza Sacrificio. La Chiesa latina pratica questo rito una sola volta l'anno, il Venerdì Santo, e per una ragione profonda che spiegheremo a suo tempo.<br /><br />Il principio di tale usanza presso i Greci è scaturito evidentemente dal 49.o Canone del Concilio di Laodicea, che prescrive di non offrire il pane del sacrificio in Quaresima, se non il sabato e la domenica. Nei secoli seguenti i Greci conclusero da questo canone che la celebrazione del Sacrificio non si poteva conciliare col digiuno; e da una loro controversia avuta nell'XI secolo col legato Umberto (Contro Niceta, t. iv), sappiamo, che la Messa dei Presantificati, che ha in suo favore un canone del famosissimo concilio chiamato in Trullo, tenuto nel 692, era giustificata dai Greci da ciò che in quel Canone si affermava e cioè che la comunione del corpo e del sangue del Signore rompeva il digiuno quaresimale.<br /><br />I Greci celebrano detta cerimonia la sera, dopo l'Ufficio dei Vespri; in essa il solo celebrante si comunica, come da noi il Venerdì Santo. Però da molti secoli, fanno eccezione per il giorno dell'Annunciazione, nella quale solennità, siccome è sospeso il digiuno, celebrano il Sacrificio e i fedeli si comunicano. La norma del Concilio di Laodicea pare non sia stata mai accolta dalla Chiesa d'Occidente, e non troviamo, a Roma, nessuna traccia della sospensione del sacrificio in Quaresima.<br /><br />La mancanza di spazio ci obbliga a non accennare che leggermente a tutti i dettagli di questo capitolo. Se non che ci resta ancora da dire qualche cose circa le consuetudini della Quaresima in Occidente. Già ne abbiamo fatte conoscere e spiegate parecchie del Tempo della Settuagesima. La sospensione dell'Alleluia, l'uso del colore violaceo nei paramenti sacri, la soppressione della dalmatica del diacono e della tunica del suddiacono; i due inni gioiosi Gloria in excelsis e Te Deum laudamus, entrambi proibiti; il Tratto, che supplisce nella Messa il versetto alleluiatico; l'Ite, missa est, sostituito da un'altra formula; l'Oremus della penitenza che si recita sul popolo a fine Messa, nei giorni della settimana in cui non si celebra la festa d'un Santo; i Vespri sempre anticipati prima di mezzogiorno, eccetto le Domeniche: sono diversi riti già noti ai nostri lettori. Quanto alle cerimonie attualmente in uso, rimangono da notare le preghiere che si fanno in ginocchio alla fine d'ogni Ora dell'Ufficio, nei giorni feriali, ed anche la consuetudine in virtù della quale nei medesimi giorni, tutto il Coro rimane genuflesso durante l'intero Canone della Messa.<br /><br />Ma le nostre Chiese d'Occidente praticavano ancora in Quaresima altri riti, che da parecchi secoli sono caduti in disuso, sebbene alcuni di essi si siano conservati, in talune località, fino ai nostri giorni. Il più importante di tutti era quello di stendere un gran velo, ordinariamente di colore violaceo, chiamato cortina, fra il coro e l'altare, così che né il clero né il popolo potevano più vedere i santi Misteri che vi si celebravano dietro. Il velo simboleggiava il dolore della penitenza, al quale si deve sottoporre il peccatore, per meritare di contemplare di nuovo la maestà di Dio, il cui sguardo fu oltraggiato dalle sue iniquità [1]. Esso significava anche le umiliazioni di Cristo, che furono scandalo alla superbia della Sinagoga, ma poi scomparvero tutto ad un tratto, come un velo che in un attimo si toglie, per dar luogo agli splendori della Risurrezione (Onorio d'Autun, Gemma animae, l. iii, c. lxvi). La medesima usanza, fra gli altri luoghi. è rimasta anche nella Chiesa metropolitana di Parigi.<br /><br />In molte Chiese c'era anche la consuetudine di velare la croce e le immagini dei santi fin dall'inizio della Quaresima, per ispirare una più viva compunzione ai fedeli, i quali si vedevano così privati della consolazione di posare lo sguardo sopra gli oggetti cari alla loro pietà. Però questa pratica, che s'è pure conservata in alcuni luoghi (come nel Rito Ambrosiano) è meno giustificata di quella della Chiesa Romana, la quale copre i crocifissi e le immagini solo nel tempo di Passione, come a suo luogo spiegheremo.<br /><br />Apprendiamo dagli antichi cerimoniali del Medio Evo, che si solevano fare durante la Quaresima numerose processioni da una chiesa all'altra, particolarmente i mercoledì e i venerdì; nei monasteri queste processioni si facevano attraverso i chiostri, ed a piedi nudi (Martène, De antiquis Ecclesiae ritibus, t. iii, c. xviii). Erano un'imitazione delle Stazioni di Roma, che in Quaresima sono giornaliere, e che, per molti secoli, cominciavano con una processione solenne alla chiesa stazionale.<br /><br />Finalmente, la Chiesa ha sempre moltiplicato le sue preghiere durante la Quaresima. Fino a questi ultimi tempi la disciplina voleva che nelle chiese cattedrali e collegiali, purché non esenti da una consuetudine contraria, si doveva aggiungere alle Ore Canoniche: il lunedì l'Ufficio dei Morti, il mercoledì i salmi Graduali, e il venerdì i Salmi Penitenziali. Nelle Chiese di Francia, nel Medio Evo, si doveva aggiungere un Salterio intero, ogni settimana, all'Ufficio ordinario (Martène, ivi, t. iii, c. xviii).<br /><br />[1] "Sappiamo dall'antica disciplina della Chiesa, che i pubblici penitenti erano sottoposti, durante la santa Quarantena, ad un regime speciale di penitenza, che cominciava in Quaresima con l'imposizione delle ceneri e l'espulsione dalla chiesa, e terminava il Giovedì Santo con la pubblica riconciliazione. Ora a mano a mano che lo stretto regime della penitenza pubblica andò scemando, l'idea della pubblica penitenza si estese alla generalità dei fedeli. Così noi vediamo il clero e i fedeli chiedere ben presto spontaneamente l'imposizione delle ceneri e, con ciò stesso, riconoscersi, in qualche maniera, pubblici penitenti: è come se l'intera comunità dei fedeli passasse la Quaresima nella pubblica penitenza.<br /><br />Ma, benché considerati come peccatori e penitenti, non potevano evidentemente tutti i fedeli esser cacciati fuori dalla chiesa; si doveva, allora, assolutamente rinunciare a ricordar loro alcune grandi verità che la Liturgia inculcava ai pubblici penitenti? I peccatori meritavano d'essere esclusi dalla chiesa, come Adamo era stato cacciato dal paradiso a causa della sua colpa: senza penitenza non era possibile raggiungere il regno del cielo e la visione di Dio. Quindi, non ha forse cercato la Liturgia di ribadire questa verità in una maniera sensibile, nascondendo alla loro vista l'altare, il santuario, l'immagine di Dio e quella dei Santi uniti a lui nella gloria celeste?" (C. Callewaert, Sacris erudiri, p. 699).<br /><br />da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 490-496</i><br /><br /></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-13205791606305109852024-02-16T19:08:00.005+01:002024-02-16T19:08:52.711+01:00Omelia di mons.Carlo Maria Viganò nel Mercoledì delle Sacre Ceneri, in capite Jejunii<div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-style: italic; font-weight: 700;"><br /></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: center;"><b><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCqPmneGlOrv9g0Rga5hKbOchH66ON06tn0GZ4k_tfJPD4A6WY8PartWX_afw_1Xsuj1dJNzWwEA842W5Srz36W5qSkMCPznt_XHtPKFD8ooE5LYu7M9hzO_qH6jRxm_IdzzzSJDt5XNFGZbxeZMWWOM-fSgr4zIPYZwxYg74Jom5_JiwI7IvZtdsMTVh0/s936/90c709ab-06b2-4ba3-bd3f-836919c4f6aa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="899" data-original-width="936" height="307" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCqPmneGlOrv9g0Rga5hKbOchH66ON06tn0GZ4k_tfJPD4A6WY8PartWX_afw_1Xsuj1dJNzWwEA842W5Srz36W5qSkMCPznt_XHtPKFD8ooE5LYu7M9hzO_qH6jRxm_IdzzzSJDt5XNFGZbxeZMWWOM-fSgr4zIPYZwxYg74Jom5_JiwI7IvZtdsMTVh0/s320/90c709ab-06b2-4ba3-bd3f-836919c4f6aa.jpg" width="320" /></a></div><br />ET NON DABO VOS ULTRA OPPROBRIUM IN GENTIBUS</i></b></div><br /><br /><br /><i><b><br /><br /><br /></b></i><div style="text-align: right;"><i><b>Immutemur habitu, in cinere et cilicio:</b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b>jejunemus, et ploremus ante Dominum:</b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b>quia multum misericors est dimittere peccata nostra</b></i></div><div style="text-align: right;"><i><b>Deus noster.</b></i></div><i><b><br /></b></i><div style="text-align: right;"><i><b>Giole 2, 13</b></i></div><br /> <br /><b><i><br />Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris.</i></b> </span><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>Abbiamo udito pronunciare queste parole poco fa, durante il rito dell’imposizione delle Ceneri: Ricordati, uomo, che sei polvere, e che polvere tornerai. Mentre ci apprestiamo ad entrare nel sacro tempo penitenziale della Quaresima in preparazione al tempo di Passione e alla Santissima Pasqua, è certamente salutare rammentarci da dove veniamo e cosa ci attende. <br /><br />Veniamo dalla polvere, con la quale il Creatore si è degnato di plasmare il nostro corpo in cui infondere un’anima immortale, facendoci a Sua immagine e somiglianza. Destinati alla beatitudine eterna, con il peccato siamo tornati nella polvere dell’esilio. Condannati alla perdita dell’immortalità, alla polvere della zolla abbiamo mescolato il sudore della nostra fronte. Chiamati in Abramo verso la terra promessa, nella polvere abbiamo attraversato il deserto. Nella polvere predicò il Precursore, nella polvere delle rocce il Signore fu tentato da Satana. Le nostre innumerevoli colpe hanno umiliato nella polvere del Golgota il Salvatore Nostro Gesù Cristo. Nella polvere si dissolverà il nostro corpo mortale dopo la sepoltura, in attesa della resurrezione della carne alla fine dei tempi. Nella polvere si consumerà il mondo, quando l’eterno Giudice verrà judicare sæculum per ignem. Polvere sono i monumenti antichi, polvere le carte dei sapienti, polvere i tesori raccolti, polvere i tessuti preziosi.<br /><br />E, per nostra consolazione, in polvere si sgretoleranno le dimore dei malvagi, in polvere saranno dispersi i loro averi, il loro denaro, i loro idoli. Come fieno presto appassiranno, cadranno come erba del prato (Sal 36, 2); poiché i malvagi saranno sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra. Ancora un poco e l’empio scompare, cerchi il suo posto e più non lo trovi (ibid. 9-10). In polvere si dissolveranno i loro piani infernali, i loro progetti di dominio, le loro agende e il loro great reset. Moriranno anch’essi, mentre il loro sogno di immortalità e di aperta sfida a Cristo si schianterà dinanzi a quella pena capitale cui nessun figlio di Adamo può sottrarsi. Il sepolcro si aprirà anche per loro, e con esso il Giudizio particolare e la giusta condanna.<br /><br />In questo destino di polvere che tutti inesorabilmente attende, dobbiamo portare impressa nella mente quella Croce che per qualche ora avremo segnata in fronte con la cenere, causa proferendæ humilitatis (Bened. Cinerum, 2a Oratio); perché solo la Croce è la nostra unica speranza – spes unica – nel dissolversi delle cose effimere. Stat Crux dum volvitur orbis. Ma per amare la Croce, per comprendere la sua ineluttabilità e necessità se vogliamo salvarci, occorre comprendere – nei limiti della nostra umana fragilità – quale ineffabile miracolo di Carità abbia mosso la Santissima Trinità – il sommo Iddio Uno e Trino – a decretare che il Verbo eterno del Padre dovesse incarnarSi, patire e morire per redimere l’umanità peccatrice in Adamo. Deus caritas est (I Jo 4, 8). Il miracolo della divina Carità che brucia nelle fiamme dell’amore purissimo del Figlio immolato, le colpe degli uomini e ripara la loro infinita offesa immolando Dio a Dio, sacrificando il Figlio per le colpe del servo, e giungendo a renderSi realmente presente nell’Augustissimo Sacramento dell’Altare fino alla fine dei tempi perché la creatura si nutra del Creatore, perché lo schiavo si alimenti del proprio Liberatore. Caritas ejus in nobis consummata est (ibid., 12)<br /><br />La magnificenza di Dio sfolgora nell’opera creatrice del Padre, che chiama all’essere dal nulla; nell’opera redentrice del Figlio, che ripristina in Croce l’ordine divino infranto dal peccato; nell’opera santificatrice dello Spirito Santo, che riversa nelle anime gli infiniti meriti della Redenzione mediante la Grazia. E in questo splendore divino ogni creatura è creata in modo unico ed irripetibile: non vi è la venatura di una foglia che sia uguale all’altra, e nessun uomo è identico all’altro. Similmente, ogni anima si trova redenta in modo altrettanto unico, e in modo irripetibile è toccata dalla Grazia. La Santissima Trinità – proprio perché Dio onnipotente – ha un rapporto personale con ogni anima, dal momento in cui essa è pensata e voluta e amata. Il Padre non crea in serie. Il Figlio non redime masse indistinte. Il Paraclito non santifica a caso. È sempre un rapporto personale, individuale, unico per le mille vie che il Signore sceglie per accompagnarci, ammonirci, incoraggiarci, premiarci o – Dio non voglia! – punirci. Ciascuno di noi sa bene quante infedeltà dobbiamo rimproverarci, e quante volte la Misericordia di Dio ci ha risollevato de stercore e ci ha aiutato a progredire nel Suo amore. <br /><br />Ma come l’azione creatrice, redentrice e santificatrice della Santissima Trinità si manifesta in modo diverso e unico per ciascuno di noi, così unico e personale è il nostro rapporto con Dio – che non esclude ovviamente la mediazione della Chiesa – nel rispondere e nel corrispondere alla volontà del Signore. Ciò significa che le buone azioni che compiamo, i sacrifici che accettiamo, le penitenze e i digiuni che facciamo, le preghiere che recitiamo salgono al cospetto della Maestà Divina con su scritto, per così dire, il nostro nome. Dirigatur, Domine, oratio mea sicut incensum in conspectu tuo; elevatio manuum mearum sacrificium vespertinum (Sal 140, 2). E quel nome noto solo all’onniscienza di Dio vi rimane anche quando quelle buone opere sono riposte nel Tesoro di Grazie insieme ai meriti infiniti di Nostro Signore e a quelli di tutti i Santi a cui attinge la Provvidenza. Questa è una grande consolazione, perché rende ciascuno di noi veramente unico nel progetto di Dio. Ma per lo stesso motivo sono individuali e uniche anche le nostre colpe, i nostri peccati: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?» (Mt 26, 68). Ogni nostro peccato – meditiamolo spesso, specialmente in questa Quaresima – è uno sputo al Volto di Cristo, un colpo di canna che affonda le spine della corona nel Suo Capo. Ogni nostra colpa è una verberata che lacera le Sue Carni, un colpo di flagello che le squarcia, un colpo di martello nei palmi delle Sue Mani, una ferita di lancia al Suo Costato. E quei colpi, quegli schiaffi, quegli sputi portano su scritto il nostro nome. Come portano il nostro nome le frecce acuminate con cui trapassiamo il Cuore Immacolato della Sua Santissima Madre, misticamente unita alla Passione del Figlio. <br /><br />Ma se le vicende presenti e l’attacco infernale del Nemico ci vedono impegnati in una guerra logorante che troppo spesso ci distoglie dalla preghiera, dal raccoglimento e dalla penitenza, in questo sacro tempo di Quaresima noi siamo chiamati ad esercitare lo spirito – come in un allenamento dell’anima – per rafforzarlo nell’amore di Dio, nell’unione alla Sua Passione e nella fuga dal peccato. <br /><br />Così, come un soldato si cimenta in quelle discipline nelle quali si troverà poi a combattere, parimenti il fedele, che è soldato di Cristo, non può affrontare con efficacia lo scontro spirituale senza prima essersi esercitato nella lotta contro il mondo, la carne e il diavolo. La preghiera posta alla fine dell’imposizione delle Ceneri usa una terminologia chiaramente militare: Concede nobis, Domine, præsidia militiæ christianæ sanctis inchoare jejuniis: ut, contra spiritales nequitias pugnaturi, continentiæ muniamur auxilio. E se nella battaglia quotidiana dobbiamo schierarci principalmente contro nemici esterni, durante la Quaresima il nostro primo nemico siamo noi stessi, ad iniziare dal nostro difetto dominante: perché le armi che ci mette a disposizione il Signore devono trovarci in grado di impugnarle, mentre troppo spesso crediamo di poter scendere nel campo di battaglia con le nostre sole forze.<br /><br />Immutemur habitu, in cinere et cilicio. Cambiamo comportamento, mutiamo la nostra condotta nella cenere e col cilicio, ossia tenendo ben fisso il nostro destino eterno, e con esso la caducità delle cose di questo mondo. Cambiamo la prospettiva dalla quale osserviamo gli eventi, considerando che tutte le nostre azioni, buone e cattive, non rimangono senza nome, né senza ricompensa o punizione. Non possiamo prendere a pretesto della nostra indolenza la società, la Gerarchia, i governanti, gli eversori del Nuovo Ordine Mondiale, i traditori, i malvagi, i tiepidi cercando di giustificare la nostra condotta o di sottrarci alla cenere e al cilicio, ossia allo spirito di penitenza e rinuncia alle cose di questo mondo che è l’unica palestra di umiltà e santità. Non declines cor meum in verba malitiæ, ad excusandas excusationes in peccatis (Sal 140, 4). Perché il Giudizio di Dio è personale, e individuale è il merito delle nostre azioni. Le iniquità altrui siano dunque uno sprone a rimediare, riparare, espiare e non un alibi dietro al quale nasconderci. Emendemus in melius: ripariamo al male commesso nella nostra ignoranza affinché, colti all’improvviso dal giorno della morte, non cerchiamo inutilmente tempo di pentirci e non ci sia possibile trovarlo (Impositio Cinerum, Responsorium).<br /><br />Guardiamo alla Vergine Santissima, prescelta dalla Santissima Trinità per essere tabernacolo vivente del Dio Incarnato: il Suo benedetto Fiat – personale e formulato nel silenzio dell’interiorità – ha reso possibile la nostra Redenzione. Sia esso ogni giorno – e specialmente in questo tempo propizio di digiuno e penitenza – il modello di obbedienza alla volontà del Signore. E così sia.<br /><br /> <br /></i><br /><b><i>+ Carlo Maria, Arcivescovo<br /><br /></i></b><div style="text-align: right;"><b><i>14 Febbraio 2024</i></b></div><div style="text-align: right;"><b><i>Feria IV Cinerum</i></b></div></span></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-10451793103527322162024-02-11T12:31:00.005+01:002024-02-11T12:31:55.551+01:00 Le solenni “Sante Quarantore”<i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLYlbr-RkyaKjDxc-KGafsDqfmTKMpTrBhAS7dFVXGD78LDywdS_8jazpM-IEAxNrlXyxp9lG4hkIknUuZpVNIHQlCK1A9Qu9dZl6O1vMOyYVx77YFHm2iDvsQEE2o3kY4UcYNuVyVSJoefByEq2F-tPxeQ_dsLl4PgQDeZKgrYmEIof4eY3Z02l50sgKg/s1017/8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="1017" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLYlbr-RkyaKjDxc-KGafsDqfmTKMpTrBhAS7dFVXGD78LDywdS_8jazpM-IEAxNrlXyxp9lG4hkIknUuZpVNIHQlCK1A9Qu9dZl6O1vMOyYVx77YFHm2iDvsQEE2o3kY4UcYNuVyVSJoefByEq2F-tPxeQ_dsLl4PgQDeZKgrYmEIof4eY3Z02l50sgKg/s320/8.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /><br /><b> “Solenni Quarantore” </b>o<b> “Sante Quarantore”</b>: ci viene subito in mente che si tratti di una forma di adorazione eucaristica ma ci chiediamo: <b>“Perché 40 ore?”</b>, <b>“Perché dobbiamo farle?”</b>, <b>“Cos’è di preciso l’adorazione eucaristica e come va fatta?”</b><br /><br />Quaranta ore, secondo il calcolo di S. Agostino, dalle tre di quel giorno che gli Ebrei chiamavano <b>“parasceve”</b> alle sette del mattino dell’ottavo giorno, dal momento in cui Cristo, <b>“chinato il capo, spirò” </b>all’annuncio della resurrezione.<br /><br />Le Quarantore, una pratica che pare sia nata in Dalmazia nel 1214 e fu poi portata in Italia a inizio Cinquecento, (dovrebbe essere stata praticata a Roma in occasione del <b>“sacco” </b>nel 1527, come preghiera di intercessione e liberazione, e poi in concomitanza di altre calamità naturali sociali o sanitarie), lanciata dai Barnabiti e consolidata dai Gesuiti, per passare poi, in Spagna, Francia, Germania e nel resto d’Europa e poi nell’Ottocento negli Stati Uniti, allorché il Vescovo Neuman le introdusse nella diocesi di Philadelphia.<br /></span></i><div><i><span style="font-family: verdana;">Se le Quarantore sono nate come una modalità di adorazione prolungata legata al venerdì santo, dobbiamo ricordare che i Gesuiti le proposero in forma solenne e festosa in occasione di uno spettacolo licenzioso, a cui dovevano costituire un’alternativa. E ci riuscirono pienamente. Si diffuse pertanto l’idea di celebrarle a Carnevale, tempo di trasgressione, e poi quattro volte l’anno. Divennero poi una modalità di preghiera intensa in occasione di grandi calamità naturali e ad esse fu associata l’elargizione di indulgenze. <b>“La storia dice che, durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. L’adorazione coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia. Per tre giorni si stabiliva quasi una tregua Dei perché «i violenti diventavano mansueti; i ladri restituivano il maltolto; i falsari diventavano onesti; i nemici si riconciliavano; la gioventù si innamorava di Dio e i sacerdoti non si allontanavano dall’altare e dai confessionali»” </b>(Egidio Picucci , “L’Osservatore Romano”, 2-3 maggio 2005). Una staffetta di adoratori che non lasciassero mai il Santissimo inadorato, che si alternava nelle ore diurne e notturne, era il panorama delle Quarantore prima nelle grandi città, poi nei piccoli centri.</span></i></div><div><i><span style="font-family: verdana;">È opportuno che riscopriamo il valore e il culto per l’Eucaristia: i padri spirituali sottolineano l’importanza dell’attenzione nel ringraziamento dopo-comunione come elemento basilare per crescere nella spiritualità eucaristica. Fare adorazione (dal latino <b>“ad orem”,</b> cioè<b> ‘alla bocca’,</b> dove si porta il dito indice in segno di richiesta di silenzio, per rispetto verso qualcosa che è più importante) è ritrovarsi come i discepoli che 2000 anni fa si radunavano attorno a Gesù e lo ascoltavano, dialogavano con lui, rileggevano la propria vita alla luce delle sue parole, si convertivano. L’adorazione eucaristica è momento di discernimento delle situazioni della propria vita davanti a Gesù sacramentato.Le Quarantore sono la rievocazione del periodo che intercorre tra la morte di Gesù e la sua risurrezione. Nella Bibbia spesso il numero 40 viene utilizzato come simbolo per indicare un periodo di prova e di isolamento. Nella prassi rituale ricorrono due modalità di celebrazioni delle Quarantore: un turno annuale ininterrotto di adorazione che si perpetua di chiesa in chiesa e una forma sporadica, solo ad alcuni momenti dell’anno, fatta spesso senza l’adorazione notturna, che è quella più diffusa e in uso ancora oggi in molte comunità parrocchiali. </span><br /></i><div><i><span style="font-family: verdana;">Nei secoli XVII e XVIII questa seconda forma fu introdotta nei tre giorni precedenti il mercoledì delle Ceneri come funzione riparatrice da opporre alle intemperanze del Carnevale, sostenuta e diffusa soprattutto dai Gesuiti ma già prima del 1550 l’esposizione prolungata del Santissimo Sacramento a Roma fu voluta fortemente dal buon San Filippo Neri per la Confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini a Roma,</span></i><i><span style="font-family: verdana;">che ne organizzò diverse, nella chiesa di San Salvatore in Campo e nella sede di alcune Confraternite quali, Santa Caterina da Siena, Orazione e buona Morte..</span></i><i><span style="font-family: verdana;">. Questa devozione fu valorizzata da Giovanni Giovenale Ancina che formulò delle istruzioni precise e compose pezzi musicali dedicati a questa celebrazione.</span></i></div><div><i><span style="font-family: verdana;">Eventi ancora più spettacolari,venivano offerti tra una predica, che nello Stato Pontificio non si negava mai a nessuno, una sacra rappresentazione e una Via Crucis, erano le Quarantore.<br /><br />Diverse erano le forme di rappresentare l’esposizione nelle Quarantore: ad esempio i Cappuccini usavano una scenografia povera costituita da croci e corone di spine che richiamavano la Passione di Gesù mentre i gesuiti pagavano fior di baiocchi agli artisti, per queste architetture effimere, come per esempio Carlo Rainaldi, tanto che questi catafalchi, furono, in analogia con quelli delle processioni, definiti <b>“macchine”</b>, strumenti per provocare lo stupore del pubblico.<br />Anche l’Esquilino non fu esente da questa passione: il Borromini era responsabile della macchina delle Quarantore di Santa Maria Maggiore, che colpì l’immaginazione dei contemporanei con le sue false prospettive e il viaggiatore napoletano Andrea Dessì ne cita, una definita molto semplice, presso la chiesa dei Celestini a Sant’Eusebio e una a Santa Bibiana, progettata dallo scenografo del Teatro Barberini Francesco Guitti, delle quali, per lo meno per quanto ne so io, non ne sono rimaste testimonianze iconografiche.<br /><br />A continuare queste tradizioni, a Roma non rimangono che la Basilica dei Santi Celso e Giuliano via del Banco di Santo Spirito, la chiesa Arciconfraternita di S. Maria dell’Orto a Trastevere che allestisce una struttura in legno intagliato e dorato, scolpita nel 1848 dal Maestro Filippo Clementi, che ospita ben 213 candele vere che vengono accese il Giovedì Santo dopo la S. Messa i <b>“Coena Domini”.</b>E la chiesa del</span></i><i><span style="font-family: verdana;">la Confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini a Roma.</span></i></div></div><div><i><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></div><div><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj17Vaz2iCjvICOscfkUCh2z4M36xmui3gmIEYXH5vxm8D7puptDPknPAPc4B4qTCydUaHweRIr70qxqzT1Q_Rmnh2JRGYzV4QoCF0s_-tE_NJdeyo5A3UP_P854JgLYVboENco837DTfJczPIqDzsUIOOwxQECtBBJ9pOvyUagXq98sesFLb6i2rEA6seS/s700/6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="564" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj17Vaz2iCjvICOscfkUCh2z4M36xmui3gmIEYXH5vxm8D7puptDPknPAPc4B4qTCydUaHweRIr70qxqzT1Q_Rmnh2JRGYzV4QoCF0s_-tE_NJdeyo5A3UP_P854JgLYVboENco837DTfJczPIqDzsUIOOwxQECtBBJ9pOvyUagXq98sesFLb6i2rEA6seS/s320/6.jpg" width="258" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2TuvPTdxb9C9mwUZNCtolmyJ6EHiMhpFNGOS5_fje9wkHu1hk1i_7ety3tYvWFn714U8sB4-_y8PsgWocXAQsK6CSUozBFiieT6BwAu-gXHK34kfnRM8CkmY_qISm4ahBOaW7vcRE5fc5U-YNXPLvaKXsTqiAdMiAkW0t29u1ug_O2z29FB37tNXxg4Ae/s957/quarantore_04.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="638" data-original-width="957" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2TuvPTdxb9C9mwUZNCtolmyJ6EHiMhpFNGOS5_fje9wkHu1hk1i_7ety3tYvWFn714U8sB4-_y8PsgWocXAQsK6CSUozBFiieT6BwAu-gXHK34kfnRM8CkmY_qISm4ahBOaW7vcRE5fc5U-YNXPLvaKXsTqiAdMiAkW0t29u1ug_O2z29FB37tNXxg4Ae/s320/quarantore_04.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLMKNvC3FVVjwjFzMBfxK9232ak9_cv46eRKAKXkAq_LpCyHlXqCbe2CUheutHbGpDW0AymNg74PgBzi67L1LIQVWYPY4LBesyUdnGq4jL2jXQs6e-NslYF9tASzbuWrbCEHpHRDZxmvjGtaNsTrMQt4NevpZZ1LkC_X6_-NlZGiqTMAch-9mGkc7b7Bmi/s957/corpus_domini_13.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="638" data-original-width="957" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLMKNvC3FVVjwjFzMBfxK9232ak9_cv46eRKAKXkAq_LpCyHlXqCbe2CUheutHbGpDW0AymNg74PgBzi67L1LIQVWYPY4LBesyUdnGq4jL2jXQs6e-NslYF9tASzbuWrbCEHpHRDZxmvjGtaNsTrMQt4NevpZZ1LkC_X6_-NlZGiqTMAch-9mGkc7b7Bmi/s320/corpus_domini_13.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-60553299617401787982024-02-10T09:36:00.003+01:002024-02-10T09:36:56.419+01:00 XXII Motivi per rifiutare il messale scaturito dalla riforma Roncalliana Giovanni XXIII 1962<div><br /></div><div><span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQbLpIZNb3x4cXlGIw3zYeOdmIbiYolpFBrKOdzxkJhPiVxBM9zBBESBzfoGnxGkKBwzpRnIWAoopAIq2fm7vzk4iPVdO0mp73oAVxIQXz2LyNMaIJhjJfNWjtnYxGRZT6i3BwIHHVa1_Va6Jde_hCp6uxkFYkRLYLGLHs1riDJ-rlOTkR0-aGnHepquQC/s245/180146_1702744661716_6388595_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="245" data-original-width="230" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQbLpIZNb3x4cXlGIw3zYeOdmIbiYolpFBrKOdzxkJhPiVxBM9zBBESBzfoGnxGkKBwzpRnIWAoopAIq2fm7vzk4iPVdO0mp73oAVxIQXz2LyNMaIJhjJfNWjtnYxGRZT6i3BwIHHVa1_Va6Jde_hCp6uxkFYkRLYLGLHs1riDJ-rlOTkR0-aGnHepquQC/w301-h320/180146_1702744661716_6388595_n.jpg" width="301" /></a></div><br /><i><b><br /></b></i></span></div><div><i style="font-family: verdana;"><b>I) Il Messale di San Pio X è stato promulgato da un Papa Santo canonizzato che condannò il modernismo e composto con la collaborazione di sacerdoti assolutamente ortodossi, in egual modo colti e pii.</b></i></div><div><span style="font-family: verdana;"><br /><i>(il messale roncalliano è stato promulgato da un papa già sospettato di modernismo che aprì le porte della Chiesa a eretici massoni e scismatici servendosi della preziosissima opera di demolizione dei frà massoni F.Antonelli e Annibale Bugnini.</i><br /><br /><b><i>II) Il messale di San Pio X è basato sui principi del Cattolicesimo in materia liturgica, seguita sempre e in ogni circostanza dai papi.</i><br /><i>Questo messale fu utilizzato,senza manomissioni, fino all'ascesa del cosidetto "Movimento Liturgico" negli anni cinquanta.</i><br /></b><br /><i>( il messale roncalliano fu basato invece sui principi del movimento liturgico condannati dai papi).</i><br /><br /><b>III)<i> Il Messale di San Pio X non innova nulla ma rimane strettamente legato alla tradizione per usare le parole di papa Benedetto XIV lambertini</i><br /></b><br /><i>( Il messale roncalliano è un ponte che apre una strada ad un promettente futuro per usare le parole di Annibale Bugnini)</i><br /><br /><b><i>IV) Nel Messale di San Pio X le preghiere ai piedi dell'altare sono sempre recitate</i><br /></b><br /><i>( nel messale roncalliano sono omesse alla festa della Purificazione mercoledì delle ceneri domenica delle Palme giovedì Santo e Sabato Santo e i quattro giorni delle rogazioni</i><br /><br /><i><b>V)La Colletta nel Messale di San Pio X nei giorni di minore rango liturgico, oltre la colletta del giorno, vengono recitate le collette di Nostra Signora Di Nostra Signora di tutti i Santi contro le persecuzioni della Chiesa per il Papa o per i fedeli defunti ecc..</b></i><br /><br /><i>(nel messale roncalliano tutte le collette vengono abolite)</i><br /><br /><b><i>VI) Le commemorazioni di unna festa di un rango minore di un Santo o di una domenica sono fatte in accordo con le rubriche del messale di San Pio X.</i><br /></b><br /><i>(nel messale roncalliano vengono abolite)</i><br /><br /><i><b>VII) Nel Messale di San Pio X le letture sulle Quattro Tempora sono sempre recitate</b></i><br /><br /><i>(nel messale roncalliano l'intero blocco delle letture diventono facoltative)</i><br /><br /><i><b>VIII) Nel messale di San Pio x l'epistola viene sempre letta dal sacerdote in una messa solenne , come stabilito da San PIO V</b></i><br /><br /><i>(Nel messale roncalliano siede a lato come nella riforma montiniana)</i><br /><br /><i><b>IX) il Vangelo viene sempre letto dal celebrante in una messa solenne come specificamente stabilito da San Pio V</b></i><br /><br /><i>(nel messale roncalliano lo può ascoltare mentre un'altro lo legge)</i><br /><br /><b><i>X) Nel Messale di San Pio X la sequenza del "Dies irae" deve essere sempre cantata in una messa da morto solenne</i><br /></b><br /><i>(nel messale roncalliano diventa opzionale)</i><br /><br /><i><b>XI)Il Credo nel Messale di San Pio X è recitato in moltissime feste, d'accordo con le rubriche</b></i><br /><br /><i>(nel messale roncalliano e abolito in moltissime feste)</i><br /><br /><i><b>XII) Il Canone, nel messale di San Pio X rimane invariato come dai tempi di San Gregorio Magno.</b></i><br /><br /><i>( nel messale roncalliano viene inserito San Giuseppe in modo tale da rendere il Canone ulteriolmente plasmabile e mutalile)</i><br /><br /><i><b>XIII) Nel Messale di San Pio X il Confiteor Misereatur e Indulgentiam devono sempre essere detti prima della Santa Comunione del Popolo</b></i><br /><br /><i>( nel messale roncalliano vengono aboliti )</i><br /><br /><b><i>XIV) Nel Messale di San Pio X il benedicamus Domino è detto al posto dell'ite missa est nelle domeniche di avvento quaresima nelle vigilie e nelle messe votive</i><br /></b><br /><i>( nel messale roncalliano è abolito eccetto quando dopo la messa segue una processione)</i><br /><br /><i><b>XV) Nel Messale di San Pio X l'ultimo Vangelo deve essere recitato alla fine della messa può essere l'inizio del vangelo di San Giovanni o il propio della festa occorrente.</b></i><br /><br /><i>( nel messale Roncalliano è abolito l'ultimo vangelo propio della festa con una sola eccezione non viene letto la III Domenica di Natale Giovedì Santo Sabato Santo e alla messa da requiem)</i><br /><br /><b><i>XVI) Nel Messale roncalliano sono abolite le seguenti feste:</i><br /><br /><i>San Giuseppe patrono della Chiesa universale e trasformato in artigiano</i><br /><br /><i>circoncisione di Nostro Signore Gesù trasformata in ottava di Natale</i><br /><br /><i>la festa del Santo Rosario della B.V.Maria traformata in festa della madonna del Rosario</i><br /><br /><i>XVII) Sono degradate le seguenti feste nel messale Roncalliano</i><br /><br /><i>San Giorgio</i><br /><br /><i>B.V.Maria Del Carmine</i><br /><br /><i>S.Alessio</i><br /><br /><i>Santi Ciriaco, Largo,e smeragdo,</i><br /><br /><i>impressioni delle stimmate di San Francesco</i><br /><br /><i>S.Eustachio e compagni</i><br /><br /><i>Nostra Signora della Mercede</i><br /><br /><i>San Tommaso becket</i><br /><br /><i>san Silvestro e la festa dei Sette Dolori di Maria Santissima</i><br /><br /><i>XVIII)Sono abolite nel messale roncalliano le seguenti ottave:</i><br /><br /><i>Epifania</i></b><br /><br /><b><i>Immacolata Concezione</i><br /><br /><i>Le ottave dei Santi Apostoli : Mattia, Giacomo, Bartolomeo, Matteo, e per finire l'ottava di tutti i Santi.</i><br /><br /><i>XIX) vengono abolite nel messale roncalliano le seguenti vigilie:</i><br /><br /><i>Epifania,Pentecoste,Immacolata Concezione,Tutti i Santi, Mattia Apostolo bartolomeo Apostolo, Giacomo Apostolo, Matteo Apostolo.</i><br /><br /><i>XX) Nel Messale di San Pio X i tre toni di voci del celebrante sono;udibile, segreto udibile dai circostanti l'altare</i></b><br /><br /><i>(nel messale roncalliano Aboliti)</i><br /><br /><i><b>XXI)Nel messale di San Pio X il celebrante sia se si trova al lato dell'Epistola che a quello del Vangelo fa sempre la riverenza verso la Croce quando nomina il Santo Nome</b></i><br /><br /><i>(nel messale Roncalliano la reverenza alla croce viene Abolita)</i><br /><br /><b><i>XXII) I Riti della settimana Santa sono riportati nel Messale di San Pio X fedelmente come sono le prescrizioni di San Pio V</i><br /></b><br /><i>(Con la riforma roncalliana del messale non abbiamo più una settimana Santa fedelmente alle prescrizioni di san Pio V ,ma bensì più fedele alla rifoma Montiniana con qualche piccolissima modifica.)</i><br /><br /></span><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><br /></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-50253027567357204112024-02-08T20:28:00.001+01:002024-02-08T20:28:10.664+01:00Mons. Carlo Maria Viganò HABEMUS PAPAM? Note all’ultimo saggio del prof. Massimo Viglione<span style="font-family: verdana;"><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU_-qpEBq03U48VDxU3S_0T7hmuRHEKgAc9d_y2m-2ty3WmGkdqpUXIOqfmHutUaIBuAPs5w5rzesiKOvIGE5IRApuKkItrWUR4QYCv2QR4HIZNkcFi2KFcN1vEeXYcKMTdaIGFvViKLPg6Qh3awFbasYAafnILCo-ogyS-2qCblSOQbvfbZfBiLSItGYX/s133/stemma-piccolo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="133" data-original-width="96" height="133" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU_-qpEBq03U48VDxU3S_0T7hmuRHEKgAc9d_y2m-2ty3WmGkdqpUXIOqfmHutUaIBuAPs5w5rzesiKOvIGE5IRApuKkItrWUR4QYCv2QR4HIZNkcFi2KFcN1vEeXYcKMTdaIGFvViKLPg6Qh3awFbasYAafnILCo-ogyS-2qCblSOQbvfbZfBiLSItGYX/s1600/stemma-piccolo.jpg" width="96" /></a></div><br />Habemus Papam? Il recente saggio del Prof. Massimo Viglione pone una domanda che solo undici anni fa era improponibile e impensabile per il Cattolico medio e forse anche per un canonista, dal momento che gli errori e le deviazioni del Vaticano II non si erano ancora palesati nella loro dirompente evidenza, giungendo ad essere affermati ore rotundo da colui che avrebbe dovuto invece condannarli. Pensiamo a Amoris Lætitia, al provvedimento con cui è stata modificata la dottrina sulla pena capitale o all’ultima, scandalosa dichiarazione Fiducia Supplicans, impugnata da intere Conferenze Episcopali. Con questo voglio dire che il recente “risveglio” di molti Cattolici – tra cui non posso non annoverare me stesso, nel percorso di ritorno alla Tradizione di questi ultimi anni – consente di capire anche solo intuitivamente, mediante il sensus Fidei, che non avremmo mai potuto veder profanare una Basilica romana da una simulazione di Messa di un finto vescovo anglicano senza prima l’abbraccio di Montini con il non meno eretico Patriarca Atenagora, o senza gli incontri di Assisi e le visite alle Sinagoghe da parte di Wojtyla e Ratzinger; e che se oggi Bergoglio prepara l’accesso al Sacerdozio per le donne, ciò lo si deve alla manomissione degli Ordini Sacri iniziata da Paolo VI con la temeraria soppressione degli Ordini Minori e del Suddiaconato, sempre in chiave ecumenica filo-protestante. <br /><br />Quello che a mio parere è il merito indiscutibile di quest’opera del Prof. Viglione non è solo l’aver saputo elencare sinteticamente e con chiarezza le varie tesi a proposito della risposta cattolica dinanzi all’eresia manifesta del Pontefice e alla vicenda della Rinunzia di Benedetto XVI, ma anche e soprattutto l’aver finalmente posto la domanda cruciale: Abbiamo un Papa? Perché è questa domanda, proprio nelle sue terribili implicazioni, che nessuno aveva osato sinora porre al grande pubblico, limitandosi a speculazioni accademiche o a marginali realtà ecclesiali. È questa la domanda che coraggiosamente pone l’Autore di un saggio di cui non posso che raccomandare vivamente un’attenta lettura.<br /><br />Questo è un libro “che farà discutere”, perché rende comprensibile un dibattito sinora confinato alle disquisizioni accademiche di (pochi) critici del presente “pontificato” o divulgato da personaggi che hanno strumentalizzato e polarizzato lo scontro per avere visibilità. Merito di Viglione è di aver riportato la questione sui binari di un sano realismo, sine ira et studio, e di aver reso comprensibile analizzando le diverse posizioni non più sulla mera ipotesi di un Papa eretico, ma sulla dolorosa evidenza dell’eresia di Jorge Mario Bergoglio e sulle risposte sinora avanzate. <br /><br />L’Autore non si limita alla semplice enumerazione delle tesi, ma mostra le criticità di alcune e la plausibilità di altre: tra queste ultime, quella da me formulata sul vizio di consenso che renderebbe nulla l’assunzione del Papato da parte di Bergoglio a causa di una deliberata volontà dolosa di appropriarsene per usarlo in modo opposto ai fini che gli ha dato il divino Fondatore della Chiesa, Nostro Signore. Altra tesi di grande valore – e per questo giustamente affrontata dall’Autore – è quella del prof. Enrico Maria Radaelli, relativa all’anomalia della Rinunzia e dell’invenzione del Papato emerito. Condivido la persuasione di Viglione circa la pertinenza e il rigore di questa analisi, specialmente se la si integra con il vitium consensus del successore di Benedetto XVI, come suggerito dallo stesso Radaelli, e la si legge alla luce dell’hegelismo dialettico di Ratzinger.<br /><br />Il prof. Viglione non intende fornire risposte definitive, ma anzitutto far sì che il tema sia affrontato e discusso, perché solo da una onesta presa di coscienza del “problema Bergoglio” possiamo approfondire la dottrina sul Papato in quegli aspetti che i Dottori della Chiesa e i canonisti del passato concepivano come remota eventualità, mentre per i Cattolici ostaggio della “chiesa sinodale” si sono mostrati come reali. <br /><br />Nell’elenco delle tesi sulla vacanza della Sede Apostolica non potevano non essere ricordate anche le elucubrazioni “fantacanoniche” del Codice Ratzinger di Andrea Cionci e dei suoi seguaci. Non sfuggirà al Lettore l’inconsistenza della fantomatica teoria della “sede impedita”, che costituisce una falsa premessa che inficia l’intero ragionamento, oltre a gettare – come rileva l’Autore – inquietanti ombre sulla onestà e la correttezza di agire di Benedetto XVI. Ritenere che egli abbia potuto lanciare dei messaggi criptici rivolti ad una ristretta cerchia di iniziati, basando questa convinzione su fatti del tutto opinabili e circostanziali – convinzione assurta a prova inoppugnabile ed ossessivamente imposta come verità dogmatica – relega le speculazioni di Cionci & Co. al genere fantasy mutuato da Dan Brown. <br /><br />Certo, il “pontificato” di Jorge Mario Bergoglio è un ἅπαξ, un caso unico in tutta la Storia bimillenaria della Chiesa, sia per le modalità che hanno portato il Gesuita Argentino sul Soglio di Pietro, sia per la palese complicità della deep church in questo piano eversivo, sia infine per la specularità dell’azione di Bergoglio in seno alla Chiesa – come esponente di punta della deep church – rispetto a quella del deep state nelle nazioni occidentali. Ma questo unicum è il frutto avvelenato di una malapianta le cui radici ideologiche affondano nel neomodernismo del Vaticano II, che riuscì a coniugare la devoluzione dell’autorità sacra del Romano Pontefice a organismi assembleari di matrice “democratica” con la progressiva trasformazione del Papa in tiranno divinis legibus solutus. Se un’istituzione separa infatti l’esercizio del potere dalla necessaria subordinazione all’autorità di Cristo Re e Pontefice, che ne è il supremo Garante, essa perde ogni sua legittimazione e non può che diventare, come già avvenuto nella sfera civile, espressione di lobby e di interessi senza alcun freno. Il paradosso – e l’astuzia luciferina – di questo colpo di stato ecclesiale è consistito nel mantenere le apparenze del Papato al solo scopo di poter pretendere obbedienza da quanti ancora credono che chi siede sul Soglio di Pietro sia il Vicario di Cristo scelto dallo Spirito Santo, mentre in realtà è un mercenario che abusa della fiducia e del rispetto dei fedeli per disperderli. Lo stesso fenomeno sta avvenendo nei governi temporali, dove i governanti rivendicano un potere illimitato – fino allo sterminio – sui propri cittadini, illusi che chi li rappresenta nei Parlamenti abbia come scopo il bene comune. E non è un caso se questa “dittatura democratica” sia stata possibile solo dopo aver spodestato Nostro Signore della Sua Signoria sulle nazioni.<br /><br />Quel che lascia ancora sperare in un risveglio delle coscienze è che le reazioni di laici, sacerdoti, vescovi e anche di parte del mondo profano dinanzi alla vexata quæstio non sono di scandalo o di stupore, ma di totale consapevolezza del “problema Bergoglio”. Il Prof. Viglione rileva anche la contraddizione di chi da un lato è consapevole e denuncia le deviazioni del Gesuita Argentino, ma dall’altro non ritiene che questo abbia alcuna conseguenza sul suo riconoscimento come Papa, limitandosi a considerare come “non magisteriali” i suoi interventi a cui non è dovuta obbedienza. Vi è da sperare che l’allargarsi della platea di Cattolici informati sul tema consenta di chiarire le posizioni più incoerenti di aprioristica “difesa d’ufficio” che rischia di sconfinare nell’aperta complicità. Ciò che è dunque riconosciuto in modo praticamente unanime dai Cattolici è l’anomalia del “papato” attuale: un’anomalia di cui i progressisti sono entusiasti e che i conservatori e tradizionalisti considerano inaudita e scandalosa, ma di cui tutti sono consapevoli, dal professore dell’Ateneo romano al semplice battezzato. <br /><br />Le risposte a questa anomalia rappresentano il tentativo di trovare una soluzione alla crisi che stiamo attraversando, che è unica nel suo genere e che – tengo a ribadirlo – non può essere giudicata secondo gli ordinari parametri di un sistema giuridico pensato per condizioni di relativa normalità. Ci troviamo infatti dinanzi ad un tradimento che non coinvolge solo alcuni settori dell’istituzione, ma tutti i suoi organi, a partire dai vertici; un tradimento iniziato sessant’anni fa, con l’abdicazione della Gerarchia dal suo dovere di predicare il Vangelo di Cristo contro l’antievangelo del mondo; un tradimento compiuto con la distruzione della Messa e della Liturgia, proprio perché gli eversori sanno bene il potere pedagogico dei riti e dei gesti nella trasmissione della Fede. E come nelle scuole si fa indottrinamento all’ideologia woke con la cancel culture, così nelle chiese sono state indottrinate intere generazioni all’ecumenismo, al disprezzo del proprio passato, all’accettazione di istanze incompatibili con il Magistero Cattolico. E tutto questo, scandalosamente, con la ratifica dell’autorità, anzi sotto sua deliberata spinta, sia nella sfera civile sia in quella ecclesiale. La domanda che ci dobbiamo dunque porre non è solo Habemusne Papam?, ma come sia stato possibile assistere in silenzio alla sistematica infiltrazione nella Chiesa di eretici e corrotti, le cui idee e i cui propositi erano ampiamente noti; e quale sia la responsabilità della Gerarchia – ad iniziare dai “Papi del Concilio”, nessuno escluso – in questa sostituzione sconsiderata e certamente disastrosa, soprattutto quando il potenziale distruttivo di questa operazione eversiva era evidente sin dal principio e c’era ancora modo di porvi rimedio. L’azione recente di Jorge Mario Bergoglio è perfettamente coerente con l’opera di erosione dottrinale, morale, disciplinare e liturgica condotta a partire dal Pontificato di Giovanni XXIII e mai interrotta, anche davanti allo svuotamento disastroso di chiese, seminari, conventi e scuole cattoliche. Anzi viene da pensare che il mancato intervento di fronte a questo patente fallimento sia una conferma della premeditazione e del dolo da parte di chi non ha mai avuto l’umiltà di rimettere in discussione le sue fallaci certezze. Anche qui, il parallelo con il deep state è evidente, perché in entrambi i casi gli scopi dichiarati (favorire il dialogo della Chiesa con il mondo moderno o rendere comprensibile la Liturgia ai fedeli da un lato; contenere una pandemia mortale o far fronte al cambiamento climatico dall’altro, giusto per fare due esempi) sono menzogne che servono a distrarre dal vero obiettivo, che è criminale e inconfessabile. <br /><br />Se la dissoluzione dello Stato è evidente nel tradimento dei governanti e nel loro asservimento alla lobby globalista allo scopo di ridurre la popolazione mondiale e ridurre in schiavitù quella rimanente, non meno palese è la dissoluzione della Chiesa – nella sua componente umana, ovviamente – nel tradimento della maggioranza della Gerarchia cattolica, asservita anch’essa agli stessi padroni allo scopo di eliminare quel κατέχων (2Tes 2, 6) che impedisce al “mistero di iniquità” di manifestarsi. Come ho già ricordato, non ci troviamo in una Chiesa la cui Gerarchia è cattolica e si trova un Papa che professa un’eresia ma che allo stesso tempo è sinceramente intenzionato a pascere il Gregge del Signore, bensì davanti a una Chiesa eclissata da un colpo di stato, nella quale ogni Dicastero, ogni Ateneo, ogni Seminario, ogni Diocesi, ogni parrocchia, ogni convento sono diretti e gestiti dalla deep church, nell’ostracismo e nella persecuzione aperta a chiunque dissenta anche limitandosi al Magistero recente senza mettere in discussione il Concilio. Ne abbiamo conferma dalla totale autoreferenzialità del cosiddetto “magistero” di Bergoglio, come ribadito entusiasticamente dal Prefetto Tucho. Basta scorrere i rimandi alle fonti nei documenti “papali” per comprendere che l’insegnamento bergogliano è sì volutamente “nuovo” rispetto a quello degli immediati Predecessori, ma solo nelle modalità “di forzatura”, dal momento che i principi a cui Bergoglio fa riferimento costante sono esattamente gli stessi dei Papi conciliari. Potremmo dire, per semplificare, che Bergoglio sta al giacobino Robespierre come Ratzinger al girondino Brissot, entrambi però fautori della Rivoluzione. <br /><br />Habemus Papam? Papa eretico, rinuncia, sede vacante costituisce un prezioso contributo alla comprensione di un fenomeno ormai innegabile, pensato non come sterile cimento accademico, ma per amore della Chiesa e del Papato, oggi umiliati e screditati da una Gerarchia asservita al mondo, incurante della perdita di tante anime per le quali il Signore ha sparso il Suo Sangue. Sia dunque lo stesso amore per la Chiesa e per il Papato a guidarne la lettura.<br /><br />+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo<br /><br /><div style="text-align: right;"><i>5 Febbraio 2024</i></div><div style="text-align: right;"><i>S. Agathæ Virginis et Martyris</i></div></i><br /></span><div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><i><b><br /></b></i></span></div><div style="text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><i><b>Messaggio di Mons. Carlo Maria Viganò ai partecipanti al congresso di Democrazia Sovrana Popolare</b></i></span></div><div style="text-align: right;"><span style="font-family: verdana;"><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/skkIIT9tORI" width="320" youtube-src-id="skkIIT9tORI"></iframe></div><br /><i><br /></i></i></span></div><span style="font-family: verdana;"><i><div style="text-align: right;"><i><br /></i></div></i></span>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6757516095484312319.post-81827593008295337732024-02-04T19:29:00.003+01:002024-02-04T19:34:12.923+01:00A proposito del libro “Habemus papam?” / Viglione risponde al professor de Mattei<span style="font-family: verdana;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGwxGW8bmI9DrO4sj2n38Fu0qOyE5oXyTsDqOKAFOxdt_VeYj_rtYv3lMxUvH31hEjU58tQ03ibp2P75RUc2NwW5Pt6thGdOLmTuaJl8OmxG8Fk-zH6zy_uIQl3iSWDIdskybjLsVyUNe5Js2MNXAFwWSOl1IJOlMW4zcrzg1WeDTs-URv7bMe8O-gDJgZ/s639/723623b692628d7c674ab61c08523c70.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="639" data-original-width="426" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGwxGW8bmI9DrO4sj2n38Fu0qOyE5oXyTsDqOKAFOxdt_VeYj_rtYv3lMxUvH31hEjU58tQ03ibp2P75RUc2NwW5Pt6thGdOLmTuaJl8OmxG8Fk-zH6zy_uIQl3iSWDIdskybjLsVyUNe5Js2MNXAFwWSOl1IJOlMW4zcrzg1WeDTs-URv7bMe8O-gDJgZ/s320/723623b692628d7c674ab61c08523c70.jpg" width="213" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN0AvnQVpwaLLg8CqEvb0smv3xOo88dcl5dbRW-KAH4V3SQsfEhLS106Tw_B1SC_Ux1z4uCfpoQJdL6YIFL6TNOZP3MKO58V4TNYfnEhuI5niHfikQncIlPI4GfIy7ze0b2iEwluDm5HbOjDazSAj3eWJeiI2DaJWLgKDrAEEKmT8DFtL-dxJlpBrLQ2Nv/s1599/771b3112-6938-49ca-a36e-7834a5e6883e.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1599" data-original-width="899" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN0AvnQVpwaLLg8CqEvb0smv3xOo88dcl5dbRW-KAH4V3SQsfEhLS106Tw_B1SC_Ux1z4uCfpoQJdL6YIFL6TNOZP3MKO58V4TNYfnEhuI5niHfikQncIlPI4GfIy7ze0b2iEwluDm5HbOjDazSAj3eWJeiI2DaJWLgKDrAEEKmT8DFtL-dxJlpBrLQ2Nv/s320/771b3112-6938-49ca-a36e-7834a5e6883e.jpg" width="180" /></a></div><br /><i><br /><br /> di Massimo Viglione<br /><br />Il 1° febbraio 2024 il professor Roberto de Mattei ha recensito, sul periodico da lui diretto</i><span style="background-color: white; color: #404040; font-family: "PT Serif", Georgia, "Times New Roman", serif; font-size: 17px;"> </span></span><i><span style="font-family: verdana;">[<a href="https://www.corrispondenzaromana.it/francesco-e-papa-dubbi-e-contraddizioni/">qui</a>]</span></i><span style="font-family: verdana;"><i> il mio libro, appena edito, Habemus papam? Papa eretico. Rinuncia. Sede vacante. L’insegnamento del passato e il dibattito dopo l’11 febbraio 2013 (Edizioni Maniero del Mirto, 2024) </i></span><i><span style="font-family: verdana;"> [<a href="https://www.aldomariavalli.it/2024/01/23/il-nuovo-libro-di-massimo-viglione-papa-eretico-rinuncia-sede-vacante-lo-scisma-di-fatto-e-lora-delle-scelte/">qui</a> l’intervista che mi è stata fatta in proposito da Duc in altum].</span></i><span style="font-family: verdana;"><i><br /><br />Nel ringraziare il professore per la sua attenzione al mio lavoro, mi trovo costretto ad avanzare chiarimenti su alcune sue affermazioni che ritengo errate e su alcune dichiarazioni non rispondenti al vero. Anche perché, come potremo vedere, dalla sua trattazione si potrebbero evincere conclusioni sul mio conto non rispondenti alla realtà, ed è quindi doveroso per me chiarire nero su bianco la verità.<br />Siccome una trattazione approfondita della questione richiederebbe un altro libro, mi limito a un veloce schema per chiarire le principali problematiche.<br /><br />Punto primo</i></span><div><span style="font-family: verdana;"><i><br />De Mattei scrive: «Se per Cionci Ratzinger è un “genio del bene”, per Viglione, è un “genio del male”, “dialetticamente perfetto” (p. 247)».<br /><br />E questo non risponde al vero, perché le parole riportate, estrapolate dal contesto in cui sono scritte, riescono fuorvianti. Io affermo, al contrario, sulla scia di altri autori da me esaminati nel libro che sostengono altrettanto, che il dottor Cionci, e con lui il suo numeroso e chiassoso seguito, non si rendono conto che qualora il cosiddetto “Codice Ratzinger” fosse vero, Benedetto XVI sarebbe sì un genio, ma non del bene, bensì del male, a causa dell’inganno perpetrato, fino al giorno della morte (quindi per dieci anni), all’intera cattolicità (e non solo) e che solo un giornalista italiano sarebbe stato in grado di scoprire. Ecco, a riprova di quanto detto, le mie testuali parole: «Inoltre, condividiamo quanto Patruno, don Di Sorco e altri autori del dibattito hanno espresso: ovvero, il fatto che se veramente Ratzinger avesse fatto quello che dice Cionci, avrebbe ingannato l’intero orbe cattolico (e non solo), sarebbe sì un genio, ma del male, non del bene. Tutto il mondo caparbiamente ratzingeriano nemmeno si rende conto di questa palese evidenza» (p. 238). Dispiace questo uso non corretto delle mie parole.<br /><br />Siccome credo che il Codice Ratzinger non risponda a verità, non si può affermare che io ritenga essere stato Joseph Ratzinger un genio del male. Lo riterrei tale se il Codice Ratzinger fosse vero, ma non credo sia vero. Ritengo di contro, come spiegato nel libro, che sia stato influenzato nella sua scelta dalla sua visione teologico-filosofica dialettica, di radice tanto hegeliana per un verso che ranheriana per un altro, questo sì. Ma dal mio libro non si evince in alcun modo che io lo possa ritenere un “genio del male”. Basta leggere il libro per verificare.<br /><br />Punto secondo<br /><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>Veniamo ora al punto dolente del ragionamento del professor de Mattei, che pone in dubbio il mio diritto ad andare a Messa una cum: sembra quindi che il professore avalli nei miei riguardi una sorta di accusa di “scisma”, con tutte le conseguenze che ne seguono.<br /><br />Mi sembra che il professor de Mattei non abbia colto il senso profondo e ultimo del mio ragionamento: ovvero, l’impossibilità oggettiva di possedere una certezza assoluta sulla situazione dell’autorità nella Chiesa odierna. Quasi tutto il libro è in fondo la dimostrazione di questo assunto (a mia opinione, ciò è inconfutabile, per altri ovviamente non è così, ma certamente non la si può liquidare con le illazioni sulla altrui coscienza personale), basata esclusivamente sulla evidente ricostruzione dei fatti. Tutta la IV parte del libro dimostra tale impossibilità e comunque dimostra che questo è il mio pensiero: basta leggere il libro per verificare.<br /><br />Ora, se ritengo impossibile avere certezza, è evidente che non ho certezza. Siamo ovvero nel dubbio, sebbene, come ho scritto, possa ritenere “fortemente probabile” una delle due soluzioni per le tante ragioni esposte nel libro. Ma “fortemente probabile” non corrisponde a certezza assoluta, né nella lingua italiana né nella teologia. Se non vi è certezza assoluta, non vi è “piena avvertenza” dell’eventuale peccato, e quindi non v’è peccato (perché lo scisma è un peccato), in quanto manca il deliberato consenso (ovvero, nella fattispecie, la volontà stessa di essere “scismatico”). Né si può parlare di “spirito scismatico”, per il semplice motivo che non sto ponendo questi problemi – quasi fossi un pazzo scatenato – sotto il pontificato di Pio XII o prima ancora, né li sto ponendo per primo (ma sono in una lunga schiera…), ma nella quotidiana tragedia assoluta, evidente agli occhi di tutti coloro che non sono ciechi o mentitori, della Chiesa attuale. E la riprova è che, oggi, stanno arrivando finalmente anche le denunce di tanti prelati, cardinali compresi.<br /><br />Nel libro, a p. 251, dopo aver descritto tutte le possibili motivazioni – oggettive in sé o esposte da altri autori o dedotte dall’insegnamento perenne della teologia (come il problema del papa dubius, solo per fare un esempio possibile fra i tanti che trattiamo) – che spingono a dubitare sulla legittimità della Sede attuale, scrivo testualmente: «Perché tutto quanto descritto in questo libro non dipende da noi, non spetta a noi alcuna decisione in merito alla questione dell’autorità nella Chiesa: al massimo ragionarci sopra pubblicamente, fare video o articoli o libri, allo scopo di porre il problema alle legittime gerarchie ecclesiastiche e aprire gli occhi a chi ricerca la verità senza ancora trovarla, ma niente più di questo. Di contro, possiamo solo “sospendere il giudizio” e attendere che i responsabili agiscano o i fatti dipanino la situazione o Dio stesso intervenga. Fino a quel momento, noi siamo semplici e fedeli figli della Chiesa nel momento storico e nelle condizioni in cui il Signore ci ha voluto far vivere. E questo è esattamente quanto io, Massimo Viglione, semplice laico cattolico, faccio e a questo mi sono attenuto con questo libro».<br />Anche questa volta, quanto scrive il professor de Mattei («E’ vero che egli non considera questa sua convinzione come “una oggettiva certezza assoluta”, ma se è una certezza morale, sia pure soggettiva, egli dovrebbe astenersi dall’assistere alla Messa una cum un Papa che non è tale»), non risponde al vero. Sia perché io non parlo di “certezza morale” bensì di un’opinione personale che ritengo “fortemente probabile” (e, ancora una volta, non è la stessa cosa, come è evidente oggettivamente), sia perché – lo ribadisco – la struttura che tiene su il mio ragionamento è la mancanza di certezza, e sarebbe una contraddizione in termini (questa sì!) avere quella “certezza morale” che de Mattei mi attribuisce forzosamente e che invece non ho.<br /><br />Faccio anche notare che, tra gli autori, riporto, dichiarando di condividerlo in pieno, quanto affermato da un sacerdote che purtroppo ha voluto restare anonimo in un suo articolo pubblicato sul blog di Aldo Maria Valli Duc in altum [qui], il quale afferma testualmente che, dinanzi alla folle situazione odierna, si può solo: «a) rimanere saldamente nella Chiesa cattolica, per mezzo di una fedeltà effettiva a ciò che essa ha sempre insegnato; b) “accontentarsi” di eventuali iniziative ponderate e argomentate, prese da cardinali e vescovi autorevoli; c) assumere, nel segreto della propria coscienza, una posizione sempre più chiara e decisa contro un certo magistero folle di Bergoglio. (…) E chi sono io per impedire valutazioni soggettive di questo tipo, specie quando sono frutto di un discernimento lungo e sofferto sulla situazione generale della Chiesa e sul comportamento pertinace di coloro che la guidano? (…) Un giudizio di questo genere però, anche se comprensibile, ha un carattere totalmente privato e soggettivo; e quindi non può essere considerato come ufficiale e definitivo, né può essere imposto agli altri in modo imperativo. La completa chiarificazione del “problema-Bergoglio” non spetta alla base della Chiesa, ma al suo vertice più alto; e ciò si potrà realizzare nei tempi e nei modi che solamente la Divina Provvidenza è in grado di decidere e di attuare», facendo capire che è bene che la parabola decrescente di Bergoglio giunga fino al termine, proprio perché sia chiaro a tutti l’abisso in cui è precipitato e sta facendo precipitare la Chiesa.<br /><br />Ecco, questo è esattamente ciò io faccio.<br /><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>Casomai, si può dire che è proprio il professor de Mattei, il quale in passato aveva tra i primi, fin dal 2014, avanzato dubbi sulla legittimità della rinuncia di Benedetto e proprio della stessa natura di quelli da me avanzati (inaccettabilità della scissione dialettica “hegelian-ranheriana” del papato) [qui], poi ribaditi ancora nel 2020 [qui], che dà per scontato ciò che invece è il punto che necessita di verifica e chiarimento. Perché non ha mai dato una spiegazione risolutiva di tali dubbi allora espressi, e assume come certezza assoluta – ovvero che non richiede dimostrazione alcuna, quasi fossimo sotto Pio XII o Innocenzo III – che Francesco è papa, impartendo continue e ormai pedisseque e immancabili lezioni di galateo comportamentale sulla devozione formale che si deve al papa (lo fa ancora in questa sua recensione per l’ennesima volta), come se questo punto fosse il vero cuore di tutta la tragedia attuale della Chiesa Cattolica. Ed è inutile dire come tale pedissequo atteggiamento formale favorisca il sospetto di una volontà apoditticamente “normalizzatrice”, in pieno stile conservatore, anche per quanto concerne la tragedia attuale della Chiesa Cattolica.<br /><br />Terzo punto<br /><br />De Mattei poi mi avvicina ai “sedeprivazionisti” (la cosa, per chi conosce le vicende del mondo tradizionalista italiano, è quasi comica in sé, visto il disprezzo di cui godo in quegli ambienti), anche se poi correttamente riporta le mie parole di pieno distacco dalle loro posizioni. Pertanto, anche in questo caso, ho già risposto con il mio libro. Tengo solo a precisare che quando egli scrive che io dovrei ritenere invalide le consacrazioni riconducibili a Jorge Mario Bergoglio, esprime una sua opinione personale non sorretta dai fatti. In realtà io ho chiarito che, nell’evenienza che Bergoglio non sia papa legittimo (evenienza che ritengo fortemente probabile, ma non assolutamente certa) solo la Chiesa potrà in futuro pronunciarsi definitivamente, anche in base al principio della sanazione in radice. Pertanto, è una questione rispetto alla quale non spetta a me avere una posizione apodittica.<br /><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>Quarto punto<br /><br /></i></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><i>Scrive testualmente il professor de Mattei: «L’unica posizione che il prof. Viglione nel suo libro non critica, ma anzi sembra fare propria, è quella dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò». E questa, duole dirlo, è un’affermazione completamente e gravemente falsa e non si comprende proprio come possa sostenerla. Chiunque ha letto o leggerà il libro può verificare direttamente la mia ultima sentenza. Ad esempio, io elogio il sacerdote anonimo a cui prima ho fatto cenno; elogio il canonista Michielan e particolarmente il canonista Patruno, del quale condivido pienamente il ragionamento, non condividendo affatto invece il titolo del libro scelto dalle Edizioni Fede & Cultura (Non era più lui, riferito Benedetto XVI, intesa quindi come apodittica affermazione di certezza sul fatto che Francesco sia papa), che non rispecchia fedelmente quanto affermato dai canonisti. Forse di Michielan sì, sebbene anch’egli qualche problema canonico lo ponga, ma specialmente di Patruno, il quale ha confermato i suoi dubbi in merito in un’intervista con Francesco Toscano [qui].<br /><br />È interessante notare al riguardo che il professor de Mattei, che spesso elogia i due canonisti del libro di Fede & Cultura come esempio di professionalità (e ha ragione, sia chiaro), non si sia però per nulla avveduto del fatto che almeno Patruno è in netta antitesi con le sue opinioni “legittimiste”. Tornando al punto: ho elogiato l’impostazione del professor Radaelli; ho condiviso fin dall’inizio le posizioni del teologo Arnaldo da Silveira sulla questione del papa eretico; ho anche apprezzato il “gruppo dei nove” con il loro “sedemenefreghismo” (pur con qualche doverosa specifica in merito). E, in fondo, almeno in linea generale, anche quanto affermato da Socci prima maniera nel suo primo libro Non è Francesco.<br /><br />Ma anche quando sono giunto a una conclusione differente, come nel caso del libro di don Daniele Di Sorco (FSSPX) Parole chiare sulla Chiesa, ho scritto testualmente di condividere ogni sua affermazione riguardo lo “smontamento” (mi si passi il brutto termine) delle varie ipotesi di Cionci (pp. 240 e segg.), sebbene poi la mia conclusione sia differente da quella della certezza assoluta espressa dal sacerdote sulla legittimità di papa Francesco.<br /><br />E anche quando ho criticato alcune affermazioni o posizioni di alcuni autori e teologi, ho comunque messo in risalto anche l’identità di vedute su altri punti. Pertanto, è completamente falso affermare che io abbia condiviso solo la posizione di monsignor Viganò sul vizio di consenso, sulla quale peraltro specifico che, pur ritenendola assolutamente vera in sé, dichiaro che non è di per sé foriera di certezza assoluta sulla vacanza della Sede (come per altro, saggiamente, lo stesso arcivescovo chiarisce ponendola come ipotesi di valutazione ai suoi confratelli e ai cardinali). E non è possibile non notare, nelle parole di de Mattei, una malcelata forzatura nel volermi far apparire come aderente al mondo della “Resistenza” (visto anche il pubblico e costantemente ribadito contrasto – e usiamo un termine “moderato” – che egli nutre verso monsignor Viganò), prima affermando una cosa nettamente falsa in sé come appena dimostrato (l’unico che avrei elogiato sarebbe monsignor Viganò), poi parlando immediatamente dopo dei presunti legami di quest’ultimo con quel mondo.<br /><br />Insomma, potrei errare, ma non posso nascondere come appaia ai miei occhi alquanto evidente il tentativo del professor de Mattei di farmi a tutti i costi passare per “scismatico” o qualcosa del genere. Almeno secondo i suoi criteri: prima dandomi certezze morali che non ho e che mi toglierebbero il diritto di partecipazione alla Messa una cum, poi collegandomi con i sedeprivazionisti, infine con la “Resistenza” (poi si sono esaurite le possibilità con cui collegarmi). Io non esprimo alcun giudizio in merito alla eventuale “scismaticitià” di questi gruppi di prelati e fedeli: ma dico semplicemente che non appartengo né agli uni né agli altri. E nessuno al mondo può affermare il contrario. Sono sempre andato, in tutta la mia vita, alla Messa una cum, e questo intendo continuare a fare, almeno finché non si avrà certezza assoluta della vacanza della Sede. Inoltre, ho dedicato un paragrafo specificamente a questo problema, denunciando il male compiuto da chi invita a disertare le Messe una cum e dando le ragioni per le quali invece è lecito parteciparvi. Quindi, anche in questo caso, la verità è l’esatto contrario di quanto affermato dal professor de Mattei.<br /><br />Quinto punto<br /><br />Infine, una breve puntualizzazione. Il professor de Mattei inizia la sua disamina del mio libro scrivendo: «Pur non essendo rivolto agli specialisti…». Il mio libro in effetti non è rivolto agli specialisti (suppongo che per “specialisti” de Mattei intenda teologi e canonisti), ma al contempo non è non rivolto agli specialisti, nel senso che è rivolto a tutti. Certamente io l’ho condotto con metodologia storica (e questo il professore lo riconosce), e al contempo non sono un teologo di professione e tanto meno un canonista: ma ritengo che il libro, proprio per la ricostruzione storica dell’intera questione (compreso il dibattito plurisecolare sul papa eretico) e per il fatto di aver dato la parola direttamente agli autori, possa essere utile strumento anche per gli “specialisti”.<br /><br />Certamente, è utile per tutti coloro che, privi di prevenzioni di natura sia sentimentale che teologica, o di accecamenti per cause di convenienza personale, sono sinceramente desiderosi di arrivare a comprendere la realtà delle cose per quella che è, anche se potrà non piacere.<br /><br />Quanto esposto nel libro fornisce la ricostruzione del grande mosaico, conditio sine qua non per la retta comprensione dell’intera questione. E, per quel che concerne le mie posizioni sulle varie delicate e complicate problematiche trattate, invito alla lettura diretta delle mie parole. Così che ognuno possa avere esatta contezza di quanto da me scritto.</i></span></div>intuajustitiahttp://www.blogger.com/profile/06592788273867114924noreply@blogger.com0