Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

martedì 31 marzo 2015

La sapienza divina di Maria


don Leonardo maria Pompei
La sapienza. Etimologicamente il termine “sapienza” viene da “sapida scientia”, cioè “scienza saporita”. Ha dunque a che fare con il sale, di cui Gesù parla espressamente nel Vangelo (“voi siete il sale della terra”). La sapienza è dunque una virtù fondamentalmente intellettuale, che penetra la profondità delle cose, sa rispondere ai perché, sa contemplare i divini misteri. San Tommaso d’Aquino afferma che la sapienza è quella virtù che anzitutto dispone la nostra intelligenza alla contemplazione dei divini misteri, a formarci un retto giudizio sulle cose divine ed a regolare tutte le cose umane ed anche tutti i nostri atti umani secondo leggi e criteri divini (discernimento). Con la sapienza si penetra la profondità delle cose e dei misteri, e si impara a vedere la relazione che tutte le cose create hanno con Dio e con i suoi disegni. È una virtù meravigliosa, a cui non si giunge se non attraverso insistente preghiera, grande distacco dal peccato, specialmente da quelli carnali che offuscano l’intelletto, grande custodia dei sensi, molto studio e molta meditazione. San Gregorio Magno aggiunge che la sapienza è il gusto delle cose eterne e nutre l’anima con la speranza e la certezza dei beni eterni.
Maria ebbe una sapienza divina. La vergine santissima, totalmente esente da ogni minima macchia di peccato, anima profondamente raccolta e contemplativa, anima di profondissima orazione ed incline alla meditazione, era perfettamente disposta in relazione a questa virtù, che non solo possedette ma possedette in una forma ed in un grado talmente grandi da non essere accessibili a noi mortali. Ella, infatti, divenne Madre della Sapienza eterna e increata ed è invocata, nelle litanie lauretane, come sede della sapienza. Vale a dire che se uno cerca la sapienza, la desidera davvero ma non sa dove trovarla, vada da Maria e lì sicuramente la troverà, in due sensi: primo, perché Maria renderà partecipe il suo devoto della sua sapienza; secondo, perché conoscere e contemplare Maria, vedere come Ella si è comportata e come ha agito, è scuola perfetta per imparare la sapienza.


Tracce della sapienza di Maria nei Vangeli. Il silenzio con san Giuseppe; il silenzio con Zaccaria; il recarsi al Tempio per la purificazione sottoponendosi ad un rito inutile; il “serbare le cose meditandole nel suo cuore”. I Vangeli ci informano che fu l’angelo a informare san Giuseppe della gravidanza divina di Maria, per cui dobbiamo dedurre che Maria non aveva parlato, altrimenti dovremmo pensare che san Giuseppe non le aveva creduto... Perché Maria non parlò? Perché così esigeva la sapienza. Quando Dio dà una missione alta e straordinaria, infatti, è Lui stesso che si incarica di perorarla; la creatura, infatti, se ne parlasse, si esporrebbe al duplice rischio o di non essere creduta, oppure di essere ritenuta superba, cose entrambi molto sconvenienti. Inoltre quando parlare, cosa dire, come spiegare? Maria dunque optò per il silenzio, lasciando a Dio la sua difesa: e ciò fu grande sapienza. I vangeli ci informano che durante la visitazione Elisabetta fu piena di Spirito Santo e Giovanni Battista fu sanato nel grembo della Madre; ma a Zaccaria non successe nulla, anzi rimase muto fino alla nascita del figlio, quando riparlò a posteriori la sua primitiva disobbedienza. Maria, dunque, non gli disse assolutamente nulla, nonostante la pena e la compassione che umanamente le facesse, perché, pensava, se Dio avesse voluto manifestargli che il Messia era nella sua casa glielo avrebbe comunicato come aveva fatto con Elisabetta; ma se l’Altissimo aveva ritenuto giusto non farlo, non era compito di Maria parlare. E non lo fece. Dai Vangeli sappiamo che, dopo 40 giorni, Maria portò con san Giuseppe il bambino al Tempio: in questa cerimonia si offriva un sacrificio per riscattare il primogenito, e la donna doveva sottoporsi ad un bagno rituale per purificarsi dell’immondizia contratta con il sangue perso durante il parto e poter tornare ad unirsi col marito. Maria non ne aveva bisogno, perché non aveva perso sangue né aveva alcuna intenzione di unirsi col suo sposo: ma si sottopose al rito, perché i doni e le grazie spirituali grandi vanno celate sotto il velo di una vita comune e ordinaria, a meno che Dio non manifesti chiaramente una volontà diversa. E nel caso di Maria questo era quanto mai necessario, perché l’evento dell’incarnazione doveva rimanere nascosto al diavolo sotto le apparenze di una vita familiare normale. Luca infine ci informa che dinanzi ad eventi significativi e carichi di significato soprannaturale, anche se apparentemente un po’ sconvolgenti, Maria aveva l’atteggiamento di ritenerli nel cuore, custodirli e tornarci a riflettere, onde comprenderne appieno la portata e la dimensione soprannaturale (Lc 2,19; Lc 2,51). E il cuore della sapienza consiste esattamente in questo.
L’amore dell’eterna sapienza di san Luigi Maria Grignion da Montfort. San Luigi distingue quattro generi di sapienza mondana: quella terrena, consistente nell’amore ai beni della terra, quella carnale, consistente nell’amore del piacere, quella diabolica che è la stima e la brama degli onori, e quella naturale, che è quella dei filosofi che indagano il perché delle cose. A questa si contrappone la Sapienza divina, che coincide con una Persona, il Verbo eterno di Dio, Sapienza increata, e che si è manifestata con l’Incarnazione, la vita e soprattutto la Passione e la Croce del Figlio di Dio. Questa si può acquistare utilizzando quattro mezzi: anzitutto un desiderio ardente di possederla, poi pregare continuamente perché Dio la conceda, inoltre praticare la mortificazione universale ed infine avere una vera e tenera devozione a Maria Vergine, che è Madre, Signora e sede dell’eterna Sapienza.
I figli di Maria e la sapienza
Un vero devoto di Maria impara gradualmente la virtù della sapienza e il discernimento, mettendosi alla scuola di Maria per ottenere la sapienza dalla sua intercessione e per imparare la sapienza dalla sua contemplazione e imitazione. Per farlo usa anche i mezzi umani per acquistarla, primi fra tutti lo studio e la meditazione. Un’anima mariana cura la propria formazione dottrinale, attingendo al Magistero e ad autori santi e approvati, non certo a teologi rampanti sulla cresta dell’onda della popolarità ma lontani dalla verità e dalla santità. Un’anima mariana dà spazio e tempo alla meditazione, all’interiorità, ed impara, piano piano, soprattutto attraverso il santo Rosario a contemplare i misteri divini e le modalità dell’agire divino, onde apprendere come regolarsi anche nelle circostanze più comuni e ordinarie della vita. Un’anima mariana è sobria nell’uso dei beni materiali, parca nell’uso della televisione e nei pubblici spettacoli, distaccata dalla carne e disciplinata nell’uso del cibo e delle bevande, perché un’anima carnale e terrena non potrà mai acquisire la divina sapienza.
La sapienza di Maria negli scritti di Maria Valtorta
Parole di Maria
Parlando della Presentazione al Tempio, Luca dice che “il padre e la madre restavano meravigliati delle cose che si dicevano del Bambino”. Meraviglia diversa dei due coniugi. Io, alla quale lo Spirito Sposo aveva rivelato ogni futuro, mi meravigliavo soprannaturalmente adorando la volontà del Signore, che si vestiva di carne per voler redimere l’uomo e che si rivelava ai viventi dello spirito. Mi meravigliavo una volta di più che ad essere la Madre della verità incarnata Dio avesse scelto me, sua umile ancella. Giuseppe si meravigliava anche umanamente, perché egli non sapeva altro fuor di quello che le Scritture gli avevano detto e l’angelo rivelato. Io tacevo. I segreti dell’Altissimo erano come deposti sull’Arca chiusa nel Santo dei santi e solo Io, sacerdotessa suprema, li conoscevo e la Gloria di Dio li velava agli occhi degli uomini col suo fulgore insostenibile. Erano abissi di fulgore e solo l’occhio verginale baciato dallo Spirito di Dio poteva affissarli. Dunque tacqui anche per non mortificare Giuseppe, a cui non era concessa la pienezza della grazia. Ero la Madre di Dio, ma ciò non mi esimeva dall’essere moglie rispettosa verso il Buono che mi era compagno amoroso e vigile fratello. La nostra famiglia non conobbe mende, in nessun motivo e campo. Ci amammo, santamente preoccupati di una cosa sola: del Figlio. Oh! Gesù restituì nell’ora della morte ogni conforto, come solo Egli poteva fare, al mio Giuseppe, in ricordo di tutto quanto aveva ricevuto da quel giusto. Gesù è il modello dei figli, come Giuseppe lo è dei mariti. Molto dolore ho avuto dal mondo. Ma il mio santo Figlio e il mio giusto Consorte non fecero venire altre lacrime al mio occhio che non fossero quelle del loro dolore. Quando Giuseppe non fu più al mio fianco, ed io fui la prima autorità terrena del Figlio mio, non mostrai più di non capire tacendo. Nessuno più si sarebbe mortificato di vedersi superato in comprensioneCome si acquista la sapienza. “Meditate ogni giorno sulla vita di Gesù e sulla vita di Maria Santissima pregando il santo Rosario”. .





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