Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 11 febbraio 2016

La vita di S. Alfonso è stata segnata profondamente dalla Passione di Cristo


In una esortazione ai suoi congregati sant’Alfonso disse: “Rinnovatevi ancora nello spirito della santa orazione. Tutte le meditazioni sono buone; ma quelle della Passione di Gesù Cristo è la più utile. Qui non dobbiamo fermarci alla scorza; ma penetrare nell’umiltà, nella mortificazione, nelle pene del Redentore… Io vi confesso con verità, che non lascio mai di farla; né so altro meditare, perché là ci trovo tutto” (Berruti C., Lo Spirito di sant’Alfonso, Napoli 1857, p. 161). 
Altra convinzione del Santo era che “la contemplazione del Crocifisso è fonte di amore: chi tiene avanti Gesù Crocifisso non può fare a meno di amarlo” (id., p. 161). Preoccupato com’era di educare tutti all’amore verso Dio scriveva: “si dà gran gusto a Gesù Cristo certamente con pensare ai suoi dolori e disprezzi patiti per noi. Chi pensa spesso alla sua Passione, mi pare impossibile che non s’innamora di Gesù Cristo” (Tannoia A., Della vita, ed istituto del ven. Servo di Dio Alfonso M. de Liguori, Napoli 1798, Lib. II, p. 254).
Nelle Missioni popolari, nei tre o quattro giorni dedicati alla Vita Divota la Passione era l’argomento preferito per insegnare praticamente a meditare.
Sulla Passione di Gesù sant’Alfonso ha scritto in
Pratica di amare Gesù Cristo nel capitolo I;
L’amore delle anime (1751),
Le Considerazioni ed affetti sulla Passione di Gesù Cristo (1768), che nella prima edizione del 1761 portavano un altro titolo,
Riflessioni sulla Passione di Gesù Cristo (1773) che costituiscono “il lavoro più considerevole sulla Passione”.
Le Meditazioni per otto giorni del 1773, per quindici giorni del 1766, e per ciascun giorno della settimana,
Predica della Passione di Gesù Cristo (1778),
due opuscoletti su La forza che ha la Passione di Gesù per accendere il divino amore in ogni cuore e il Dolce trattenimento delle anime amanti di Dio a vista di Gesù Crocifisso.


Un Dio pazzo d’amore
Nell’opuscolo L’Amore delle anime sembra che l’espressione “le piaghe di Gesù sono fornaci d’amore” sia il tema dominante di tutto il discorso di sant’Alfonso sulla Passione. “Il Signore Gesù, Egli scrive, è venuto per accendere fuoco di santo amore nei cuori degli uomini” (Op. Asc., vol. V Roma 1934, p. 11), perché essendo Dio volle tanto soffrire per loro amore. Il vero amore perciò nasce nel cuore dell’uomo dalla meditazione della Passione di Gesù Cristo. È tanto forte questa idea nel Santo che esclama: “Gesù da pochi è amato, perché sono pochi quelli che considerano le pene che ha patito per noi; ma chi le considera spesso, non può vivere senza amare Gesù Cristo” (id., p. 15). La stessa santità, che è pienezza di carità, ha una sua sorgente viva: “Tutti i santi in somma hanno appreso l’arte di amare Dio dallo studio del Crocifisso” (id., p. 16). L’amore di Gesù si è manifestato nel tempo in modo convincente nella Passione, Sant’Alfonso parla del “grande affetto” del Figlio di Dio per gli uomini. Questo fatto nuovo, Egli dice, “troppo ci obbliga ad amarlo… ad essere tutti del nostro Redentore. Da quell’avvenimento tutta la nostra vita non è più nostra ma è di Dio (id., p. 24). Le note di questo amore sono straordinarie: l’affetto di Gesù non poteva essere maggiore di quello che è stato (id., p. 26). Qualsiasi altra azione di Gesù avrebbe potuto redimerci, ma non era sufficiente a dimostrarci il suo amore (id., p. 27). Gesù ci ha dimostrato il suo amore quando eravamo nemici e ci ha amati più che se stesso (id., p. 28). Nella Passione e Morte di Gesù si è manifestata la tenerezza di Dio (id., pp. 30‑31). 

Sant’Alfonso tutto preso dall’amore per il suo dolce Redentore non esita a chiamarlo “pazzo d’amore” (id., p. 33), anche perché secondo lui la Passione di Gesù non si è limitata ad alcuni giorni ma si estende per tutta la vita: “Gesù pati sempre, fin dal primo istante del suo vivere, tutte le pene della sua Passione” (id., p. 34). . .” soffri nel cuore quel che poi in morte tollerò in croce” (id., p. 36). Dalla meditazione della Parola di Dio (Lc 12,50), il Santo dedusse che Gesù ebbe un gran desiderio di patire e morire per nostro amore e che sentiva un affanno immenso per quel tempo in cui differivasi l’esecuzione della sua Passione” (id., p. 39). Questo autore ci fa pensare inoltre che “è stata così radicale la scelta di Gesù che se avesse voluto guadagnare l’amore del Padre non avrebbe potuto inventare altro” (id.). Nella descrizione delle circostanze della Passione sant’Alfonso sottolinea le finezze dell’amore di Gesù. Nell’orto pregò in quel modo il Padre “non già per essere esaudito, ma per dare ad intendere a noi ch’esso moriva come uomo afflitto dal timore della morte e dei dolori, dal tedio, dalla malinconia e afflizione di animo”. Ai dolori del corpo unì le sofferenze dello spirito e del cuore procurategli dal tradimento di Giuda, dal rinnegamento di Pietro, dall’abbandono dei discepoli. La flagellazione e la coronazione di spine sono presentate come i tormenti più lunghi e più sfibranti. Sant’Alfonso ha l’ardire di rimproverare Gesù con queste ardenti parole: “il vostro delitto è il troppo amore che avete portato agli uomini; questo, non già Pilato, vi condanna alla morte”. Dinanzi alla croce del Redentore Egli esclama: “Egli ci ha amati sino alla morte e non scese dalla croce se non dopo d’averci lasciato la vita” (id., p. 97). Il Santo insistentemente stimola i cristiani a mirare il Redentore in croce: “dove tutta la sua figura spira amore ed invita ad amarlo: il capo inchinato per darci il bacio di pace, le braccia stese per abbracciarci, il Cuore aperto ad amarci” (id., p. 98)… “Egli si è fatto nostra sapienza per istruirci, nostra giustizia con perdonarci, nostra santità col suo esempio, e nostro riscatto con la sua Passione (id., p. 117). Approfondendo ulteriormente il tema dell’amore sant’Alfonso considera prima quello di Dio Padre e dice. “Dio ci ha donato il Figlio… per solo amore… Il dono che ci fece l’Eterno Padre del suo Figlio fu vero dono, tutto gratuito e senz’alcun nostro merito. 

Nella Passione di Cristo S. Alfonso invita a contemplare l'amore "pazzo" di Dio per l'umanità. 
L’amore immenso di Dio
Ma non solo per puro amore Iddio ci donò questo suo Figlio, ma ce lo donò con amore immenso… Dio per mezzo di Gesù Cristo ci ha resi graziosi e cari.Originale è l’osservazione di sant’Alfonso quando parla dell’amore di Gesù Cristo: “Il tempo nostro non è più tempo di timore, ma tempo d’amore perché Gesù Cristo ci ha amati e per nostro amore s’è dato alla morte (id., p. 123)…(Egli poi) colla sua morte non ha finito di amarci (id., p. 124). Nella parte finale dell’operetta L’amore delle anime il santo avverte il lettore che nei suoi scritti sulla Passione di Gesù ha voluto raccogliere con ordine “i passi delle divine Scritture circa 1′ amore che Gesù Cristo ci ha dimostrato nella sua morte poiché non v’è cosa che possa più muovere un cristiano all’amore divino quanto la stessa Parola di Dio”. E continuando sancisce il criterio primario di ogni santità: “Tutti i santi sono stati innamorati di Gesù e della sua Passione, e per questo unico mezzo si sono fatti santi”. (cfr Avviso al lettore).

A molti può sembrare strano il fatto che sant’Alfonso abbia fermato le sue riflessioni sulla Passione di Gesù. Un motivo c’è. Sant’Alfonso ha scritto questi appassionati opuscoli perché nel suo secolo i giansenisti andavano diffondendo timore e terrore nel cuore degli uomini e negavano il valore universale della Redenzione di Gesù. Sant’Alfonso scrive per una ragione preminentemente pastorale, per aiutare a credere e a perseverare nella pratica di amare Dio. Come pastore pensa soprattutto ai più vulnerabili nella fede e nella vita cristiana. Per non correre il rischio di sminuire tutta l’opera amorosa della Redenzione di Gesù, il santo non rimase ozioso. 

La Passione contemplata passo a passo
Le considerazioni ed affetti sopra la Passione di Gesù Cristo sono un commento semplice alla narrazione che ne fanno i Vangeli. è un fraterno invito a familiarizzare con la Bibbia. Infatti Egli scrive: “Sono belle e buone le tante contemplazioni che sulla Passione hanno fatte e scritte gli autori devoti; macertamente fa più impressione ad un cristiano una sola parola delle Sacre Scritture che cento e mille contemplazioni e rivelazioni che si scrivono fatte ad alcune persone divote” (id., p. 136).
L’operetta è Vangelo meditato e pregato. Anche in essa il Santo afferma: “Nella Passione del Signore non tanto dobbiamo considerare i dolori e i disprezzi ch’egli patì, quanto l’amore con cui patì; mentre Gesù Cristo volle tanto soffrire non solo per salvarci, ma per farci intendere l’affetto che ci portava” (id., p. 138).

In questa operetta si ha conferma che il S. Dottore propone al cristiano il mistero di Cristo nella sua interezza quando afferma che non solo l’Incarnazione del Figlio di Dio ma anche la sua Passione è la manifestazione dell’amore di Dio.
Nelle singole considerazioni l’autore ci offre ricche modulazioni sul tema di fondo.
L’entrata di Gesù in Gerusalemme è considerata come un andare verso il popolo bisognoso di amore salvifico.
La benignità di Gesù si manifesta anche verso Giuda traditore perché “non lo discaccia da sé, non lo guarda di mal occhio, ma l’ammette alla sua compagnia e alla sua mensa” (id., p. 142). Sant’Alfonso considera “beato Giovanni ché poggiando la testa sul petto di Gesù intende la tenerezza che serba nel suo Cuore questo amante Redentore (id., p. 143). Non trascura inoltre di ricordarci il valore dell’Eucaristia con la quale “abbiamo continua memoria dell’amore immenso che ci ha dimostrato nella sua morte (id., p. 145).
Secondo l’intuizione e la meraviglia del Santo l’orto degli ulivi fu il luogo ove “si fece il primo sacrificio: Gesù la vittima, l’amore fu il sacerdote e l’ardore del suo affetto verso gli uomini fu il beato fuoco con cui il sacrificio fu consumato” (id., p. 147).
La pazienza di Gesù nella flagellazione è grande perché “non parla, non si lamenta, non sospira, ma offre tutto a Dio” (id., p. 157). Il Santo non rimane insensibile ed esclama: “sento che ogni vostra ferita mi domanda amore”.
Nella coronazione di spine ammira la mansuetudine. Dopo la condanna a morte Egli osserva: “Gesù con amore abbraccia la croce (id., p. 164).
La Crocifissione diventa la prova dell’amore di Dio: “Gesù in croce: ecco l’ultima comparsa che fa su questa terra il Verbo Incarnato. La prima fu in una stalla, quest’ultima in una croce; l’una e l’altra dimostrano l’amore e la carità immensa che egli ha per gli uomini”. Egli è consapevole che Gesù dalla croce gli cerca non tanto la compassione ma l’ amore ed esclama in una delle più commoventi preghiere: “datemi il vostro regno nell’altra vita e frattanto nella vita presente regni sovra di me il vostro santo amore. Il solo amore vostro domini nel mio cuore ed egli sia l’unico mio Signore, l’unico mio desiderio, l’unico mio amore” (id., p. 171). Ad ogni cristiano dice: “senti quel che ti dice il tuo Signore da quella croce: Figlio, vedi se v’è nel mondo chi t’abbia amato più di me, tuo Dio” (Id., p. 176). 

Accendere l’amore per il Crocifisso
Sant’Alfonso scrive Le Riflessioni sulla Passione di Gesù Cristo con l’intento di invogliare il suo lettore a fare “memoria” di questo evento straordinario perché crede fermamente che Gesù gradisca molto il nostro ricordo della sua Passione. C’è anche un motivo strettamente personale. Egli scrive queste riflessioni all’età di 77 anni per prepararsi al giorno dei conti. In esse si trova una parte generale in cui sono ricordati l’offerta di Gesù al Padre per la salvezza dell’uomo, la sua venuta nel mondo nell’umiltà e nella povertà, la vita di pene e di vituperi, la sua morte che “fu la pena di maggiore dolore e maggiore obbrobrio di Gesù che compì la Redenzione” (Op. Asc…, p. 195). Il Santo si sofferma poi “sulle pene particolari che patì Gesù Cristo nella sua Passione” commentando il cap. 53 di Isaia in chiave soteriologica. Additando Gesù come l’uomo dei dolori nell’anima e del corpo, Egli scrive: “Patì in tutti i suoi membri: il capo gli fu tormentato dalle spine, le mani e i piedi dai chiodi, la faccia dagli schiaffi e sputi e tutto il corpo dai flagelli… così il Redentore apparve nella sua Passione come un lebbroso che non ha parte di carne sana e mette orrore a chi lo guarda, in vedere un uomo tutto piaghe da capo a piedi” (id., pp. 201‑202).
 Nella Passione di Gesù sant’Alfonso scorge la volontà del Padre quando scrive: “La Passionedel nostro Redentore non fu opera degli uomini… Gesù, pieno di carità, volentieri si offrì senza replica ad eseguire la volontà del Padre” (id., pp. 202‑203). Riflettendo sulla flagellazione il Santo commenta che essa “fu il tormento più crudele che abbreviò la vita del Redentore; poiché la grande effusione di sangue fu la causa principale della sua morte” (id., p. 212). Il doloroso viaggio al calvario, dopo la sanguinante coronazione di spine accrebbe la crudeltà nei confronti di Gesù. Sant’Alfonso considera un grande mistero l’amore col quale Gesù abbracciò la croce ed accettò la crocifissione: “Gesù in croce fu uno spettacolo che riempì di stupore il cielo e la terra”: spettacolo di giustizia, di misericordia e principalmente di amore.
Dinanzi a tale testimonianza il Santo resta sconcertato: “Come va che tanti cristiani quantunque sanno per fede che Gesù Cristo è morto per loro amore, invece di impiegarsi in servirlo ed amarlo, s’impiegano ad offenderlo e disprezzarlo per gusti brevi e miserabili?” (id., p. 224).
Nessun momento della Passione sfugge all’attenzione di sant’Alfonso. Gesù diventa un punto di riferimento pieno di speranza. “La morte, egli scrive, da un oggetto qual ella è di dolore e di spavento, Gesù morendo la mutò in passaggio dal pericolo di una rovina eterna alla sicurezza di una eterna felicità” (id., p. 259). Perciò esorta: “Procuriamoci di guardare la morte non come sciagura ma come fine del nostro pellegrinaggio… e come principio della nostra felicità eterna” (id., p. 260).La Croce, cioèla Passionedi Gesù diventa perciò “la via e la scala per salire in cielo. Beato chi 1′ abbraccia in vita e non la lascia fino alla morte” (id., p. 225).
Nelle ultime quattro riflessioni l’autore si attarda nel precisare l’amore che Gesù Cristo ci ha dimostrato e sulla gratitudine, confidenza e pazienza degli uomini. Egli scrive che la Passionedi Gesù è l’incentivo più forte che deve muoverci ed infiammarci ad amare il nostro Salvatore (id., p. 277), perché quanto ha patito Gesù Cristo l’ha patito per ciascuno di noi” (id.). Perciò il Santo insiste sull’atteggiamento di gratitudine.
Riprendendo una frase di sant’Agostino dice: “a noi che crediamo per fede un Dio morto in croce per nostro amore, non è lecito amarlo poco; non deve esserci fisso nel cuore altro amore se non quello che dobbiamo a colui il quale per nostro amore ha voluto morire trafitto in croce” (id., p. 289). 
La Croce, salvezza del mondo
Pieno di stimolo alla speranza è il suo commento ad una affermazione di san Giovanni Crisostomo: “la croce, cioè Gesù Crocifisso, è la speranza dei fedeli,perché se non avessimo Gesù Cristo non vi sarebbe per noi la speranza di salute. È il bastone dei zoppi: tutti siamo zoppi nel presente stato di corruzione, altra forza non abbiamo di camminare nella via della salute che solamente quella che ci comunica la grazia di Gesù Cristo. È la consolazione dei poveri, quali tutti siamo, poiché quanto abbiamo, tutto l’abbiamo da Gesù Cristo. È la distruzione dei superbi, poiché i seguaci del Crocifisso non sanno essere superbi, vedendolo morto qual malfattore in croce. È il trionfo dei demoni, mentre il solo segno della croce basta a discacciarli. È il maestro dei principianti: quanti belli insegnamenti dà la croce a quei che cominciano a camminare nella via di Dio” È il nocchiero dei naviganti: oh come ben ci guida la croce nelle tempeste della presente vita!. È porto dei pericolanti: quei che stanno in pericolo di perdersi per le tentazioni o forti passioni, trovano un porto sicuro ricorrendo alla croce. È consigliera dei giusti: quanti santi consigli ci dà la croce, cioè la tribolazione nel tempo della vita! È il riposo degli afflitti: e dove gli afflitti provano maggiore sollievo che nel mirar la croce ove patisce un Dio per loro amore? È medico degl’infermi, gli infermi che si abbracciano alla croce, restan guariti da tutte le piaghe dell’anima. È la gloria dei martiri:questa è la maggior gloria che hanno i martiri, di esser fatti simili a Gesù Cristo re dei martiri” (id., pp. 292‑293).
L’ultima riflessione del Santo è sulla necessità della pazienza, come capacità di saper soffrire: “Ciascuno in questo mondo va trovando la pace e vorrebbe trovarla senza patire; ma ciò non è possibile nello stato presente: bisogna patire; le croci ci aspettano in ogni luogo ove ci portiamo. Ma come abbiamo da trovare la pace in mezzo a queste croci? Colla pazienza, con abbracciar la croce che ci si presenta… Non ci perdiamo d’animo, guardiamo sempre le piaghe del Crocifisso, perché da quelle trarremo la forza di soffrire i mali di questa vita, non solo con pazienza ma ben anche con gaudio e allegrezza” (id., pp. 324‑325). Tutte le riflessioni si compendiano nell’esortazione: “attendiamo anime amanti del Crocifisso nella vita che ci resta ad amare quanto possiamo questo nostro amabil Redentore e a patire per Lui poiché tanto ha voluto patire per nostro amore; e non cessiamo di pregarlo continuamente che ci conceda il dono del suo santo amore” (id., p. 337).
Nelle Meditazioni poi ci imbattiamo in un’abbondanza di perle preziose di tale luminosità che non permettono a chi se ne impossessa di continuare a vivere da figli delle tenebre. Agli sfiduciati sant’Alfonso dice: “La Passione di Gesù Cristo è la nostra consolazione: chi mai può consolarci tanto in questa valle di lacrime quanto Gesù Crocifisso?”:La Passione di Gesù è la fonte di ogni bene spirituale: “quanto noi abbiamo di grazia da Dio, di lumi, d’ispirazioni, di santi desideri, di affetti divoti, di dolore dei peccati, di buoni propositi, di amore di Dio, e di speranza al paradiso, tutti sono frutti e doni che ci provengono dalla Passione di Gesù Cristo” (id., pp. 343‑344).
L’uomo vale perché è stato redento da Gesù Cristo: “quanto più grande è la gloria nostra in essere stati redenti da Gesù Cristo colla spesa del suo medesimo sangue, una stilla del quale vale più di mille mondi?” (id., p. 346). Tutta la vita di Gesù Cristo fu “priva di sollievo”. Le afflizioni di Gesù non furono tanto “i patimenti che doveva soffrire nella sua vita e specialmente nella sua morte, quanto la vista di tutti i peccati che gli uomini dovevano commettere dopo la sua morte…” (id., p. 351).
Dinanzi a “Gesù morto in croce” sant’Alfonso invita il cristiano ad alzare gli occhi e guardare: “La fede t’insegna ch’egli è il tuo Creatore, il tuo Salvatore, la tua vita, il tuo liberatore, è quegli che ti ama più di ogni altro, è quegli che solo può renderti felice” (id., p. 357). 
Una Passione da vivere con memoria
Le Meditazioni per quindici giorni pongono il cristiano dal Sabato di Passione al Sabato Santo nelle condizioni di cogliere l’animo di Gesù negli ultimi giorni terreni che vanno dall’ingresso in Gerusalemme fino alla “crocifissione e morte”. Dalle sue immediate introspezioni il Santo fa scaturire la preghiera dell’uomo convertito e redento.
Altro prezioso opuscoletto sono le Meditazioni per ciascun giorno della settimana. Restano impresse nell’animo alcune espressioni: “e chi eravamo noi, o Signore, che a tanto caro prezzo abbiate voluto acquistarvi il nostro amore?… E chi potrà mai arrivare a comprendere qual accesso d’amore sia stato mai questo?… Non v’è mezzo che possa maggiormente accenderci del divino amore, quanto il considerarela Passione di Gesù Cristo” (id., pp. 381‑383). “Un’anima che crede e pensa alla Passione del Signore, Egli continua, è impossibile che l’offenda e che non l’ami, anzi non impazzisca d’amore” (id.).
II Calvario diventa per sant’Alfonso il “teatro dell’amor divino”. Commentando la parola di Gesù tutto è compiuto, il Santo dice: “uomini, tutto è compiuto, è fatta la vostra Redenzione” (id., pp. 396‑397).
Rimangono del Santo tra il popolo cristiano altri opuscoli sulla Passione ed esercizi divoti come la Via Crucis (1761), i Gradi della Passione (1751), che sono una forma di preghiera litanica con il ricordo degli ultimi tratti della Passione di Gesù, la Coronella delle sante piaghe di Gesù Crocifisso (1737).
Non deve essere dimenticata la Predica della Passione di Gesù Cristopubblicata nel 1772. In essa è suggestiva l’invocazione alla Croce: “Vieni o Santa Croce, vieni e fatti vedere da questo popolo. Tu sei l’arca fortunata, in cui può trovarsi la salvezza nel naufragio di questo mondo: tu la verga prodigiosa che dai forza agli uomini di poter divenire da mostri d’iniquità verghe fiorite di sante virtù: tu sei il serpente di bronzo, alla cui vista i peccatori avvelenati dalla colpa possono riacquistare la primitiva santità: tu sei l’albero eletto e risplendente, scelto tra mille a sostenere le membra del Redentore. Tu finalmente fosti l’altare penoso, in cui volle il Salvatore del mondo essere sacrificato per la nostra salvezza; dunque dammi forza ed aiuto di rappresentare a queste anime fedeli le ignominie, i dolori e le agonie che patì Gesù Cristo, quando sovra di te lasciò la vita” (id., p. 402). 
La conclusione è un invito alla fiducia e all’amore: “Venite, peccatori, ecco Gesù Cristo che sta colle braccia aperte per abbracciarvi”

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